Famiglia

G8: Casarini, scontri per difendere corteo

In piazza Alimonda alcuni partecipanti del corteo delle Tute Bianche difesero delle violenza dei Cc i manifestanti che rientravano al Carlini.

di Giampaolo Cerri

Luca Casarini, portavoce delle Tute Bianche, ha letto ai membri del Comitato interparlamentare incaricato dell’indagine conoscitiva sui fatti di Genova una memoria sugli scontri di piazza. «Indossare caschi e bardature non significa salire il primo gradino di una escalation di violenza ma un modo per proteggere e rassicurare chi deve mettere in pratica la disobbedienza civile», ha spiegato Casarini, «un casco allacciato non può nuocere a nessuno». Casarini ha ricordato che, dal 1998, le Tute Bianche hanno sempre preannunciato con largo anticipo le proprie intenzioni e i proprio obiettivi. Il portavoce ha smentito di aver incontrato il questore Colucci nei giorni che hanno preceduto gli scontri. «Abbiamo ricevuto decine di telefonate di funzionari Digos», ha spiegato, «che ci chiedevano informazioni sulla manifestazione, quanti treni aspettassimo, cosa avremo fatto. A tutti abbiamo dato informazioni e abbiamo annunciato con largo anticipo il luogo dove avremmo attuato la disobbedienza civile». Casarini ha anche ricordato di aver chiesto al ministro Scajola «di impedire l’uso delle armi in piazza. Scajola ci disse “che finché ci sarebbe stato lui al Viminale, nessuno avrebbe sparato”. Alcuni funzionari fecero spontaneamente scaricare le armi dei loro uomini, altri non l’hanno fatto». «C’è differenza fra una strategia di polizia che mira a contrastare la manifestazione con cariche leggere e una che punta a punire i manifestanti stessi con violenza durissime», ha detto il leader anti-global, «a Genova, in via Tolemaide e negli altri luoghi è stata adottata questa seconda strategia». «Migliaia di persone si sentirono in pericolo di vita», ha ricordato Casarini, «e una parte del corteo improvvisò un lancio di oggetti trovati per strada per tentare di arginare le cariche. Subimmo cariche punitive fino allo stadio di Carlini. Gruppi sparsi di dimostranti tentavano di proteggere il corteo dai Carabinieri. Uno di questi entrò in contatto con una camionetta in piazza Alimonda, dove morì Giuliani». Secondo la tuta bianca «a Genova la situazione si poteva risolvere senza sparare in faccia a nessuno». La repressione della polizia fu «un massacro»: «Non si poteva mettere in conto l’assalto poliziesco a un corteo di 300 mila persone» ha detto. Casarini ha consegnato al Comitato un filmato che documenta le violenze subite. «Carlo Giuliani è stato stroncato nel fiore della vita da una violenza inutile», ha concluso ed aggiunto: «Ciao Carlo, sei mio fratello». La lettura della memoria è terminata alla 15,55. La seduta è stata sospesa per una decina di minuti per permettere ai membri del Comitato di preparare le domande da sottoporre a Casarini.


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