Famiglia

FSE/DONNE: Chi venne prima, il Sesso o il Capitalismo?

Affollatissima assemblea plenaria sulle questioni di genere. Uomini e donne a confronto, ma la colpa è tutta del Capitalismo. Davvero?

di Barbara Fabiani

Firenze, Palazzo dei Congressi -FSE. Applausi, appalusi, applausi, ogni volta che si indicava il nemico delle donne: il capitalismo. Applausi, perchè la via ai diritti delle donne è nella sconfitta del modello neoliberista, di sfruttamento in nome del profitto, di un sistema economico che vampirizza servizi e opportunità per le donne. Unica via di uscita è la creazione di un “altro mondo (anticapitalista) possibile”. L’assemblea di questra mattina al FSE dedicata alle questioni di genere non ha avuto sempre il coraggio intellettuale del suo titolo : “Donne-Uomini: conflitto necessario per un futuro comune”. Strana bolla temporale quella che ha circondato questa mattina la platea di almeno 5mila persone, trascinati indietro di trent’anni a discutere la radice dell’oppressione femminile secondo i canoni del materialismo storico. E la frustrazione per l’esclusione sociale e l’iniquità di cui si nutre il neoliberismo sembra prevalere su tutto. Tanto che in un intervento una giovane straniera europea lancia un vecchio messaggio di solidarietà di classe, dice : “In questa società molto mi viene negato e non riconosciuto perchè sono una donna, ma mi rendo conto che lo stesso sistema sfrutta allo stesso modo gli uomini”. E poteva continuare così se non fosse stato per l’intervento di un uomo. “Potrei partire da un posizione neutra , quella di progressista o di democratico – si è presentato Stefano Ciccone dell’associazione romana “Maschile Plurale” – per dire che sono per dare maggiori spazi alle donne. Nessun uomo del FSE si immaginerebbe mai di dire il contrario”. “Io invece parto dalle riflessioni di un gruppo di uomini che hanno scelto di non avere una riflessione “neutra” ma di partire dalla cosapevolezza della “parzialità” degli uomini e di come questa identità maschile ha sempre condizionato e cercato di imporsi su quella femminile”. “Per questo motivo sarebbe troppo facile per noi uomini affrontare il potere maschile nella società solo a partire dal problema delle legge, delle istituzioni e del potere economico. Una lettura meno banale e riduttiva del potere deve guardare all’identità maschile e osservare le relazioni quotidiane , i linguaggi, la dimensione individuale. Questo chiede a noi uomini un impegno per un idea di libertà più complicata che non sia concedere uno spazio e difendere i diritti di qualcun altro”. E vogliamo parlare del “Movimento”? “Le forme di questo movimento esprimono poco la differenza tra i sessi”, continua Ciccone, “Io vedo un modo di costruire i cortei e la comunicazione politica in senso molto maschile ed esso stesso subalterno ad una certo modo di vivere il modello virile. C’� il leader, ci sono gli schieramenti. Questa cosa , secondo me , è un elemento di impoverimento per tutti”. Tornando ai messaggi di questa mattina. Dietro l’idea di anticapitalismo che tanto attraversa (con ragione) i movimenti sociali c ‘è una domanda di radicalità che, paradossalmente, nelle questioni delle donne ha un esito finale meno radicale: non va alla radice delle disparità di potere tra uomo e donna che attraversa le epoche e i sistemi sociali. “Io sono d’accordo per una critica anticapitalistica che vuole trasformare le relazioni economiche : ma non mi basta! – aggiunge Ciccone – Il conflitto di genere non si risolve attenuando il conflitto economico o il disagio sociale. Ci vuole una radicalità in più. ” Insomma, dietro al fatto che le donne oggi ancora guadagnano tra il 20 e il 30% in meno degli uomini, nelle stesse mansioni, e non hanno posizioni di vertice non c’è solo un datore di lavoro che sfrutta il lavoratore più debole, ma c’è una cultura virile che non riconosce il valore del lavoro fatto dalle donne; qualcosa che si è ripetuto in tutte le epoche, capitaliste o preindustriali.


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