Formazione
G8: intervista a Edmond Malinvaud
Globalizzazione e non globalizzazione: su questi temi l'agenzia Fides ha intervistato il presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali
Il professor Edmond Malinvaud, 78 anni, ha una lunga carriera come economista e statistico. Ha anche lavorato su ricerche economiche a livello internazionale. Presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali fin dalla sua creazione (1994), è stato riconfermato per altri cinque anni. A lui l?agenzia Fides ha rivolto alcune domande.
Professore, a causa del G8 si parla molto di globalizzazione. Lo scorso aprile la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha focalizzato la sua sessione plenaria su questo tema. Qual è il programma, anche per il futuro?
Il nostro programma cerca di dare uno sguardo scientifico su fenomeni e problemi a quanti trattano della dottrina sociale della Chiesa. È un’attività a lungo termine, più che un rispondere alle sollecitazioni della cronaca. Negli anni scorsi abbiamo studiato il lavoro, la disoccupazione, la democrazia. Adesso abbiamo cominciato ad affrontare la globalizzazione, con diversi contributi scientifici. La nostra prima riunione è stata un grande giro di orizzonte su tutti i problemi della globalizzazione, da un punto di vista etico, dello sviluppo dei Paesi poveri, ecc. Stiamo preparando un’altra sessione fra due anni. In un seminario preliminare affronteremo le nuove forme di diseguaglianza nel mondo, se queste sono o no effetto della globalizzazione.
C’è un legame diretto fra povertà e globalizzazione?
Quando si parla di povertà non è detto che essa sia associata alla globalizzazione. Vi sono anche altre cause come le strutture politiche e sociali di questi Paesi, le condizioni climatiche e naturali, la mancanza di pace. Anche gli elementi culturali hanno la loro importanza.
La globalizzazione mette in luce il divario fra ricchi e poveri, il debito estero, l’ecologia, l’economia come unica dimensione dell’uomo. Come siete interpellati da questi problemi?
Ne sono interpellato anzitutto personalmente, come cristiano e anche come ricercatore economico. In quanto studiosi non pensiamo affatto che l’economia sia la totalità della vita umana. Del resto, nell’Accademia Pontificia non vi sono soltanto 6 economisti, ma anche 24 esperti di altre discipline. Una grave deviazione della nostra etica collettiva è proprio l’assolutizzazione dell’economia. Noi non siamo soddisfatti che in tante discussioni sull’avvenire dell’umanità l’economia primeggi su ogni altra considerazione. Tutto questo è contrario alla dottrina sociale della Chiesa, ma è anche contrario alla percezione degli studiosi seri.
Come vede personalmente gli eventi di questi giorni legati al G8 e alle manifestazioni anti-G8?
È molto triste che nella nostra società non si sappia fare di meglio. I problemi della globalizzazione sono problemi importanti per l’avvenire: non possono essere trattati in questo modo! Che siano usati come fenomeni mediatici è davvero l’antitesi di quello che uno scienziato vorrebbe.
E sul G8 in sé?
Il G8 è un’organizzazione fra Stati; non ci si può lamentare che esistano organizzazioni fra gli stati. Si tratta soltanto di conoscere quello che fanno. Forse non sono informato a sufficienza sui dettagli di questo incontro, ma non vedo nulla di criticabile sul fatto che dei Paesi si incontrino a diversi livelli per armonizzare le loro politiche. Non vi è nulla di scandaloso: e [il G8] non è per nulla un “covo di mafiosi”! Siamo ragionevoli!
Ma non trova che i Paesi ricchi mostrino un grande egoismo?
Sì, i nostri Paesi ricchi fanno prova di troppo egoismo in questi tempi. Per esempio, che gli americani non vogliano ridurre le emissioni di gas legate all’effetto serra, che potrebbe essere pericoloso per l’avvenire del pianeta, è un segno rivelatore. Potrei anche fare un esempio legato alla Francia. Non c’è da essere soddisfatti della situazione attuale. Quando dico “americani” intendo il governo americano, che è però sostenuto dal popolo americano. In questo senso in causa non sono anzitutto le riunioni fra governi, ma qualcosa di più profondo. Prendiamo l’aiuto diretto allo sviluppo: la tendenza a ridurlo sempre più è indicativa. Si può anche gridare, manifestare, ma se si propone di aumentare le tasse per aumentare questi aiuti, gli elettori non appoggiano queste scelte.
È possibile convertirsi dall’egoismo e tradurre la conversione in scelte precise?
Questa è la missione di tutti i cristiani. Ma è sempre difficile. Fra l’intenzione e l’azione vi è un periodo molto delicato. Io sono sicuro che molti uomini pensano che la situazione presente non è soddisfacente dal punto di vista etico, ma sono in pena perché non sanno cosa fare o se lo sanno, non sono pronti ad accettarlo.
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