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Garanzia Infanzia, a che punto siamo?

Solo sei paesi su 27 hanno presentato a Bruxelles, nei tempi indicati, il primo report di monitoraggio sulla Child Guarantee, la strategia d'azione europea contro la povertà minorile. L'Italia c'è. Cosa abbiamo fatto finora? Questo articolo è una parte della newsletter "Dire, fare, baciare" di martedì 23 aprile, riservata agli abbonati di VITA

di Sara De Carli

bambini che giocano

L’hanno fatto appena sei paesi su 27 e l’Italia c’è. Parlo del primo report di monitoraggio della Child Guarantee, che andava inviato a Bruxelles entro marzo. Ad oggi, sono stati pubblicati i report di Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Italia e Romania. L’Italia ha redatto un corposo documento, pubblicato sulla pagina della Commissione europea dedicata alla Child Guarantee: sessanta pagine tutte da leggere, perché in verità nel dibattito pubblico di Child Guarantee non si parla mai e quindi fino ad oggi poco o nulla si sapeva degli step fatti. La Child Guarantee, lo ricordo, è la raccomandazione approvata nel 2021 per assicurare che in Europa ogni bambino a rischio di povertà o esclusione sociale – oggi sono ben 20 milioni – abbia accesso ai diritti più elementari come l’assistenza sanitaria e l’istruzione gratuite, almeno un pasto sano al giorno, una casa.

Le risorse stanziate

L’Italia è uno dei Paesi in cui il tasso di povertà infantile è sopra la media europea: nel 2022, gli under18 a rischio di povertà risultano in Italia pari al 25,4% del totale dei minorenni, a fronte di una media europea significativamente più bassa e ferma al 19,3%. In questi Paesi la Commissione europea ha previsto che il 5% del Fondo Sociale Europeo Plus sia vincolato al contrasto della povertà minorile: per l’Italia vuol dire 635 milioni di euro negli anni 2021-2027.

Il report ricompone in un unico quadro tutte le azioni che potrebbero direttamente o indirettamente concorrere alle finalità della Garanzia Infanzia (quadro comunque interessante) ma soprattutto ci restituisce nero su bianco le risorse che abbiamo effettivamente stanziato. Leggiamo infatti che

  • il Programma Nazionale Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027 per le azioni afferenti alla Child Guarantee stanzia 733.999.999 euro;
  • il Programma Nazionale per l’Istruzione 2021-2027 per gli interventi direttamente finalizzati alla Child Guarantee destina 1.202.023.516 euro.


L’Italia quindi non solo ha rispettato l’obbligo di destinare il 5% del FSE+ alla lotta/prevenzione della povertà e dell’esclusione sociale dei minori, ma su questi obiettivi ha messo anche altre risorse, mettendo opportunamente a sistema i vari filoni di finanziamento.


Sono due i bandi già pubblicati con risorse specifiche legate alla Child Guarantee: uno per l’inclusione e l’integrazione di bambine, bambini e adolescenti rom, sinti e camminanti (febbraio 2024, chiuso), con uno stanziamento di 40 milioni di euro dal FSE+ e uno per la realizzazione di 60 spazi multifunzionali per adolescenti (DesTEENazione, marzo 2024, con scadenza 31 maggio), con uno stanziamento di 200 milioni a valere sul FSE+ e 25 milioni a valere sulle risorse FESR (la comunicazione del Governo finora ha sempre parlato di 250 milioni di euro).

Le criticità

Due gli appunti da fare a questo (bel) primo nostro report di monitoraggio. Il primo è che sono del tutto spariti obiettivi che il nostro piano d’azione nazionale per l’attuazione della Child Guarantee,il Pangi, dettagliava nel quantum e nel quando: per esempio le mense scolastiche, che dovevano diventare un servizio pubblico essenziale con tanto di relativo livello essenziale delle prestazioni (LEP). Il Pangi prevedeva di «garantire gradualmente l’accesso gratuito a tutte le bambine e i bambini a partire da quelli appartenenti a nuclei familiari in povertà assoluta, con Isee inferiore a 9.500 euro» già a partire dall’anno scolastico 2022/23 e di arrivare alla gratuità per tutti entro il 2030. I primi step indicati sulle mense non sono stati attuati, ma del tema nel report non c’è traccia né per giustificare la mancata realizzazione né per indicare nuove tempistiche.

La seconda criticità riguarda il fortissimo accento messo sulle famiglie: «L’Italia ha scelto di puntare sul ruolo fondamentale delle famiglie nella lotta alla povertà minorile, percorrendo un percorso volto a ridurre i gap esistenti a livello territoriale tra le Regioni italiane nella fornitura di servizi a sostegno delle famiglie, soprattutto alle famiglie che presentano maggiori fragilità», si legge. Non possiamo prescindere dalle famiglie, è vero, ma le politiche per la famiglia e quelle per l’infanzia e l’adolescenza non sono la stessa cosa. Ed è un bene che, all’atto pratico, il primo grande bando della Child Guarantee, DesTEENazione, guardi invece a loro, agli adolescenti.

Questo articolo è una parte della newsletter “Dire, fare, baciare” di martedì 23 aprile. Ogni settimana affronto un tema legato all’educazione, alla famiglia, alla scuola. La newsletter è un contenuto riservato agli abbonati di VITA, che sostengono il nostro lavoro (grazie!). Se sei già abbonato a VITA e vuoi ricevere “Dire, fare, baciare” ogni martedì, puoi iscriverti qui. Se vuoi sostenere il lavoro di VITA e ricevere tanti contenuti esclusivi, puoi sottoscrivere un abbonamento a questo link.

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