Non profit
FSE 2003: Domani a Parigi comincia il Forum
Luigi Bobba (Acli) e Serge Latouche (economista) sul Forum sociale europeo. Il secondo incontro del movimento no global, che inizierà domani a Parigi e si concluderà il 15 con il consueto corteo
di Giulio Leben
Trattasi ufficialmente del Forum sociale europeo numero 2. Che coinvolgerà tre cittadine alle porte di Parigi, e il centro parigino: St. Denis e Bobigny, città-quartieri a nord della capitale, ospiteranno infatti le attività principali, essendo St. Denis la sede centrale del Forum. Mentre a sud a Ivry-sur-Seine sono previsti altri incontri.
Si parte dunque il 12 novembre, in quattro zone diverse, per accogliere i partecipanti: a Parigi alle 18:30 al Parco de la Villette; alle 18 a Piazza Jean Jaurès, St. Denis; a Bobigny alle 17:30 presso il Parco de la Bergère; alle 19 presso il Complesso sportivo Venise Gosnat a Ivry-sur-Seine.
A seguire, gli incontri e gli spettacoli: 55 plenarie, 271 seminari, oltre 300 ateliers (workshop). Per concludersi sabato 15 novembre, alle 14, a Place de la République a Parigi con il consueto corteo.
Sul sito del Forum (www.fse-esf.org), tradotto anche in italiano, molte le indicazione per raggiungere la destinazione desiderata; i programmi da scaricare; come iscriversi e non solo. E per chi volesse seguire il Forum online dall?Italia, sul sito di VITA uno speciale durante i giorni della manifestazione.
Non mancano, ovviamente alcune polemiche, e qualche scoop editoriale. Come il nuovo libro di Barnard Cassen (direttore generale di Le Monde Diplomatique e fondatore dell’associazione Attac). E’ stato infatti pubblicato nelle scorse settimane in Francia “Tout a commencé à Porto Alègre” (Tutto è cominciato a Porto Alegre), in cui l’autore ricostruisce la storia del Forum sociale mondiale da Porto Alegre fino a Parigi 2003, non risparmiando alcune critiche al movimento no global italiano.
Sul versante delle questioni locali, invece, l’uscita dal Forum dell’associazione SOS Racisme ha posto all’attenzione dell’opinione pubblica francese il problema dell’antisemitismo, fenomeno apparentemente in crescita in Francia. Proprio mentre si sono alzati gli scudi nei confronti dell’intervento di Teriq Ramadan (Présence musulmane), atteso per giovedì 13 alle ore 9 presso il Forum sociale europeo.
Tra gli italiani che parteciperanno invece: Guglielmo Epifani (CGIL), Antonio Negri (filosofo), Giampiero Rasimelli (Forum Terzo settore), Graziella Bestezzi (Psichiatria Infantile), Flavio Lotti (Tavola della Pace), Luciano Muhlbauer (Sin-Cobas), Piero Bernocchi (Cobas), Vittorio Agnoletto (Lila Cedius), Tom Benetollo (Arci), Don Luigi Ciotti (Gruppo Abele).
A introduzione del Forum, dunque, due interventi autorevoli e due esclusive dal numero di VITA non profit in edicola, Luigi Bobba (Acli) e Serge Latouche (economista), e alcuni link utili per seguire il Forum sociale Europeo di Parigi.
Perché non siamo a Parigi
di LUIGI BOBBA
Le Acli non saranno presenti al Forum sociale europeo di Parigi e vorrei spiegare su Vita il perché. Innanzitutto: era così difficile mettere uno straccio di frase in cui si diceva che, chi si riunisce a Parigi, ripudia la violenza? Forse sì, forse per qualcuno era così difficile perché, quel qualcuno, il passaggio contro la violenza non l?ha fatto. È questo che spiega la nostra assenza dal Forum sociale europeo, oltre al metodo con cui è stato costruito e organizzato quest?appuntamento.
Non è obbligatorio fare tutte le strade insieme, né stare in una compagnia quando mancano alcuni elementi di coerenza che per le Acli sono essenziali. In primis, il rifiuto netto d?ogni forma di violenza. Credo che sulla nonviolenza dei movimenti occorra il massimo di chiarezza. Non ci si può arrampicare sugli specchi, o fare mille distinguo come ha fatto Casarini su Repubblica. Quello che più mi ha colpito di Casarini è stato il suo sottilizzare, il suo scaricare la responsabilità su di una violenza che viene dallo Stato, il suo dire che, se in fondo c?è una reazione, è solo una reazione alla violenza istituzionalizzata. È qui il punto critico più importante: se le istituzioni, in alcuni casi, esprimono comportamenti violenti non si può reagire attraverso altrettanta violenza. Si deve controbattere con la forza del diritto. Perché se si scivola sul piano della violenza, poi può accadere di tutto.
Molto più chiaro, invece, è stato Bertinotti, soprattutto quando ha detto che non si può migliorare la vita di tanti, togliendone con la violenza anche una sola. Credo che questo sia il passaggio fondamentale, perché attesta che la scelta della nonviolenza non è negoziabile. Se non compiuta o non affrontata, può lasciare quelle zone d?ombra che poi rendono i movimenti più facilmente attaccabili. Anche perché quando non si fa chiarezza sul tema violenza, si lascia spazio agli strumentalizzatori. Nei movimenti c?è una pluralità, che però rischia di essere ricondotta nell?imbuto di un radicalismo antagonista, perdendo sia forza che capacità diffusiva. Ho l?impressione che stia accadendo qualcosa del genere.
