Sostenibilità

G8 e ambiente, accordo senza Cina

L'intesa sul clima arriva sulla spinta di Obama e Berlusconi ma si rivela debole su tempi e contenuti

di Franco Bomprezzi

Si conclude oggi il G8 a L’Aquila, mentre il summit si conferma ormai superato dall’irrompere dei nuovi paesi economicamente emergenti.

  • Oggi la rassegna stampa si occupa anche di:

 

Molto asciutto il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA: “Primo accordo sul clima tra i grandi sul clima”. E nell’occhiello: la Cina apre, ma non firma. I servizi da pag 2 a pag 15. Ma fin dalla prima Massimo Venturini ragionando sulla sorte del G8 dice: “Un club il capolinea di un club troppo esclusivo”. Questo l’incipit: «Da anni l’appuntamento annuale del G8 ha cattiva stampa. Da anni si rinnova in alcuni censori una retorica antivertice che è uguale, senza rendersene conto, a quella del vertice. Ma la novità stavolta è che all’Aquila il G8 è davvero arrivato al canto del cigno». Il motivo? «A forza di cambiare il mondo non si può permettere il lusso di un salotto buono troppo selezionato». Tornando al clima. In breve i punti dell’accordo siglato dal Mef (G8,G5, Australia, Corea del sud, Indonesia, Ue): 1- l’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali non dovrebbe superare  i 2 C°. 2- identificare in vista della conferenza Onu di Copenhagen (dicembre 2009) un obiettivo globale per la riduzione delle emissioni entro il 2050. 3- partnership globale per promuovere le tecnologie verdi. Obiettivo: raddoppiare gli investimenti entro il 2015. Per il quotidiano diretto da Ferruccio De Bortoli il merito dell’accordo va accreditato al presidente americano: “Clima, la spinta di Obama: «Noi daremo l’esempio»”, supportato dal Vaticano (“Tra Papa e Casa Bianca un’alleanza pragmatica”, titola la Nota di Massimo Franco). La strada la indica il direttore del Worldwatch Institute Christopher Flavin: “«Dobbiamo fornire tecnologie verdi ai colossi emergenti»”. Berlusconi si prende l’apertura di pag 5: “Berlusconi rivela: a marzo un summit sul disarmo”. E sul clima commenta: «la precedente amministrazione americana si teneva lontana dai problemi ambientali…Fatti importanti progressi, soddisfatto per l’atteggiamento costruttivo di Cina e India». Capitolo commercio: «Berlusconi lo ha definito un successo del vertice dell’Aquila: è la decisione presa dai capi di stato e di governo del G8 e del G5 più Egitto e ancora Australia, Corea del sud e Indonesia di impegnarsi a concludere dopo 8 anni di negoziati, il Doha round per la liberalizzazione del commercio mondiale entro il 2010». Il direttore del Wto: “Lamy: «Bisogna crederci. È un chiaro passo avanti, finalmente una scadenza»”.

“Clima, accordo senza la Cina”, titola in prima LA REPUBBLICA. Il titolo all’interno è ancora più pessimista e parla di “accordo debole”: l’occhiello sintetizza che “La Cina guida i paesi mergenti contro i tagli all’inquinamento”. Nello specifico, ieri è saltato l’accordo sulla proposta di ridurre le emissioni di gas serra del 50% entro il 2050 a livello globale, visto che la Cina – ancora prima dell’inizio del Mef – ha detto di non sentirsi vincolata dall’accordo G8. Anche gli otto big hanno di fatto ritrattato l’impegno a diminuire unilateralmente le proprie emissioni dell’80%: il Canada ha detto che è «un’aspirazione» e la Russia che non è in grado di raggiungerlo. Obama ha rotto pubblicamente con la politica ambientale di Bush («in passato il mio paese non si è fatto carico delle proprie responsabilità», ma adesso «quei tempi sono finiti») e la sua sintesi sull’accordo è questa: «Buona partenza, ma sappiamo che fare progressi non sarà facile». Antonio Cianciullo spiega perché l’accordo raggiunto non basta: non c’è nessuna indicazione di come modificare i piani industriali per raggiungere l’obiettivo di contenere in due gradi l’aumento della temperatura globale. Dopo la bocciatura dell’Onu («insufficiente», ha commentato secco Ban Ki Moon), sulle pagine di LA REPUBBLICA anche Jeremy Rifkin seppellisce l’accordo: «È ridicolo». Secondo l’economista per uscire dalla triplice crisi che ci attanaglia – economica, ambientale  ed energetica – dobbiamo fare dei tagli di emissioni una occasione di rilancio, ovvero «lanciare la terza rivoluzione industriale».
A chiusura delle 15 pagine anche oggi dedicate al G8, Carlin Petrini commenta la doggy bag di Michelle Obama: «un piccolo gesto di sobrietà, attenzione, riciclo, responsabilità. Il gesto di una donna che educa le sue figlie e da cui anche noi abbiamo da imparare».

