Sostenibilità

Fuga dagli Esg, Mario Calderini: «Disillusi, ma c’è chi non arretra»

Meta interrompe le politiche diversity, equity & inclusion, BlackRock lascia l'alleanza per l'azzeramento delle emissioni di gas serra. L'ecosistema della sostenibilità reggerà l'onda d'urto? Per il massimo studioso dell’impatto, «oltre la disillusione, è il momento per affrontare con coraggio alcuni nodi e ricercare un nuovo equilibrio». Il caso Unilever

di Daria Capitani

Allargare lo sguardo. Non perdere la bussola. Avere fiducia nella solidità dell’ecosistema. Parlare con Mario Calderini, storico studioso dell’impatto, professore del Politecnico di Milano, è come tracciare le linee tra i puntini dell’attualità. Li ha messi in fila uno dietro l’altro Giampaolo Cerri nella newsletter per gli abbonati ProdurreBene. Sono i segnali (e le scelte tradotte in azioni) che stanno cambiando lo scenario della sostenibilità e dell’impatto, una sorta di rinuncia a un sistema valoriale che si pensava unanimemente riconosciuto. Visti da vicino sono (appunto) puntini, visti dall’alto hanno una fisionomia nitida e ben riconoscibile.

I puntini

Marck Zuckerberg, fondatore e proprietario del più grande social network del mondo, ha interrotto tutte le politiche De&I diversity, equity & inclusion di Meta: significa rinunciare, in termini di attenzione da parte delle risorse umane, a parità di genere, differenze etniche e religiose, diritti lgbtq+. Ecco il primo puntino, che a leggerlo da solo sembra una voragine. «Era nell’aria da tempo», commenta Calderini, «da quando avevano iniziato ad arretrare dalle politiche sulla diversità marchi come Harley Davidson. A livello globale, si tratta di una reazione agli eccessi generati da scorciatoie semplici o interpretazioni vuote e opportunistiche da parte di molti attori del sistema economico». Insomma, Calderini se lo aspettava: «Lo avevo anche scritto, questo fenomeno si spiega con il ciclo strutturale delle emozioni, che al tempo dei grandi entusiasmi fa seguire sempre il tempo della disillusione. E riemergono quelli che non hanno mai smesso di essere contrari».

Il professor Mario Calderini.

Il professore fa riferimento anche al ciclo politico che oggi premia il populismo conservatore: «Le imprese si allineano allo spirito dei tempi anche nella sostenibilità, è un istintivo riposizionamento delle big corporation. L’altra questione che ha incominciato a delinearsi sullo sfondo è l’esplosione della litigation: contenziosi in cui le politiche diversity, equity & inclusion sono state accusate di creare isole di discriminazione al contrario, ovvero di difendere un gruppo facendone sentire esclusi altri».

Il secondo “puntino” si chiama BlackRock, il più grande gestore di patrimoni finanziari del mondo che ha deciso di uscire dalla Net Zero Asset Managers Initiative, alleanza di oltre 325 gestori di risparmi nata per supportare l’obiettivo dell’Onu dell’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2050. «Questa decisione va inserita nel contesto per comprendere che cosa significhi», spiega Calderini: «BlackRock è uscita dall’alleanza con una serie di segnali chiari di sottrazione da una logica di azione collettiva. Dal punto di vista fattuale, però, credo che continuerà ad allocare risorse importanti nell’ambito della finanza sostenibile. In generale, l’industria finanziaria statunitense sta tendendo a dichiarare meno esplicitamente quello che fa in termini di strategia di Esg perché molti operatori si sentono un po’ nel mirino della politica e delle autorità di regolamentazione e perché ci si aspetta una fase politica piuttosto ostile a questo tipo di posizionamento. È una logica di protezione da un’eccessiva esposizione, e di prudenza».

Il quadro d’insieme

Come dobbiamo leggere questa fase? «Non c’è una lettura unica. Da un lato sbagliavano quelli che consideravano l’esplosione delle politiche di sostenibilità come un fenomeno strutturale. Dall’altro sbaglia oggi chi pensa che sia tutto perduto. Dobbiamo guardare a questo momento storico come a una transizione di lungo periodo in cui capitalismo e società si riassesteranno. L’hype della sostenibilità era un fenomeno transitorio come è transitorio il fatto che il sistema oggi abbia iniziato a rilasciare degli anticorpi anche violenti contro la sostenibilità. Gli effetti li vedremo tra un po’ di tempo, con l’equilibrio che troverà il sistema». Per fare sostenibilità seriamente, continua Calderini, «è necessario affrontare con coraggio alcuni nodi come la necessità di riconsiderare il rapporto tra sostenibilità e profitti, che non è una favola rosa come molti avevano pensato. A un certo punto le imprese si sono accorte che la transizione era molto complicata a causa delle direttive, i consumatori hanno incominciato a percepire sulla propria carne viva i costi della transizione, e lo sconforto dei consumatori è stato immediatamente cavalcato dal conservatorismo populista che ha legittimato una presa di distanza della politica. Tutte queste tre cose insieme hanno contribuito a portarci in questa fase di arretramento e scetticismo».

È finita una moda? «Penso sia sbagliato parlare di moda. Piuttosto penso che questa sia un’occasione unica per ricercare un equilibrio più sensato per il futuro assetto». E se ci fossimo sbagliati? L’ecosistema della sostenibilità forse era meno stabile di quel che immaginavamo? «La stabilità del sistema è testimoniata da casi come Unilever, che non ha arretrato nemmeno di fronte a un importantissimo azionista che criticava duramente la pubblicità di una maionese definita “con purpose”. E non è l’unico esempio».

Albert Einstein diceva che chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. In un certo senso, è il messaggio che lancia il professor Calderini. «Il 2025 della sostenibilità dovrà essere segnato da due parole: integrità ed equilibrio. Integrità di ciò che si fa, del perché lo si fa e di come si misura cosa si fa; equilibrio nel tenere conto delle istanze vere che vengono dall’economia reale, dal mondo produttivo e da chi percepisce, legittimamente, che il dividendo sociale della transizione verde non sia distribuito equamente. Invece di arretrare tutti, è il momento di spingere con grande forza verso un integralismo ancora maggiore: facciamo pulizia sulla superficie e vediamo cosa c’è sotto. Io penso che ci sia molto».

Leggi anche:
La fuga dagli Esg e il ritorno della politica (sbagliata)
Addio agli Esg, l’economista Bruni: «La finanza è cinica»

Foto di apertura: AP Photo/Jeff Chiu, File – LaPresse

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.