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Garlasco, un delitto impunito
Assolto Alberto Stasi per l'omicidio di Chiara Poggi, indizi insufficienti
Indagini pasticciate, errori procedurali, perizie e controperizie: la vicenda giudiziaria di Alberto Stasi, accusato di aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi, si è concluso con una sentenza in primo grado di assoluzione per indizi insufficienti. I giornali di oggi analizzano il caso e raccolgono commenti e dichiarazioni. Tutto da rifare dunque, mentre i genitori di Chiara “accettano la sentenza”.
- La rassegna stampa si occupa anche di:
- PARTITI
- COPENHAGEN
- LAVORO
- CITTADINANZA
- ABORTO
- GAZA
- UGANDA
“Garlasco, l’assoluzione di Alberto”, titola in prima il CORRIERE DELLA SERA. La sentenza occupa le prime cinque pagine del giornale. La sintesi dei fatti nel catenaccio di prima: «Indizi insufficienti. Alberto stasi è stato assolto. Il gup di Vigevano, Stefano Vitelli, ha ritenuto nel processo con rito abbreviato, che l’unico imputato non è colpevole della morte di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007. Il pm aveva chiesto 30 anni di reclusione». “«Grazie a tutti». I Poggi accettano la sentenza”. Così Paolo Di Stefano descrive la «compostezza di papà Giuseppe e mamma Rita che dicono: continueremo a cercare la verità, è un nostro dovere». “«Ce l’abbiamo fatta, l’incubo è finito». E abbraccia la fidanzata” è il titolo del pezzo sulla reazione di Stasi: «Adesso tutti sapranno che non sono stato io, ripete ai mille amici che lo chiamano al telefono». Il ritratto del giudice Vitelli che ha assolto Alberto è di Giusi Fasano, che ricorda come «nell’aprile scorso Vitelli ha fatto ripartire il processo da zero parlando di incompletezze nell’indagine e di scorrettezze metodologiche». Intanto la pm sconfitta, Rosa Muscio, dice: ce lo aspettavamo, nulla da rimproverarmi, mentre l’ex capo del Ris Luciano Garofano prevede che «in appello ci sarà il ribaltone». Sempre interessante infine la tesi di Vittorio Grevi che firma un commento (“Il verdetto e gli errori dell’accusa”) che parte dalla prima pagina e che a pag 14 viene ripreso sotto il titolo “Approssimazioni e assenze: così l’accusa ha sprecato gli indizi”. Ragiona Grevi: «Si tratta di una sentenza che, da un certo punto di vista, lascia dell’amaro in bocca, poiché non appaga le attese di giustizia, proprie della coscienza sociale oltrechè della famiglia di Chiara…E se da un canto sarebbe sbagliato puntare il dito contro la giovane sostituta pm titolare dell’inchiesta (tra l’altro lasciata desolantemente sola da un procuratore capo che ha brillato per la sua assenza) dall’altro occorrerà tornare a riflettere sui punti deboli dell’impianto accusatorio».
LA REPUBBLICA apre sul processo:” Delitto di Garlasco, assolto Stasi”. Finito l’incubo per lui, si riapre l’angoscia della famiglia che comunque chiede la verità. Oltre a due pagine di cronaca, un lungo commento affidato a Natalia Aspesi. Cominciamo dalla prima: il gup Stefano Vitelli ha applicato l’articolo 530 secondo comma del codice di procedura penale previsto in casi di prove insufficienti o contraddittorie. Il caso appunto di Garlasco: gli indizi portati in aula non sono stati sufficienti, tanto più che la consulenza tecnica avrebbe dimostrato che Stasi la mattina del delitto è stato al computer dalle 9,36 alle 12,20. Ridimensionata anche la prova delle scarpe (troppo pulite per l’accusa). Gialuigi Tizzoni, avvocato della famiglia di Chiara, afferma: «aspettiamo le motivazioni per capire come sia possibile attraversare la scena del delitto senza sporcarsi le scarpe. La vita di Chiara era trasparente. A questo punto non capiamo chi possa essere arrestato». Quanto alle reazioni, sono prevedibili. Soddisfazione di Stasi e della sua famiglia ( «l’incubo è finito… chiedo solo di poter tornare alla mia vita, voglio un po’ di pace e di silenzio» ), amarezza dei genitori di Chiara Poggi: «accettiamo la sentenza del giudice, ma di certo non volentieri… Andremo avanti finché non ci diranno chi ha ammazzato nostra figlia». Il commento di Aspesi non lascia dubbi fin dal titolo: “Una montagna di dubbi”. Sostiene Natalia che Alberto è un ragazzo no fiction: «ha sopportato con silenzioso e indecifrabile distacco. Ha continuato la sua vita, in quel paese in cui era diventato un ambiguo eroe negativo, si è laureato, non ha dato notizie di sé, non ha alimentato le cronache, è rimasto all’ombra delle sue semplici giornate, ha soppesato gli sguardi dei compaesani, si è sottratto a ogni tipo di esibizionismo». Anche durante il funerale: nessuna lacrima, nessuna reazione esagerata. Tutto sembrava deporre per la sua colpevolezza…