Una dozzina di pagine su IL GIORNALE, la metà dedicata ai risultati dei primi due giorni. Il tono è trionfalistico  perché al vertice c’è stato un “consenso storico” e fra “Barack e Silvio il mediatore è nata la grande intesa”. Alle pagine 2 e 3 e 4 sotto al titolo “Obama e Berlusconi : così cambierà il mondo” l’analisi degli accordi. Per quanto riguarda il clima il G8 dell’Aquila incassa il no della Cina. Rispetto alla conferma di obiettivi già individuati la novità che «emerge dalla bozza di Dichiarazione finale sul clima è la creazione  di una partnership globale per spingere verso tecnologie amiche del clima a basso contenuto di carbone. I big più Australia, Brasile, Cina, India  Indonesia, Messico e Sudafrica  si impegnano a aumentare considerevolmente e a coordinare investimenti pubblici nella ricerca e nello sviluppo  di tecnologie pulite». Per quanto riguarda il commercio «Abbandonate posizioni protezionistiche. Il cambio della guardia alla Casa Bianca sembra facilitare le trattative e infatti il G14 ieri all’Aquila ha dichiarato di volere riprendere il negoziato  con l’obiettivo di un accordo globale e equilibrato sui commerci internazionali entro il 2010».  Sull’Africa raddoppiati i contributi: 25 miliardi di dollari». Su quest’ultimo tema IL GIORNALE intervista padre Gheddo, presidente del Pontificio istituto missioni estere che dice «Mandate maestri, non soldi. Senza istruzione non avranno mai sviluppo». Fa eco l’economista Dambisa Moyo «Gli aiuti umanitari? Sono la rovina dell’Africa», di cui Il GIORNALE  recensisce il libro “Dead aid”. In copertina Salvatore Tramontano punta il riflettore sulle attese della conferenza stampa dove ci aspettava che i giornalisti che sino ieri avevano attaccato l’Italia incalzassero il premier invece nulla. Intervista a Gavino Sanna sull’impatto mediatico del G8. «Io sardo vi dico: il G8 all’Aquila è un colpo da maestro». «La Maddalena è una cartolina, ma vince l’Aquila dove si è visto il dolore, la distruzione di un terremoto». Obama? «La sua passeggiata al centro dell’Aquila in maniche da camicia è stata addirittura cinematografica: un immagine simbolo». Berlusconi? «Il suo entusiasmo, a volte sopra le righe, piace alla gente. La buona riuscita del G8 cancella l’ombra degli scandali mediatici. Peccato per le gambe storte nella foto di rito, un uomo attento al valore delle immagini come lui…».