Serge Latouche. A questo forum manca un?idea
intervista di RICCARDO BAGNATO
Si definisce economista eterodosso. “Per quanto conosco l?Italia”, ci dice a proposito delle recenti polemiche su Br e movimento no global, “capisco vi possa essere un tale dibattito in Italia, non in Francia. Noi non abbiamo avuto una tradizione brigatista? a dire il vero, non abbiamo avuto nemmeno una tradizione di gruppi nonviolenti. La nonviolenza non è un tema di cui si parla spesso”. Latouche, professore emerito dell?università Jean Monnet di Paris XI, preferisce parlare di quello che succederà a St. Denis, dal 12 al 15 novembre, in occasione del secondo Forum sociale europeo, e di ciò su cui ha riflettuto nel suo ultimo impegno editoriale Giustizia senza limiti (Bollati Boringhieri, 2003).
Vita: Che cosa farà Latouche al Forum sociale europeo?
Serge Latouche: Sono presidente di una piccola associazione, La ligne d?horizon, che fa parte di una rete, Le réseau pour l?Après-Développement? (Site du réseau pour l’après-développement), e con questa associazione avevamo chiesto di partecipare a due assemblee plenarie, due workshop e due seminari; quello che siamo riusciti a ottenere è un seminario cui partecipiamo insieme ad Attac. A dire il vero siamo un po? delusi. Abbiamo riflettuto se partecipare o no. Ma la sensazione è generale, si sentono tutti frustrati. Noi abbiamo un tema, cui teniamo e intorno al quale intendiamo aprire un dibattito, e cioè la ?decrescita sostenibile? (Institut d’études économiques et sociales pour la décroissance soutenable). Volevamo porre l?attenzione sul fatto che la crescita attuale non è più sostenibile, che nemmeno il cosiddetto sviluppo sostenibile è più sostenibile? e quindi mettere in dubbio la società della crescita, della performance, del successo, del consumo. Cambiare vita, per vivere meglio.
Vita: In concreto cosa vuol dire costruire ?la società della decrescita??
Latouche: Bisognerebbe, per esempio, iniziare a far pagare i trasporti pubblici per il loro costo reale. Non solo il costo del trasporto, ma anche dei danni climatici che tale trasporto produce. E smetterla di far pagare alle generazioni future i costi del nostro tenore di vita. Facendo in questo modo, infatti, i costi sarebbero probabilmente 20 o 30 volte più cari, ma avremmo la spinta per rivedere e rilocalizzare l?economia.
Vita: Una prospettiva non eccitante, anzi, un po? deprimente, abituati altrimenti?
Latouche: Certo, me ne rendo conto? ma non abbiamo scelta. O intraprendiamo questa strada o siamo costretti ad affrontare tali scelte con le guerre. Oggi combattiamo per il petrolio, domani per l?acqua e via di questo passo.
Vita: Insisto: un aut aut difficile da accettare.
Latouche: Le argomentazioni a favore della società della decrescita non convinceranno molti. Quello che convincerà, e che ha già convinto parecchi, sono le catastrofi cui siamo destinati, o che stiamo vivendo. Per essere contro gli ogm abbiamo avuto bisogno di mucca pazza, per renderci conto del pericolo climatico abbiamo avuto bisogno dell?ondata di caldo di quest?anno. Ciò che mi rende paradossalmente ottimista, però, è la dimensione delle catastrofi che ci aspettano, per cui anche coloro che fino adesso ne hanno tratto benefici, in futuro potrebbero rimetterci. È compito dell?intellettuale, oggi, contribuire a spostare l?opinione pubblica su posizioni più critiche nei confronti del nostro tenore di vita. È un po? quello che preconizza in Italia la Rete di Lilliput con l??impronta ecologica?. In Francia lo faremo in quell?unico seminario con Attac.
Vita: Quale ruolo ha avuto Attac Francia nella costruzione del Forum? Qualcuno li critica già per avere avuto un ruolo da padroni?
Latouche: Non ho motivo di dubitare della buona fede di Attac. Certo, ci sono state associazioni e persone che hanno tentato di monopolizzare il Forum, ma non certo Attac.
Vita: Ma il non profit francese sarà presente al Forum?
Latouche: Parzialmente. Ci saranno alcune ong. Al seminario parlerà un rappresentante di Artisans du monde (Artisans du Monde) un?organizzazione che si occupa di commercio equo e solidale e che è molto criticata in Francia.
Vita: Come mai è criticata?
Latouche: C?è un dibattito in Francia sul commercio equo e solidale. Alcuni pensano che non sia del tutto equo e poco solidale. Molti criticano la distribuzione dei prodotti equi e solidali nei supermercati.
Vita: In Italia Vita, il Forum del Terzo settore e il Summit della Solidarietà hanno promosso un disegno di legge per la deducibilità delle donazioni a favore del non profit. Lei è conosciuto per esser uno studioso del dono. Cosa pensa di questa proposta?
Latouche: Credo che non si possa criticare l?economia dominante senza opporre qualcosa con cui sostituirla. Credo per esempio che lo spirito del dono sia uno dei valori con cui si può e si deve offrire un?alternativa economica. Il problema infatti è: come rendere l?economia più giusta?
Vita: Sarà questo lo scopo del Forum?
Latouche: In realtà se posso fare una critica a questo Forum è che ci sono troppi incontri senza un filo conduttore. Un filo conduttore poteva ben essere il dono, la gratuità, o anche la nonviolenza. Dibattiamo da anni su cose su cui siamo d?accordo. Dovremmo piuttosto dibattere su ciò su cui non siamo d?accordo. Se no, a che serve incontrarsi per discutere?
Link utili:
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