IL GIORNALE dedica alla sentenza per l’omicidio di Garlasco due pagine. Nella prima “Stasi? Killer perfetto Ecco come è nata l’inchiesta su misura” di Stefano Zurlo addossa al pubblico ministero ogni responsabilità. «Ecco, l’inseguimento a scatola chiusa del dato tecnico, la delega assoluta alla tecnologia hanno infilato i Pm in un labirinto di cui hanno smarrito l’uscita», attacca Zurlo, «Ma il naufragio è arrivato con l’errore degli errori. La scelta di fermare Stasi, dopo un lungo stallo, scommettendo sulla carta più fragile: le tracce di sangue sul pedale della bici». Secondo il giornalista «lo sforzo investigativo è stato immane, ma troppe energie sono state sprecate o mal indirizzate» ma anche «lo sfoggio spettacolare della tecnologia più sofisticata per afferrare un pugno di mosche». Il risultato è uno solo: l’assoluzione, che «lascia tutti i dubbi e non scioglie i nodi, sancisce solo il fallimento dell’apparato investigativo». Nella seconda pagina la conclusione del commento di Vittorio Feltri (con incipit in prima pagina) “È la prova che la giustizia non è morta” in cui il direttore elogia il gup Stefano Vitelli, responsabile della sentenza e una cronaca della giornata di ieri, al tribunale di Vigevano sempre a cura di Stefano Zurlo.
Un corsivo nella pagina dei commenti sul SOLE24ORE sulla sentenza Stasi (la cronaca scivola a pagina 39 in «norme e tributi» e si affronta come caso di scuola per avvocati). Titolo: “007 non abita in Italia”, riferendosi al fatto che dopo «due anni e quattro mesi di esami di ogni genere, nessuno ha dato esito incontrovertibile» e «perizie, controperizie, perizie sulle controperizie sono state le architravi del processo». Niente di nuovo, nota il SOLE, perché nei tribunali ormai a farla da padrone sono le prove tecniche e chimiche, ma «le indagini? Ridotte al lumicino. Gli interrogatori incalzanti? Spariti. Parla il perito», e se l’imputato «nega fino alla fine» e il dna non lo incastra, «è quasi impossibile essere condannati». Conclusione: «Di Maigret e 007 in giro se ne vedono pochi».
IL MANIFESTO non riporta in alcuna parte del giornale la sentenza Stasi, neppure una breve.
Cronaca a pagina 13 su AVVENIRE con “Garlasco, Alberto non ha ucciso Chiara”, anche se il lancio in prima racconta di un Alberto che «si è sciolto in lacrime e ha abbracciato la fidanzata Serena». Il commento è affidato a un’intervista a Vittorino Andreoli, che dice «il vero sconfitto è il processo», visto che ormai né l’avviso di garanzia né il rinvio a giudizio «fanno più impressione» e «pure la sentenza di primo grado non ha più significato» e che il processo parallelo che si gioca nelle aule mediatiche «influenza in modo spaventoso ciò che succede nelle aule dei tribunali». Ma in tv ci arrivano sei delitti l’anno su 1500, «c’è una giustizia per i poveri che non fa spettacolo e che si ferma sempre al primo grado».
“Garlasco, assolto Alberto”. Oltre alla cronaca della sentenza e delle reazioni delle persone coinvolte, LA STAMPA ricostruisce tutti gli errori di un’inchiesta “pasticciata”, fin dall’inizio. Venticinque persone sono entrate subito dopo il delitto, nessuno con indosso i calzari. Per i rilievi si chiamano i ris, che però arrivano solo tre giorni dopo, ricominciando tutto da capo e trovando 17 impronte digitali, di cui ben sei risulteranno appartenere a ufficiali dei carabinieri che si sono mossi senza guanti. «Alberto è sottoposto a tre lunghi interrogatori per oltre 20 ore», scrive LA STAMPA. «Dalle sue parole fin da subito emergono diversi elementi di incoerenza e illogicità. Ma il pm lascia passare una settimana prima di decidersi a indagarlo e quindi perquisire la sua abitazione, che peraltro è esaminata senza luminol». Via via è una serie di errori, omissioni e fatali ritardi. Il traffico di email e chat fra i due ragazzi viene richiesto solo due anni dopo, e i gestori telefonici rispondono che per legge i dati si possono tenere solo un anno. Le scarpe “pulite” di Alberto vengono sequestrate solo 17 ore dopo, «per cui la difesa avrà buon gioco nel sostenere che il sangue eventualmente pestato è andato disperso nel loro successivo utilizzo». C’è la bicicletta nera da donna posseduta dalla famiglia Stasi, dello stesso modello e colore di quella vista alle 9.10 davanti alla villa Poggi da due testimoni, che non verrà mai sequestrata. Troppi errori, nell’inchiesta di Garlasco.