“Cina e India: sul clima non accettiamo vincoli”: il SOLE24ORE si gode l’onore di essere stato quasi l’unico quotidiano ad aver visto giusto, ieri, sul fallimento dell’accordo climatico e oggi ci torna con una pagina di approfondimento. In sostanza, «la ferma opposizione dei due paesi blocca l’impegno al taglio generalizzato dei gas serra del 50% entro il 2050», tuttavia, come evidenziato in un altro articolo, «sulle rinnovabili Pechino è già la più verde» avendo varato per lo sviluppo delle energie rinnovabili un piano ventennale che comporta investimenti per 440 miliardi di dollari, per cui – nota il SOLE – «anche in termini percentuali quello cinese è il pacchetto di stimoli più “verde” al mondo», anche più di quello degli Stati Uniti, che come ha detto Obama «hanno spesso schivato le loro responsabilità».

“Il G8 verso la fine, arriva il G14”: ITALIA OGGI imposta la cronaca della giornata di ieri guardando più al futuro che al presente. «Sta prendendo forma», scrive Italia Oggi, «il vertice a geometria variabile». Oltre ai leader del G8 infatti, ieri si sono presentati anche i leader di Cina, India, Messico, Sud Africa, Australia, Brasile, Indonesia e Corea del Sud. C’era però anche l’Egitto, che insieme alla Cina, non ha condiviso l’accordo parziale sul clima. A questo proposito, Italia Oggi fa notare come tutti i leader abbiano accettato l’impegno a non aumentare il riscaldamento globale di più di due gradi rispetto alla media dell’epoca preindustriale, ma sulla proposta di ridurre del 50% le emissioni di C02 entro il 2050, Cina ed Egitto si sono tirate indietro. Non si tira indietro Pierluigi Magnaschi. Nel suo editoriale “The Guardian ha contato balle ma il Tg3 gli ha dato fiato” sferra il suo attacco sia al Guardian che al TG3 colpevoli di aver disinformato di proposito l’opinione pubblica con la notizia della potenziale espulsione dell’Italia dal G8. «Un’affermazione del genere» ha scritto Magnaschi «sarebbe stata smentita e quindi lasciata cadere, da chiunque avesse letto lo statuto del G8 che, appunto, non prevede l’espulsione di uno dei suoi membri». Ancora Magnaschi:«In particolare, il Tg3, che, durante la sua edizione di martedì 7 luglio, aveva addirittura aperto il Tg delle ore 19 con la balla del Guardian nella quale era cascato a piedi pari, non ha successivamente corretto il tiro, considerando evidentemente che il suo ascoltatore non ha memoria e che quindi si può anche prenderlo per il naso».

“Un brutto clima” è il titolo scelto da IL MANIFESTO che apre con la foto di gruppo degli otto grandi allargati all’Ue e ai paesi emergenti (Cina, India, Brasile…). «L’accordo del G8 dell’Aquila sui cambiamenti climatici non c’è, la Cina si dichiara “non vincolata” e il segretario dell’Onu Ban Ki Moon attacca: “Sono deluso, è un’occasione persa”. Sul resto, crisi economica, armi, nucleare e crisi internazionali, solo parole. Tutto è rimandato ai prossimi vertici. Intanto all’Aquila monta la protesta dei terremotati. E oggi dopo gli arresti preventivi dei giorni scorsi, sfila in città il movimento no global» così sintetizza il quotidiano comunista in prima pagina le quattro dedicate ai temi del G8. Sulla questione clima IL MANIFESTO intervista Tadzio Muller, uno degli animatori del Climate Justice Action, coalizione di ong che da mesi si sta preparando alla conferenza Onu di Copenhagen  di dicembre. Muller davanti alla promessa dei grandi di tagliare del 50% i gas serra da qui al 2050 osserva: «Tra qui e il 2050 ci saranno dieci tornate elettorali: per i politici è un po’ come promettere che nel 2050 ci saranno le stazioni turistiche su Marte. Viste le resistenze di Cina, India e altri paesi emergenti i grandi potranno continuare a fare il gioco dello scaricabarile. Poi basta vedere quanto successo nelle edizioni passate del G85 con le promesse mancate sulla lotta alla povertà per capire che non sono credibili». L’editoriale di Galapagos, intitolato “La crisi che non c’è” prende le mosse dal Bollettino mensile della Bce che scrive come nei prossimi mesi “si concretizzeranno effetti avversi ritardati, tra i quali l’ulteriore deterioramento del mercato del lavoro”. «Gli fa eco il Fmi: la disoccupazione crescerà nel 2010. Nei prossimi 12 -18 mesi altri 15 milioni di persone perderanno il posto di lavoro solo nei 30 paesi Ocse. Ma la vita delle persone non è in agenda, al G8 non se ne è discusso. Abbondanti invece, le dichiarazioni d’intenti: nessuno s’è opposto alla lotta all’inquinamento globale, nessuno è a favore del protezionismo; nessuno ha difeso i paradisi fiscali o è contrario agli aiuti ai paesi poveri dell’Africa; tutti sono per una finanza dai connotati morali. Ma nella dichiarazioni finali tutto è generico. Solo una cosa è emersa nitidamente: gli Usa – nonostante il carismatico Obama – non sono più i padroni del mondo».

