Sostenibilità
Galizia: la petroliera Prestige va a picco. Marea nera
Già inquinati 180 chilometri di costa. A bordo 70 mila tonnellate di carburante. Le carrette del mare in circolazione sino al 2015
di Redazione
La petroliera “Prestige” è affondata ieri pomeriggio in alto mare, dopo essersi spezzata in due tronconi, ma già il magma viscido e maleodorante, una sostanza spessa e nerastra, aveva ricoperto rocce e spiagge della Galizia, una costa selvaggia e bellissima. La marea nera che, spinta dal vento e dalle forti onde, ha superato con enorme facilità le grandi barriere installate come protezione. Ha anche rovinato la vita di migliaia di persone, le autorità parlano di 4.500 famiglie che, lungo la costa, campano dei prodotti del mare. Gente che ha nella pesca e nella coltura di crostacei e molluschi, apprezzati in tutta la Spagna, l?unico mezzo di sussistenza.
Manuel Toja, pescatore veterano delle acque oceaniche, piange senza ritegno. “Per noi la pesca è tutto. Ora che non possiamo pescare che cosa daremo da mangiare ai nostri bambini”? Accanto a lui un paio di anziane signore non fanno che ripetere come in litania: “E? una disgrazia, una terribile disgrazia”. La pesca è stata sospesa, ma non era necessario perché prima di sospenderla i pescatori tiravano fuori dall?acqua reti nere di gasolio.
A Corme, a Muxia e in tanti altri villaggi hanno conosciuto il disastro ecologico prima dell?affondamento. La marea nera ha cominciato ad avvelenare decine di chilometri di costa giorni fa: 50 chilometri sono completamente neri, altri 130 sono inquinati, ma non così pesantemente. Mercoledì la “Prestige”, il cui capitano greco è in stato di detenzione, aveva subito una avaria e aveva perduto, chi dice 3 mila, chi dice 5 mila tonnellate di gasolio non lontano dalla costa. Da allora la vecchia carretta – armatore greco, società liberiana, bandiera di comodo delle Bahamas, equipaggio romeno e asiatico che subito si era messo in salvo – vagava trascinata in alto mare da rimorchiatori. Adesso si teme che il disastro ecologico diventi infinitamente peggiore se si romperanno i serbatoi della nave affondata poche ore dopo che si era spezzata in due tronconi. La “Prestige”, che ha ancora a bordo oltre 70 mila tonnellate di petrolio già raffinato, si è inabissata a 270 chilometri dalla costa, in acque internazionali. Il vicepremier spagnolo Mariano Rajoy, galiziano purosangue, stava sorvolando il luogo al momento dell?accaduto e ha assicurato che “non c?è stato un nuovo versamento di combustibile” in mare, ad eccezione di una fuga verificatasi quando la nave si è spaccata in due. Il delegato del governo centrale in Galizia, Arsenio Fernandez de Mesa, parla di circa 6 mila tonnellate che vanno ad aggiungersi alle altre, uscite prima. La distanza dalla costa consola, ma non attutisce le preoccupazioni.
Il disastro ecologico in Galizia è frutto della lentezza con la quale l?Unione Europa ha affrontato il problema delle petroliere a scafo singolo ancora in circolazione. E bisognerà aspettare il 2015 perché siano definitivamente bandite dai mari, sostituite dalle navi a doppio scafo più sicure anche nel caso di collisioni o incagliamenti, riducendo il rischio di inquinamento ambientale. Gli Stati Uniti dopo il disastro della petroliera Exxon Valdez nel 1989 in Alaska vararono, nel 1992, l?Oil Pollution Act che stabiliva la distruzione delle petroliere a scafo singolo adottanto da quel momento il doppio scafo. L?Europa se l?è presa comoda e soltanto nell?aprile 2001 approvava, sotto la pressione esercitata dal disastro della petroliera Erika alla fine del 1999, le nuove regole (entrate in vigore il 1° settembre scorso) per eliminare dalla scena le navi pericolose. Con gradualità però. Entro il 2007 le più grosse, oltre le 30 mila tonnellate di portata e costruite fino al 1981. Successivamente, entro il 2015, tutte le rimanenti. “Due motivi hanno spinto a diluire nel tempo il provvedimento di sostituzione – dice l?ingegnere Gianfranco Damilano del Registro Italiano Navale -. Il primo è che i produttori di grandi petroliere sono rimasti tre Paesi, Cina, Giappone e Corea, concorrenziali per il costo del lavoro più basso, incapaci a soddisfare rapidamente le richieste perché subissati dagli ordini. Il secondo motivo è che comunque l?Europa ha bisogno di essere approvvigionata di petrolio il quale non può che arrivare via mare e in attesa di disporre di nuovi mezzi si continuano ad impiegare quelli esistenti”.
Nel mondo, secondo i dati della Confitarma, sono in circolazione 8911 navi cisterna. Di queste 6844 sono ancora a scafo singolo. Le petroliere più grandi con una portata oltre le 10-20 tonellate sono 3524 e di queste solo 1944 hanno il doppio scafo. “L?Italia – dice Giovanni Montanari, presidente degli armatori – grazie ad una legge del Duemila sta rinnovavando i propri mezzi con rapidità. Delle 282 navi cisterna in servizio, settanta sono già a doppio scafo e la flotta ha un?età molto bassa al di sotto dei dieci anni”.
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