E inoltre sui giornali di oggi:
PARTITI
CORRIERE DELLA SERA – “I rimborsi ai partiti moltiplicati per quattro”, è il titolo dell’inchiesta sulle spese elettorali firmata da Sergio Rizzo. Due paradossi fra i tanti: per le elezioni del 2008 sono stati investiti 136 milioni, ma i partiti ne riceveranno 503, quattro volte tanto. E ancora: mentre per accedere al parlamento esiste una soglia di sbarramento del 4%, per ottenere i contributi è sufficiente raggiungere l’1%.
COPENHAGEN
LA REPUBBLICA – “Il summit a un passo dal flop e gli Usa promettono 100 miliardi”. Un accordo politico forte, con impegni per un taglio in tempi brevi delle emissioni di gas serra. Entro sei mesi la trasformazione di questa intesa in un trattato legalmetne vincolante. Un fondo da 100 miliardi di dollari per il trasferimento delle tecnologie pulite nei paesi meno industrializzati. Ieri sera si è profilato questo accordo al summit delle nazioni Unite. Non è detto che finisca così: sui tagli alle emissioni manca l’accordo di Washington e Pechino. Intanto l’Islam offre una svolta verde: Medina diventerà una città ecologica con un progetto per moschee e palazzi non inquinanti. Dai sauditi il sì al piano del gran muftì d’Egitto.
LAVORO
IL MANIFESTO – Apertura e due pagine dedicate ai lavoratori «Senza scudo» come recita il titolo in prima pagina a sfondare sulla fotografia dei lavoratori Eutelia con le maschere bianche sul volto. «Due milioni di disoccupati e l’8,2% degli italiani è in cerca di lavoro. Secondo l’Istat nel terzo trimestre si sono distrutti 508mila posti. Cresce la cassa integrazione, per molti l’anticamera del licenziamento e cresce la protesta operaia, dalla Fiat alla Merloni. Il governo risponde con la proroga dello scudo fiscale che salva gli evasori e risciacqua denaro sporco. Rinaldini, Fiom, chiede alla Cgil un congresso anticrisi». Al tema è dedicato anche il commento di Galapagos «Due Italie». «C’è un’Italia che gioisce e una che sopravvive e fatica: la prima è rappresentata dal governo, sempre più iperottimista, e dai beneficiati dallo scudo fiscale. (…) E c’è Brunetta che riabilita i maxistipendi e sfonda il tetto dei 270mila euro annui per i grand commis della pubblica amministrazione, dopo aver promesso a man bassa rigore. E poi c’è l’Italia che soffre di cui ieri l’Istat ha dato uno spaccato tremendo: le cifre sono spietate» e spiega: «nel terzo trimestre sono stati distrutti 508mila posti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2008 e 120mila rispetto ai tre mesi precedenti. Una caduta che, commenta la stessa Istat, è la peggiore dal 1992 (…) Ma c’è di peggio: secondo lo “Scenario” della Confindustria; il numero dei senza lavoro è destinato a salire (…)». E conclude: «Di tutto questo chi parla? Quasi nessuno: il governo, cioè Berlusconi, si è appropriato dei media e della comunicazione e ha invaso tutti gli aspetti della vita. Gli operai che salgono sui tetti delle fabbriche (saranno sempre di più) non hanno visibilità e la gente comune non merita alcuna fiction. E la stampa, vedi la bomba alla Bocconi, sembra aver dimenticato gli insegnamenti del 1969: la dinamite da sempre è opera dei fascisti e dei “servizi”. Ma Berlusconi sostiene bugiardamente che l’80% della stampa è controllata dalla sinistra».