“Accordo sul clima. Senza Cina” titola AVVENIRE. Affianco, l’editoriale di Andrea Lavazza prosegue la linea prudente dell’editoriale di ieri, e il concetto è: ok, tutto si è svolto e si sta svolgendo bene per l’Italia, organizzazione buona, complimenti dagli altri leader, partecipazione solidale alla sofferenza degli abruzzesi. Ma in termini di contenuti, i risultati raggiunti sono scarsini, su tutti i fronti: sul fronte clima («se la Terra è a rischio, per ora si è persa un’occasione unica», e anche se le decisioni si prenderanno a Copenaghen, «le premesse non appaiono del tutto incoraggianti»); e sul fronte cooperazione (Il fondo di 15 miliardi per la sicurezza alimentare sembra «lo stesso regalo incartato per la seconda volta», dice citando le parole di un’importante Ong). La vetrina di pagina tre titola “Oggi fondo anti-fame. Le Ong: ma non basta”: un pezzo di sfondo sugli stanziamenti decisi e lo scetticismo delle Ong, che sventolano il misero traguardo dei 7 miliardi di dollari del post Gleneagles contro i 22 miliardi promessi. Oltre che da Oxfam International e Ucodep, le critiche arrivano anche dalle 11 Ong del network Link 2007, che all’Aquila scrivono un comunicato di fuoco: «Le promesse ribadite al G8 sono assolutamente virtuali». Si unisce al coro anche l’African medical and research foundation, che guarda in particolare all’aspetto sanitario: «L’Africa ha solo il 3% di operatori sanitari pur portando un enorme carico di malattie a livello mondiale (il 24%) quali l’Aids, la malaria, la tubercolosi. Ci vogliono solo 26 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni per formare il personale sanitario. Ma nessuno ne parla». Sempre in vetrina, poi, due interviste: una a Giuseppe Perissinotto, Cavaliere del Lavoro e presidente di Genagricola, secondo cui per rilanciare l’agricoltura africana, basata su un modello familiare, occorre ripartire dall’acqua, puntare sulle risorse idriche; e l’altra intervista è ad Aminata Traoré, già ministro della cultura in Mali e «voce emblematica dell’Africa in cerca di riscatto», la quale dice di non credere ai proclami del G8, soprattutto in questa fase di crisi per gli stessi Grandi: «Sarebbe più utile ammettere gli errori passati nella cooperazione con l’Africa  e tentare un cambio di rotta nelle relazioni reciproche», perché, «il problema non è tanto l’ammontare degli aiuti vecchi e nuovi, ma il paradigma che essi hanno servito. Come contropartita degli aiuti e in nome di una concezione assoluta o estremamente rigida del mercato, è stato chiesto a molti Stati di smantellare i servizi pubblici e di privatizzare diversi settori, favorendo così le multinazionali». Insomma, basta con l’elemosina, si deve cambiare il modello di sviluppo: questa la sua posizione, nel ribadire il suo no alla tesi in voga di «una specificità africana»: basterebbe applicare le regole che valgono per tutto il resto del mondo, e basterebbe denunciare come inaccettabile ciò che lo è dappertutto. A questo proposito si dice anche un po’ stanca degli appelli di star come Bono o Geldof. «Non basta piagnucolare sulle vittime, se poi non si parla delle cause reali dei mali, fra cui la rinuncia degli Stati africani alla propria sovranità in molti settori». Di G8 poi si parla fino a pagina 8. Interessante l’affondo sul J8, cioè Junior, il mini-vertice che sta andando in scena a L’Aquila in parallelo con quello ufficiale. Vi partecipano alcuni ragazzi selezionati tramite un concorso dell’Unicef, il J8 Competiton. E dagli under 16 arriva un appello ai grandi. «Avete dimenticato la scuola, parlate anche di educazione». Dal loro summit un documento che hanno sottoposto ai leader dei Paesi riuniti.  
 
