Mondo

Futuro e medioevo tra Tokyo e Guantánamo

Nella capitale giapponese si sono cercate soluzioni per ricostruire l'Afghanistan. Nella base Usa pare si usino metodi da inquisizione

di Paolo Manzo

Gli Stati Uniti negano trattamenti disumani ai prigionieri di Al-Qaeda nella base militare di Guantánamo, a Cuba. Dall’altra parte le autorità di Kabul, stimolate dai 4,5 miliardi di dollari di aiuti concessi dai Paesi donatori riunitisi a Tokyo, hanno incominciato a pagare i salari a dipendenti e funzionari, salari utili soprattutto per soffocare gli incidenti e lotte tra le fazioni che stanno sconvolgendo ancora l’Afghanistan. La polemica tra Usa e resto del mondo “civile” è scoppiata in merito al trattamento cui sono sottoposti e alla “sorte” che toccherà ai prigionieri della base statunitense di Guantánamo, a Cuba. Soprattutto in Europa stampa e dirigenti politici hanno mostrato tutti i loro dubbi, per non dire inquietudini. Da dire anche che cittadini di Gran Bretagna e Danimarca fanno parte del gruppo di prigionieri e ciò complica le relazioni tra Vecchio e Nuovo continente. Il segretario statunitense per la difesa, Donald Rumsfeld, ha smentito martedì 22 febbraio che i detenuti vengano maltrattati e ha respinto le accuse dei Paesi europei come completamente false. “Nessun detenuto ha mai sofferto trattamenti degradanti e la detenzione è corretta, umana ed appropriata. E sottostà alla convenzione di Ginevra sul diritto di guerra”. Considerando chiuso il capitolo diritti umani, vediamo di capire cosa è stato deciso a Tokyo per ricostruire l’Afghanistan. Il metodo per molti versi sembra riproporre una sorta di Piano Marshall all’afghana. Gli oltre 60 Paesi riuniti a Tokyo hanno raggiunto ieri notte un accordo nella seconda ed ultima giornata della conferenza internazionale sull’Afghanistan: concederanno un aiuto totale di 4,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per ricostruire il Paese. Poi si vedrà se bissare. Il governo afghano di transizione, diretto da Hamid Karzai, ha espresso tutta la sua soddisfazione e un gran desiderio che i fondi siano rapidamente messi a disposizione del Paese: “Siamo contenti del risultato raggiunto”, ha detto il presidente ad interim. “Spero che queste promesse si trasformino in realtà nei prossimi giorni, affinché possiamo mettere in moto la ricostruzione”. A Kabul, il governatore della Banca Centrale, Abdul Fitrat, ha garantito che i fondi non andranno a finire alle tasche dei soliti membri del governo afghano: “Stiamo lottando contro la corruzione”, ha detto alla stampa. Speriamo. La conferenza di Tokyo ha deciso di creare anche un comitato di applicazione dei fondi, proprio a Kabul, ed una nuova conferenza di coordinamento si terrà a marzo nella capitale afghana. “È una sorpresa per noi, non avremmo mai pensato che un giorno, a Tokyo, tutti questi Paesi si sarebbero riuniti per prometterci tanto denaro”, ha confidato all’Afp Torek R. Faradi, consigliere economico del governo afghano. Dei 61 paesi e 21 organizzazioni internazionali presenti nella capitale giapponese, i donatori più generosi sono l’Unione Europea (487 milioni di dollari entro fine 2002), gli Stati Uniti (300 milioni di dollari quest’anno), il Giappone (500 milioni di dollari in due anni e mezzo) e l’Iran (560 milioni di dollari in cinque anni). Altri donatori “importanti” sono l’Arabia Saudita (220 milioni di dollari in tre anni), la Gran Bretagna (288 milioni di dollari due anni e mezzo), la Germania (283 milioni di dollari in quattro anni), la Banca Mondiale e la Banca asiatica per lo sviluppo (entrambe 500 milioni di dollari in due anni e mezzo).

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