Medio Oriente
Gaza, come aiutare chi prova ad aiutare
Liberare i civili israeliani presi in ostaggio da Hamas e un cessate il fuoco immediato sulla Striscia di Gaza, dove oltre due milioni di persone non hanno acqua, cibo, elettricità. Sono queste le richieste che arrivano dalla società civile. In molti stanno capendo come rispondere all'emergenza, ma la situazione è estremamente drammatica perché dal valico di Rafah, confine con l'Egitto, riescono a passare pochissimi camion con gli aiuti umanitari, che non bastano a rispondere ai bisogni. Articolo in aggiornamento
di Anna Spena
La direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, ha dichiarato: «La situazione a Gaza è orribile. Lo ripetiamo: chiediamo un cessate il fuoco umanitario immediato e un accesso sicuro. L’uccisione o la prigionia di qualsiasi bambino è un oltraggio. E deve finire».
Sabato sette ottobre Hamas, che governa nella Striscia di Gaza, ha lanciato un attacco missilistico su Israele, sfondato le barriere e colpito le colonie in prossimità della Striscia, attaccando anche un rave party in corso nel deserto del Neghev.
Da quel momento l’idf non ha mai smesso di bombardare la Striscia di Gaza nelle ultime settimane, lasciando oltre due milioni di civili senza acqua potabile, cibo, elettricità e per alcuni giorni anche senza accesso ad internet, quindi scollegati dal mondo. Pochissimi i camion con gli aiuti umanitari a cui è stato concesso l’ingresso nella Striscia attraverso il valico di Rafah, confine con l’Egitto. Quella di Gaza è una vera emergenza umanitaria.
Questi i numeri – che non descrivono l’orrore – ma provano a restituire la drammaticità di queste settimane. Nella Striscia di Gaza le vittime sono state più di ottomila, oltre 20mila i feriti. In Cisgiordania sono stati registrati, dallo scorso sette ottobre ad oggi, 115 vittime e oltre duemila i feriti. Sale a 1400 il numero delle vittime israeliane e oltre i 5mila sono le persone rimaste ferite. Nei territori palestinesi occupati si registra una vittima israeliana e undici feriti. (Dati Ocha – United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs).
L’idf ha chiesto di evacuare la zona a nord della Striscia, compresi gli ospedali. Il 28 ottobre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha invitato «tutte le parti in conflitto a prendere tutte le precauzioni per proteggere i civili e le infrastrutture civili compresi gli operatori sanitari, i pazienti, le strutture sanitarie e le ambulanze, e i civili che si rifugiano in queste strutture». L’Oms ha ribadito «che è impossibile evacuare i pazienti senza mettere in pericolo la loro vita».
La voce della società civile si è alzata all’unisono: cessate il fuoco. Un appello condiviso anche dalla società civile italiana, sono infatti diverse le organizzazioni che da anni lavorano in Palestina, sia nella Striscia di Gaza che nei territori occupati in Cisgiordania, a fianco della popolazione.
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Le squadre di emergenza della Stella Rossa di Davide, della Mezzaluna Rossa Palestinese e del Comitato Internazionale della Croce Rossa sono impegnate giorno e notte per salvare vite e garantire cure mediche alla popolazione colpita dal conflitto. Staff e volontari rischiano la vita ogni giorno e alcuni sono deceduti durante il loro servizio. Per questo la Croce Rossa Italiana e tutto il Movimento Internazionale, di cui la Cri fa parte, sono impegnati nel continuare a fornire protezione e soccorso alle persone che subiscono gli orrori della violenza e agli operatori umanitari in prima linea e nel chiedere con forza che il Diritto Internazionale Umanitario venga rispettato, che i civili siano protetti e gli operatori umanitari non vengano attaccati. A questo link la pagina per le donazioni e qui “Gaza, i medici della Mezzaluna Rossa: «Non evacuiamo, non abbandoniamo i nostri pazienti»”, l’intervista a Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
L’organizzazione umanitaria italiana WeWorld lavora a Gaza e nei territori palestinesi da oltre 30 anni. Al momento il loro staff si trova in Cisgiordania e a Gaza, al centro dell’emergenza. Le attività che erano in corso sono ferme per motivi di sicurezza. Nel momento in cui sarà possibile lavorare all’interno della Striscia ripartiranno le attività di child protection e accesso all’acqua. Qui il link per supportare la campagna aperta dell’ong “A Gaza è emergenza umanitaria”. Intanto un team dell’ong è arrivato in Egitto, al Cairo, per supportare e coordinare l’ingresso degli aiuti umanitari dal valico di Rafah.