   LA STAMPA dedica al G8 le prime 9 pagine. Il titolo d’apertura “Sul clima accordo storico” sottolinea il patto raggiunto dai grandi che hanno deciso di mettere un limite di due gradi centigradi al surriscaldamento globale. L’editoriale, a cura di Cesare Marinetti “C’era una volta il G8”, sottolinea come la formula G8 con questa tappa aquilana è definitivamente morta. Con l’ingresso infatti del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) la formula più accreditata è il G14. Insomma un passaggio da «una riunione di leader, una volta all’anno intorno ad un piccolo tavolo tondo come un circolo di bridge» a un effettivo summit che tratti i problemi del mondo. Chi comunque cerca di far saltare l’accordo sono Cina e India che si sviluppano da poco tempo e non ci stanno a tarparsi le ali. In particolare sul clima il braccio di ferro, come sottolinea l’articolo “La Cina detta le condizioni” di Francesco Sisci, è tra Usa e Pechino. La svolta sarà lo scambio di impegni cinesi con tecnologia americana. Tecnologia che però spesso ha una doppia valenza: civile e militare. In una frase «si scrive ambiente ma si legge militare». Tanto spazio ad Obama e al suo nuovo stile. Con lui un’America disposta a dialogare con tutti e molto attenta ai paesi in via di sviluppo e al continente africano come spiega Maurizio Molinari nella pagina titolata “Obama l’africano”. Un articolo molto ironico a pagina 6 di Ugo Magri “Berlusconi diventa ambientalista” sottolinea la strana metamorfosi del nostro premier che con Obama sbugiarda Bush e diventa ambientalista e pacifista per cavalcare l’onda. In ogni caso pare che la strategia funzioni, «Obama lo ricompensa lodando il premier con un “great coaching”» e «anche i cinesi e l’egiziano Mubarak si congratulano col premier». Ancora scuse all’Africa in un box che sottolinea l’offerta di Berlusconi che, come richiama anche il titolo «mette sul piatto 160 milioni».

E inoltre sui giornali di oggi:

BADANTI
CORRIERE DELLA SERA – “Accordo nel governo per badanti e colf”- regolarizzazione a settembre. Intesa fra i ministri Sacconi e Maroni. Questi gli step della legge: il governo presenterà un emendamento al decreto legge anticrisi ora in commissione che approda in aula il prossimo 20 luglio per la conversione. La nuova norma consentirà dal prossimo mese di settembre di regolarizzare badanti e colf extracomunitarie. Potranno usufruire della nuova regolarizzazione solo i datori di lavoro italiani o, se stranieri, residenti in Italia da almeno 5 anni.

LA REPUBBLICA – Sacconi e Maroni trovano l’intesa per regolarizzare colf e badanti: sarà un condono sul lavoro domestico, che vale sia per le italiane sia per le straniere e che ha quindi come etichetta ufficiale quella di misura per far emergere il nero. Il datore di lavoro pagherà i contributi pregressi per la sua badante o colf (inserite entrambe le categorie); se è straniera, essa verrà contestualmente regolarizzata. Un filtro particolare sulle domande di presentate da datori di lavoro stranieri: dovranno essere in Italia da lungo tempo. L’accordo dovrebbe essere operativo già da settembre, con un emendamento al decreto legge anticrisi.

