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Fridays for future, la rabbia diventa energia rinnovabile
Ester Barel fa parte del movimento ambientalista giovanile italiano fin dai primi cortei nel 2019. Nel 2023 ne è diventata portavoce: «Tutti noi e l’ambiente non siamo due cose separate». Ascoltala nell'episodio n. 9 del podcast “Storie di volontari, storia d’Italia”
di Luca Cereda
«La crisi climatica, troppo spesso, viene vista come un problema che dovranno affrontare le nuove generazioni. Non è così! Le sue conseguenze sono qui ora ed è in questi anni, non in un futuro indefinito, che vanno messe in atto le soluzioni o sarà troppo tardi». Parole supportate dai dati scientifici e dalla cronaca quelle espresse con voce chiara ma ferma da Ester Barel, 20 anni, studentessa di Giurisprudenza a Milano e una dei portavoce di Fridays for Future italiani, movimento internazionale di protesta per la giustizia climatica ispirato da Greta Thunberg. Ester Barel è ospite della nona e conclusiva puntata della serie-podcast di VITA Storie di volontario, storia d’Italia in cui racconta le radici del suo attivismo e di quello della sua generazione per il clima: dalle discussioni a scuola e in famiglia agli incontri con le più alte cariche nazionali e internazionali. Eppure l’Italia non è esente dalle conseguenze della crisi climatica, come conferma l’aumento esponenziale del numero di eventi estremi. Basti pensare alle alluvioni dell’Emilia Romagna, delle Marche e di Ischia che hanno distrutto case e raccolti per miliardi di euro. Come agire, davanti a tutto ciò collettivamente e ciascuno nel “proprio piccolo” evitando l’eco-ansia? «Le soluzioni tecniche per risolvere la crisi ci sono e noi di Fridays For Future», ha raccontato Barel nel podcast, «ci attiviamo affinché vengano messe in atto. È necessario sbloccare le decine di progetti rinnovabili che la burocrazia e vecchi vincoli paesaggistici tengono fermi, promuovere l’efficientamento energetico e la creazione di comunità energetiche rinnovabili e solidali (Cers) – a cui VITA ha recentemente dedicato un podcast originale – , che ancora attendono l’attivazione. Le Cers restano una via fondamentale per attuare democraticamente una parte della transizione energetica e contrastare il carovita, ma c’è bisogno che tutti facciano la propria parte, anche perché ognuno di noi vede nei propri territori le conseguenze della crisi climatica. Occorre collaborare con chi governa, perché saremo noi giovani a pagarne i danni, economici e non, se non si agisce oggi. Ma anche arrabbiarsi quando serve, perché», ha concluso Barel, «la nostra rabbia è energia rinnovabile per questo Paese».
Dal futuro vescovo alla tuta bianca
Nell’episodio precedente abbiamo dialogato con Luca Casarini, ex leader dei disobbedienti e oggi capo missione di Mediterranea – ong che salva i naufraghi nel mare nostrum -. Un intervento che coniuga il volontariato e l’attivismo e l’impegno sociale in prima linea per le cause che toccano gli ultimi delle nostre città e gli ialini del mondo.
Nell’episodio 7, invece Giampaolo Cerri ha raccolto la voce di chi è stato in prima linea nel sisma che il 20 maggio di 12 anni fa colpì una vasta area della Pianura Padana, portando distruzione e morte. Fra i soccorritori che arrivarono nelle zone più colpite, c’era anche una colonna di protezione civile delle Pubbliche assistenze partita da Firenze in cui c’era l’attuale presidente Anpas, Niccolò Mancini.
La serie è iniziata con l’intervista ancora di Cerri a Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nella sua giovanile esperienza di volontario – era il 4 novembre del 1966 – proprio nel capoluogo toscano alluvionato.
Era stata quindi la volta di Fulco Pratesi, che aveva raccontato gli inizi del Wwf in Italia, a fine anni 60: un impegno per la natura che ha coinciso anche con una “conversione” personale, visto che Pratesi racconta d’aver intrapreso l’impegno animalistico da giovane cacciatore.
Dalla Milano da bere a Chernobyl
Nella terza puntata, Franco Taverna, di Fondazione Exodus, aveva invece ricostruito i giorni tragici dell’eroina in Italia, ripercorrendo il suo impegno al fianco di don Antonio Mazzi, negli anni 70 e 80, a Milano.
Con Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca, abbiamo ripercorso la Milano dei primi anni ’80 – “da bere” nella definizione della prima Repubblica – dove però non mancavano i nuovi poveri e i senza fissa dimora, a cui si dedicava fratel Ettore Boschini.
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Nel quinto episodio, Angelo Gentili, dirigente di Legambiente, che organizzò le prime missioni in Ucraina dopo la catastrofe nuclerare di Chernobyl, ha ricordato il Progetto omonimo e la mobilitazione di migliaia di famiglie italiane nell’accoglienza dei bambini bielorussi, russi e ucraini, per lunghi periodi di cura. La sesta puntata ha ospitato Silvia Maraone, giovane attivista delle Acli, che nei primi anni ’90 nei Balcani in guerra, si reca in Slovenia per prestare soccorso nel campo profughi di Novo Mesto che ospitavano i bosniaci in fuga. Un volontariato nato sulla scia di un impegno personale e familiare: l’accoglienza dei primi profughi in fuga da Mostar. Tra l’altro oggi Maraone si occupa ancora di Balcani, con l’ong Ipsia – Acli, a sostegno dei migranti che attraversano quei territori.
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