Welfare

Gascoop

di Flaviano Zandonai

Sessanta chili di parmigiano e quasi un ettolito d’olio extravergine. E’ l’ultimo ordinativo del Gas messo in piedi dai soci e dai lavoratori di una cooperativa sociale trentina. Un successo non c’è dubbio, soprattutto perché asseconda atteggiamenti e stili di vita molto diffusi nelle organizzazioni non profit, ma che le stesse organizzazioni fanno fatica, a volte, a riconoscere e a valorizzare. In fondo un Gas ben gestito è una forma di retribuzione non monetaria che soddisfa strutture motivazionali complesse come quelle degli operatori sociali per i quali la leva economica vale – mica sono masochisti – ma fino ad un certo punto. C’è però ancora un potenziale di questa iniziativa che si può sviluppare in almeno due direzioni. La prima riguarda la qualità dei servizi di queste imprese, che è anche qualità del cibo, sia intrinseca (il fatto che sia buono), sia considerando la provenienza etica. E su questo fronte molti servizi diurni, residenziali, ecc. (dagli asili alle casa di riposo) gestiti da cooperative sociali possono ancora molto migliorare. La seconda direzione di sviluppo, davvero tutta da esplorare, riguarda la possibilità di utilizzare lo strumento dei Gas per aggregare non solo la domanda alimentare, di vestiario, ecc. ma anche quella di servizi sociali, educativi, di cura. E’ poco più di un’intuizione segnalatami da un cooperatore qualche tempo fa, ma andrebbe approfondita. Sarebbe infatti una bella sfida sia sul versante della domanda che dell’offerta. Per i Gas si tratterebbe di sperimentare forme di aggregazione della domanda su beni immateriali, relazionali, tendenti alla parcellizzazione. Per le coop sociali invece si tratterebbe di dar vita a forme di commistione (non solo teorica) tra produttori e consumatori di servizi. Se ne vedrebbero delle belle. Magari a Fa la cosa Giusta salta fuori qualcosa di interessante.


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