SOLE24ORE – Dopo France Télécom, Renault. L’assistenza sanitaria pubblica francese ha riconosciuto «il carattere professionale» del suicidio di un ingegnere che lavorava alla Renault, gettatosi dal quinto piano del Technocentre di Guyancourt, il centro di sviluppo e ricerca della casa automobilistica dove si sono suicidati, in pochi mesi tra 2006 e 2007, tre dipendenti. Renault è responsabile di «colpa grave» perché «non ha preso le misure necessarie per preservare il dipendente dai rischi legati all’esercizio della sua attività professionale». Sotto accusa i ritmi di lavoro e il perseguimento di determinati obiettivi. La moglie ha raccontato: «Mio marito lavorava tutte le sere, tutte le notti e tutti i fine settimane negli ultimi mesi. Dormiva solo due ore al giorno». La sentenza per alcuni giuristi potrebbe creare un precedente e comportare nuovi obblighi per le società nelle quali si sono consumati i suicidi. Intanto la vicenda France Télécom, (25 suicidi in un anno e mezzo), continua: secondo un sondaggio condotto tra gli 80mila dipendenti: il 25% è “a rischio” perché in condizioni di lavoro difficili; solo il 39% è fiero di lavorare per l’azienda (qualche anno fa era il 96%).
CITTADINANZA
ITALIA OGGI – Cittadinanza agli stranieri sì, cittadinanza no. I finiani del Pdl hanno votato emendamenti con il Pd. Ieri, secondo il pezzo “Pdl, nervi tesi sulla cittadinanza”: in commissione cultura su 12 esponenti del Pdl, 7 hanno votato a favore con l’opposizione e 5 contro. Idem in commissione cultura. «Il Pdl ha rischiato» scrive il quotidiano dei professionisti «ha rischiato la crisi di nervi su un provvedimento tanto importante quanto delicato: il riconoscimento della cittadinanza agli immigrati che secondo Gianfranco Fini dovrebbe essere attribuita ai nati sul suolo italiano». Per il Pdl, e in particolare per la relatrice Isabella Bertolini, i criteri per ottenere la cittadinanza dovrebbero essere lunghi e severi. A parte la cronaca dei voti in commissione, l’analisi di ITALIA OGGI mette in rilievo un antefatto interessante, ovvero una serie di riunioni avvenute in settimana tra i vertici del Pdl per trovare delle intese sul testo della legge sulla cittadinanza, ma anche per le candidature in alcune regioni. In particolare, ITALIA OGGI riferisce di un pranzo tra Fini, Matteoli, La Russa, Alemanno, Ronchi e Gasparri. «Un summit gastronomico utilizzato da Fini per convincere i colleghi di partito a mostrarsi compatti nei confronti delle pressioni esercitate sul presidente della camera dell’ala del Pdl di fede berlusconiana». Tradotto in pratica: Fini si accertava di non essere un extracomunitario nel Pdl.
ABORTO
AVVENIRE – La Camera Bassa spagnola ha approvato ieri la nuova legge sull’aborto, che liberalizza l’aborto nelle prime 14 settimane, e fino alla 22esima in presenza di malformazioni del feto. Le minorenni di 16/17 anni potranno abortire senza il permesso dei genitori, dovranno solo informarli ma si prevedono eccezioni se la notizia dovesse generare una «reazione violenta» in famiglia. La legge – che AVVENIRE definisce «l’ennesimo strappo» – è stata approvata con 184 sì, 158 no e due astensioni.
GAZA
IL MANIFESTO – A un anno dai raid israeliani con gli sfollati ancora in tenda arriva il rapporto degli scienziati italiani che denunciano cancro e malformazioni tra gli effetti dell’offensiva. Tra le macerie, infatti, «si nasconde un’insidia che mette a rischio la salute dei palestinesi di Gaza. I bombardamenti israeliani, del 2006 e del 2009, hanno lasciato sul terreno forti concentrazioni di metalli tossici – tungsteno, mercurio, molibdeno, cadmio e cobalto – che potrebbero provocare nella popolazione tumori, problemi di fertilità ed effetti diretti sui nuovi nati, come malformazioni e patologie di origine genetica. A denunciarlo il New Weapons Research Group (Nwrc), una commissione indipendente di scienziati, con sede in Italia, che studia l’impiego di armi non convenzionali e i loro effetti (…)».
UGANDA
AVVENIRE – “Dal sogno alla realtà” è il libro che ripercorre i 50 anni di vita del Lacor Hospital di Gulu, in Uganda, letteralmente inventato dai coniugi medici Lucille e Piero Corti, che hanno trasformato radicalmente il piccolo ambulatorio fondato nel 1959 dai missionari comboniani. Un articolo ne racconta la storia, sotto il significativo titolo “Il Nobel mancato dei dottori Corti”.
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