Guerre
Gaza: 800 morti in dieci giorni, non si trovano più cibo, acqua e combustibile
ActionAid lancia l'allarme, dopo l'interruzione della tregua da parte dell'esercito israeliano. Gli aiuti umanitari non riescono più a far fronte all'emergenza: una cesta di verdure arriva a costare 150 dollari. Otto operatori sono stati uccisi in poco più di una settimana
di Redazione

La Wefaq Association for women and childcare – Wefaq è stata costretta a interrompere la preparazione di pasti caldi per le persone sfollate nella zona centrale di Gaza. E questo nonostante l’enorme richiesta da parte di famiglie affamate, a causa della mancanza di combustibile per cucinare. Ne dà notizia ActionAid in una nota diffusa ieri. Anche durante la tregua il combustibile era scarso e non veniva fatto entrare nelle quantità concordate. Ora, in mezzo al blocco, almeno dieci cucine comunitarie in tutta Gaza sono state costrette a chiudere a causa dell’esaurimento delle scorte di carburante e del pericolo legato ai bombardamenti, secondo quanto riportato da Unocha, il coordinamento Onu per gli aiuti di emergenza.
«Siamo tornati a una situazione persino più difficile di prima», dichiara Buthaina Subeh, direttrice della Wefaq, partner di ActionAid in quei territori martoriati dalla guerra. «A Gaza non entra nulla: né cibo, né gas, né farina. Assolutamente nulla. Molte organizzazioni hanno dovuto interrompere le attività perché non c’è né gas, né legna da ardere per cucinare. Poiché non possiamo utilizzare la nostra cucina senza combustibile, abbiamo deciso di impiegare le ultime scorte disponibili per preparare pacchi alimentari. Ne abbiamo confezionati 500 e li abbiamo distribuiti. È meglio di nulla, vista l’enorme necessità. Sappiamo che molte persone non possono cucinare: non hanno gas né legna, e non sono in condizioni di farlo, ma questo è tutto ciò che possiamo offrire. Le donne e le famiglie ci chiedono aiuto: soffrono la fame, i bambini urlano perché non c’è nulla da mangiare».
«I prezzi dei generi alimentari sono esplosi: un cesto di verdure ha raggiunto il costo di circa 150 dollari e i prodotti alimentari stanno progressivamente sparendo dai mercati man mano che le scorte nei magazzini si esauriscono», sottolinea ancora la nota di ActionAid. «A causa della distruzione diffusa dei terreni agricoli, a Gaza si coltiva attualmente solo una piccola quantità di ortaggi e frutta che, per la mancanza di carburante, non può essere trasportata a chi ne ha bisogno».
«Le merci stanno per finire, e quelle che ci sono vengono vendute a prezzi altissimi che non possiamo permetterci», spiega Buthaina Subeh. «Stiamo cercando di soddisfare il più possibile i bisogni della popolazione con ciò che abbiamo. Anche se tutto è caro e difficile da reperire, continueremo a rispondere con quello che abbiamo a disposizione per aiutare quante più persone possibile».
Dallo scorso martedì, quando l’esercito israeliano ha ripreso i bombardamenti intensivi su Gaza, quasi 800 persone – molte delle quali donne e bambini – sono state uccise, portando il numero totale delle vittime da ottobre 2023 ad almeno 50.208, mentre più di 142mila persone sono state nuovamente sfollate, fuggendo senza portare nulla con sé. Gli operatori umanitari che cercano di rispondere ai bisogni crescenti lo fanno in condizioni estremamente pericolose: otto operatori sono stati uccisi in poco più di una settimana, secondo quanto riporta l’Unocha.
ActionAid avverte che, con le scorte alimentari ormai agli sgoccioli, la popolazione rischia di morire di fame se le autorità israeliane non consentiranno immediatamente l’ingresso degli aiuti umanitari. «La comunità internazionale deve fare tutto il possibile per ripristinare il cessate il fuoco e fare pressione sul governo israeliano affinché smetta di usare gli aiuti umanitari come strumento di pressione e controllo», si legge nella nota dell’organizzazione.
«Gaza sta vivendo una catastrofe senza precedenti, e la situazione peggiora rapidamente di giorno in giorno», dice Riham Jafari, responsabile advocacy e comunicazione per ActionAid Palestina. «Il nostro personale e i nostri partner, pur in preda al panico, stanno facendo tutto il possibile per fornire cibo, rifugi e supporto alla popolazione, spesso mettendo a rischio la propria sicurezza, ma la domanda è enorme e le risorse sempre più scarse o inaccessibili. Questo orrore deve finire. Ora».
Credit: foto Wattan media network/ActionAid
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