Welfare

G.B.: il sangue di donatori malati di Bse venduto in 11 Paesi

Secondo il Guardian di oggi, migliaia di pazienti nel mondo e in Gran Bretagna potrebbero essere stati curati, tra il 1996 e il 2000, con sangue o emoderivati di donatori malati di Creutzfeldt-Jakob

di Redazione

Il sangue di tre britannici che, dopo averlo donato, furono colpiti dalla nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob, sospettata di essere la forma umana del morbo della mucca pazza, e’ stato venduto in 11 Paesi, secondo quanto scrive oggi (lunedi’) il ‘Guardian’. Migliaia di pazienti nel mondo e un certo numero di emofilici in Gran Bretagna – precisa il quotidiano – potrebbero essere stati curati, tra il 1996 e il 2000, con sangue o emoderivati di questi donatori. Il ministero della Sanita’ britannico afferma che il rischio di infezione e’ puramente teorico. Ma Malcolm Tibbert – presidente della Human Bse Foundation, che rappresenta i familiari delle vittime del nuovo morbo di Creutzfeldt-Jakob – replica: ”Non sono state tratte le lezioni dal passato. Gia’ bastava il fatto che avevamo la nuova variante nel Paese, ed e’ chiaro che la Bse (encefalopatia spongiforme bovina, il morbo della mucca pazza, ndr) e’ stata esportata, ma cio’ si collocherebbe ancora ad un altro livello”. Le persone morte per la nuova variante di Creutzfeldt-Jakob in Gran Bretagna – scrive il ‘Guardian’ – sono finora 94, 13 delle quali erano donatori. Il loro sangue e’ stato utilizzato per trasfusioni a 23 pazienti e per produrre emoderivati. Sempre secondo il giornale, il Bio Products Laboratory (Bpl), branca del Servizio sanitario nazionale (Nhs), e’ incaricato di vendere sangue e emoderivati all’estero, in particolare a Dubai (Emirati Arabi Uniti), India, Turchia, Brunei, Egitto, Marocco, Oman, Singapore e Russia. ”Non esistono prove scientifiche che suggeriscano che la nuova variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob possa essere trasmessa attraverso il plasma o prodotti derivati dal plasma, ne’ attraverso donazioni di sangue in generale”, ha dichiarato un portavoce di Bpl. Il Laboratorio aggiunge di non essere in grado di precisare il numero delle persone che avrebbero potuto ricevere prodotti sanguigni ricavati da sangue di donatori malati, e di aver informato le autorita’ comperenti nei diversi Paesi. ”Abbiamo fatto del nostro meglio”, afferma il portavoce.


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