IL GIORNALE – Accordo siglato fra i ministri Maroni e Sacconi che dicono «Non si tratta di sanatoria generalizzata ma di regolarizzazione selettiva. Il meccanismo  previsto servirà a scartare le domande truffa». L’articolo analizza la normativa che prevede una selezione dei datori di lavoro e sottolinea che sono ammessi anche « datori di lavoro stranieri purchè soggiornino in Italia da molto tempo». Un’infografica precisa che  sono 11miliardi gli euro a entrare nelle casse dell’Inps, che 500-600 mila sono lavoratori domestici irregolari e che i posti disponibili per la regolarizzazione sono solo 150mila.

NUCLEARE
LA REPUBBLICA – Il Senato ha approvato il ddl sullo sviluppo e l’Italia torna al nucleare. Entro sei mesi il Governo dovrà segnalare i siti dove costruire le centrali e dove stoccare le scorie. Scajola ha segnalato che già 20 Comuni si sono detti disponibili, a cominciare da Sicilia e Veneto.

LA STAMPA – “Il ritorno al nucleare è legge” apre due pagine in cui prima Rosaria Talarico, che si occupa della cronaca, e Paolo Baroni, che analizza la legge e la convenienza si occupano del ritorno all’atomo italiano. Da sottolineare come l’85% dell’energia italiana sia d’importazione e che per questo costa il 30% in più che nel resto d’Europa, ma anche il problema delle scorie radioattive che nessuno è ancora riuscito a risolvere.

COOPERATIVE
SOLE24ORE – Ieri il Senato ha approvato il ddl sullo sviluppo, che contiene importanti novità per le cooperative, ovvero nuovi obblighi documentali: le coop dovranno provare la propria mutualità prevalente presentando un documento che la attesti e che servirà per iscriversi all’albo obbligatorio istituito proprio dal decreto stesso. Il mancato adempimento comporta una severa sanzione: la sospensione semestrale dell’attività. Inoltre i consorzi agrari diventano cooperative a mutualità prevalente di diritto (esulta la Coldiretti).

BIOETICA
AVVENIRE – “Legge sulle cure palliative. Ora gli hospice fanno rete. Zaninetta: ma va integrata anche l’assistenza domiciliare”. Dopo il via libera arrivato in commissione, il presidente della Società italiana di cure palliative, Giovanni Zaninetta, mette in fila gli aspetti positivi del ddl: bene la distinzione con la terapia del dolore e la creazione di un osservatorio.

FILANTROPIA
LA REPUBBLICA – Betty Williams, irlandese, premio Nobel per la Pace nel 1976, con gli altri Nobel lavora a Scanzano Jonico alla prima “Città della Pace”, uno spazio in cui accogliere famiglie provenienti da aree di conflitto finanziato da Fondazione Vodafone Italia. «Avrei preferito fare la popstar e fare proclami dal palco, ma mi è toccato imparare giorno dopo giorno a fare il mio lavoro da Nobel, anche grazie all’aiuto degli altri».

IRAN
IL MANIFESTO – “Teheran sfida ancora i divieti. La polizia spara in aria e arresta, i blogger denunciano due morti”. La pagina internazionale si apre sulle nuove manifestazioni in Iran che si sono tenute nel decimo anniversario della repressione studentesca. «(…) quell’anniversario è diventato simbolico, e di solito le autorità chiudono l’ateneo per qualche giorno per evitare commemorazioni. Quest’anno ad ogni buon conto, l’università (e il pensionato studentesco) sono stati chiusi per due settimane. Nelle proteste seguite al voto sono morte per le strade venti persone, e la città di Teheran è stata blindata, con le forze di sicurezza dispiegate nelle vie e nelle piazze più centrali (…) Per quanto piccole le manifestazioni di ieri testimoniano di uno scontento che persiste a un mese dal voto presidenziale – anzi, probabilmente ben oltre quel risultato contestato (…)».

 

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