Welfare

“Fuori i bambini dalle carceri” ritorna l’appello

Terre des Hommes, A Roma Insieme – Leda Colombini, Bambinisenzasbarre e associazione Antigone denunciano i punti deboli della riforma del 2011 come l'innalzamento dell'età da 3 a 6 anni e la non promozione delle Case Famiglia Protette

di Antonietta Nembri

Torna a risuonare l’appello “Fuori i bambini dalle carceri italiane!”. Il fatto è che, benché siano passati due anni dalla riforma (legge 62/2011) e fra quindici giorni entra in vigore la legge che avrebbe dovuto chiudere per sempre le porte del carcere ai bambini i piccoli che rischiano di finire dietro le sbarre, di nascere o crescere in un carcere sono ancora molti. Ed è questa la ragione per cui Terre des Hommes, con A Roma Insieme – Leda Colombini, Bambinisenzasbarre e associazione Antigone riprendono l’appello “Fuori i bambini dalle carceri italiane!”

Le nuove norme – osservano –  non incidono davvero sul destino di molti bambini, anzi rischiano di fare peggio. Perché se prima della riforma i bambini che potevano essere detenuti con le mamme avevano massimo 3 anni, con l’entrata in vigore della nuova legge, rischiano di restare detenuti sino ai 6 anni.

Al 31 dicembre del 2012 – illustra un comunicato firmato dalle quattro associazioni  – erano “solo” 40 i piccini, presenti nei penitenziari italiani, al seguito delle loro mamme. «Tuttavia, benché i numeri del problema siano così esigui, sembra impossibile trovare soluzioni concretamente lontane dalla detenzione. E ciò- continua la nota –  nonostante lo stesso Comitato Onu per la Crc (Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia) abbia più volte evidenziato all’Italia la necessità di risolvere con urgenza questa delicata questione».

Ed ecco che le quattro associazioni rilanciano lo stesso appello che precedette l’approvazione di una legge di riforma sulla disciplina delle madri detenute con bambini, avvenuta nella primavera del 2011. Nonostante gli auspici degli operatori e gli stessi propositi del Parlamento, il testo, frutto di compromessi che ne hanno inficiato la reale portata, oggi non impedisce a decine di bambini di varcare la soglia di un carcere nel nostro Paese.

Sei i punti deboli della riforma che vengono sottolineati:
1. Permane il rischio concreto che il bambino venga detenuto con la mamma sia in via cautelare , sia in esecuzione pena, nonostante – per questa seconda ipotesi – siano state agevolate le condizioni per accedere ai domiciliari speciali
2. Si innalza a 6 anni l’età dei bambini che possono essere soggetti con le loro mamme a misure cautelari anche in carcere
3. Non viene garantito il diritto alla madre di poter assistere il figlio, in caso di malattia o ospedalizzazioni, per tutta la durata della stessa
4. Permane l’automatica espulsione della donna extracomunitaria irregolare, che abbia scontato la pena con tutte le conseguenze che questo implica sul figlio
5. Vengono finalmente introdotte dalla riforma le Case Famiglie Protette, realtà completamente sganciate dal mondo penitenziario, ma questo istituto non viene promosso (è escluso qualsivoglia onere a carico del ministero della Giustizia)
6. Si continua a puntare sulle Icam ( Istituti di Custodia Attenuata per Madri detenute),  quali uniche, vere alternative alla detenzione per le madri con bambini, pur trattandosi di strutture sempre e comunque detentive, per quanto attenuate.

Da qui nascono le richieste di Terre des Hommes,,  A Roma Insieme – Leda Colombini, Bambinisenzasbarre e associazione Antigone rivolte al ministero della Giustizia e al Parlamento.
Al primo  si chiede che «venga riconsiderato il piano di costruzione di Icam in diverse città italiane, nell’ottica di convertire risorse preziose in favore di quelle che, sì, dovrebbero essere la vera soluzione cui puntare: le Case Famiglia Protette. Chiediamo – scrivono le quattro associazioni – che ciò sia reso possibile stornando parte dei fondi destinati alla costruzione delle Icam in favore della effettiva attivazione delle Case Famiglia Protette, alla luce del principio di cui alla L. 62/2011 per cui le stesse sono previste “senza oneri aggiunti per lo Stato”»
A entrambi viene chiesto che «per quanto di loro reciproca competenza, di tenere conto di questi concreti rilievi, intervenendo per mettere fine alla detenzione dei bambini».
 


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