3.195 bambini sono stati uccisi in tre settimane, un numero superiore a quello annuale dei bambini che hanno perso la vita in conflitti armati a livello globale, negli ultimi tre anni. Save the Children, dopo giorni di blocco totale, riesce a far entrare i primi aiuti nella Striscia. Un camion di dell’organizzazione che trasportava 45mila bottiglie d’acqua è arrivato a Gaza, come parte del piccolo gruppo di automezzi con aiuti a cui è stato consentito l’ingresso attraverso il valico di Rafah. Un altro camion che trasporta altre 45mila bottiglie d’acqua dovrebbe attraversare il valico nei prossimi giorni. I mezzi che trasportano gli aiuti di Save the Children, sono in attesa di entrare a Gaza dal 16 ottobre. Sebbene ogni contributo per rispondere ai bisogni urgenti di Gaza sia importante, questi due camion – che fanno parte di un gruppo limitato di quelli autorizzati – non riusciranno in alcun modo a soddisfare i bisogni, che sono di enorme entità. Secondo le stime delle Nazioni Unite, sono necessari circa 100 camion di aiuti umanitari al giorno per far fronte alle esigenze degli oltre due milioni di residenti della Striscia, ma finora, il numero totale di camion a cui è stato consentito l’accesso è inferiore al fabbisogno di un solo giorno. A Gaza la disponibilità di acqua, cibo, carburante e forniture mediche è estremamente ridotta. La mancanza di carburante rappresenta una sfida significativa per la consegna degli aiuti, anche qualora altri camion attraversassero il confine. Questo il link per sostenere l’intervento di Save the Children.
Medici Senza Frontiere ha inviato 26 tonnellate di forniture mediche in Egitto con un volo aereo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con la Mezzaluna Rossa egiziana. Le forniture mediche coprono il fabbisogno di 800 interventi chirurgici e sono destinate alle diverse strutture sanitarie a Gaza con cui Msf collabora da molti anni. L’organizzazione chiede che questi aiuti possano entrare nella Striscia il prima possibile, poiché gli ospedali di Gaza sono sovraccarichi di pazienti e stanno esaurendo le scorte mediche, dopo più di tre settimane di assedio da parte delle forze israeliane. Questo il link della raccolta fondi “Gaza – Aiutaci a salvare quante più vite possibile”.
L’organizzazione Azione contro la Fame denuncia che la quantità di acqua entrata a Gaza e l’assenza di carburante per le infrastrutture idriche critiche restano la sfida più grande per soddisfare le esigenze idriche e igienico-sanitarie degli sfollati e della popolazione ospitante. Inoltre, più della metà delle infrastrutture di approvvigionamento idrico è attualmente danneggiata e necessita di riparazioni. In risposta a questa emergenza, i team di Azione contro la Fame presenti sul posto hanno già distribuito migliaia di bottiglie d’acqua, centinaia di materassi e prodotti per l’igiene all’interno della Striscia di Gaza, in coordinamento con gli attori locali e internazionali. L’organizzazione sta anche fornendo un servizio di pulizia in uno dei rifugi per sfollati più affollati, e assistenza in denaro a diversi beneficiari. In aggiunta a questi interventi, il team di emergenza dell’organizzazione sta valutando i bisogni immediati e coordinandosi con i partner internazionali e locali per distribuire ulteriori forniture salvavita dall’Egitto. Qui il link per sostenere le loro attività.
ActionAid lavora nei Territori Palestinesi Occupati da molti anni, «sostenendo», spiega, «la popolazione che vive senza accesso ai servizi di base e ai più fondamentali diritti umani e libertà. A Gaza, gran parte dei civili sono bambini e adolescenti che non hanno mai conosciuto una vita senza il blocco o vissuto un’infanzia normale e che necessitano di un costante supporto psicologico. Le molteplici escalation e guerre a Gaza hanno causato a migliaia di bambini un disturbo da stress post-traumatico e soffrono di depressione, dolore e paura». L’organizzazione, attraverso i partner locali come l’ospedale di Al Awda, ha continuato a fornire servizi vitali. E con l’Associazione Wefaq per l’assistenza alle donne e ai bambini sostiene migliaia di sfollati che attualmente cercano un rifugio. L’organizzazione sta fornendo supporto psicosociale di emergenza oltre a distribuire pacchi alimentari e articoli non alimentari alle persone colpite. Ogni kit alimentare comprende pane, formaggio in scatola, fave, halva, carne in scatola, tonno, pasta tahini, ceci, olio d’oliva, marmellata, origano, timo, tè, salvia, zucchero, piatti e bicchieri di plastica. I kit per l’igiene contengono fazzoletti, carta igienica, sapone, assorbenti igienici, polvere per il bucato, detergenti, spazzolino da denti, dentifricio, shampoo. In Cisgiordania, negli ultimi giorni ActionAid ha distribuito 700 kit per la dignità in diversi distretti ai lavoratori sfollati da Gaza che sono rimasti intrappolati in Cisgiordania dall’inizio dell’escalation. «Continuiamo», spiega l’organizzazione, «a monitorare la situazione e a prepararsi a sostenere le persone colpite, ma la domanda supera di gran lunga le nostre attuali capacità e la situazione non fa che aumentare». Qui il link per sostenere la loro attività.
L’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà – Aoi scrive: «Si sta consumando sotto i nostri occhi un massacro umanitario nel nome di una punizione collettiva che non colpisce selettivamente gli uomini di Hamas, responsabili della strage del 7 ottobre. L’emergenza umanitaria è divenuta uno scenario di morte. La vita della popolazione civile di Gaza viene messa in pericolo indiscriminatamente, senza alcuna speranza di salvezza». La realtà ha attivato una raccolta fondi per chiedere il contributo di tutte e tutti affinché la popolazione di Gaza possa ricevere aiuti umanitari e beni di prima necessità e affinché le organizzazioni ad oggi ancora attive nella striscia riescano a garantire attività di supporto psicologico e psicosociale e attività di gioco alle centinaia di migliaia di bambini e bambine sfollati e alle persone più vulnerabili.
Articolo in aggiornamento
Photo © Saher Alghorra/Avalon/Sintesi
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