Fuori dal fango: gli studenti che fanno notizia

di Simone Chiaramonte

Due vicende contrapposte, un denominatore comune: il futuro del Paese. Mentre ad Olbia studenti, professori e genitori si rimboccano le maniche per liberare gli ambienti scolastici dal fango, a Roma la lettrice di un quotidiano – in una lettera citata dal Corriere della Sera – denuncia l’inciviltà di alcune scolaresche nel corso di una proiezione di un film incentrato sull’integrazione e la partecipazione.

Orgoglio e solidarietà – Dopo l’alluvione del 18 novembre aule e palestre di vari istituti sardi risultano inagibili; i computer, i banchi, le lavagne e gli strumenti nei laboratori, ricoperti dalla melma, rischiano di deteriorarsi. Attuali ed ex frequentatori delle scuole alluvionate, muniti di guanti, calosce, pale e secchi, decidono allora di attivarsi per liberare gli edifici, accorciare i tempi del rientro e custodire uno dei beni a loro più cari, come fa notare uno studente su La Stampa. Reti di solidarietà spontanee raggiungono anche le zone più colpite di Olbia. Ogni mattina infatti alunni di ogni età si suddividono in gruppi per aiutare le famiglie in difficoltà.

Maleducazione diffusa – Accanto all’esempio sardo la rubrica “Scuola di vita” del Corriere riporta un caso diametralmente opposto: studenti romani, messi di fronte ad un film ‘impegnato’, avrebbero manifestato un totale disinteresse verso la pellicola, disturbando il pubblico presente con schiamazzi e commenti volgari. Le ragioni sono facilmente individuabili. Ma se la maleducazione dei genitori o la incapacità di educare – della famiglia e della scuola – si ripercuote sui figli, in che modo si può sostenere quel transfer positivo che i prof speravano evidentemente di attivare?

Modelli a confronto – La soluzione è proprio nella cura degli spazi condivisi, come proposta di crescita e opportunità di plasmare il mondo circostante. Occorre, una volta per tutte, decretare il fallimento di metodi educativi incentrati su decaloghi delle buone azioni o – per contrasto – su formule e messaggi che invitano all’autoflagellazione. Se fossero efficaci, l’Italia sarebbe il Paese con il più alto livello di cultura civica. Gli studenti italiani hanno bisogno invece di analizzare i problemi e di individuarne le soluzioni, di sporcarsi le mani e di gioire per i risultati raggiunti. Come l’homo faber evolve trasformando la materia, così il cittadino matura attraverso la tutela dei beni comuni.

I mezzi ci sono ma vanno gestiti efficacemente. A partire dal nuovo insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, diffusamente ignorato o trattato con lo stesso approccio di una materia tradizionale. Per proseguire con i programmi di mobilità internazionale – sempre più diffusi a livello comunitario ma spesso sconosciuti a livello nazionale – che hanno il merito di interrompere cortocircuiti familiari. Senza trascurare quei progetti di educazione non formale che favoriscono lo sviluppo del pensiero critico, del rispetto e del senso di appartenenza. La formula è economica ed immediata: basta predicozzi, spazio all’impegno civico e creativo.


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