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Freccianera: l’Italia dei pendolari che nessuno sa ascoltare

Due treni si scontrano in Puglia: almeno 25 i morti, decine i feriti, ma le responsabilità, alla fine, saranno come al solito ridotte a zero. L'Italia dei treni locali è lo specchio di una realtà che i decisori non sanno più guardare. Intanto il popolo dei pendolari affolla il Policlinico di Bari per donare il sangue

di Marco Dotti

Chi viaggia con l'alta velocità non se ne accorge. I problemi per questa superclasse di gente senza più alcun rapporto con la realtà sono l'aria condizionata che funziona male, i ritardi di qualche decina di minuti, il wifi che fa le bizze, il cellulare che nelle gallerie non prende o, quando prende, la fidanzata che su whatsapp "non ti lascia in pace". Manager, politici, ministri di chissà quale infrastruttura, giornalisti: viaggiano così. Il loro mondo è un micromondo. È una nicchia dove vedono quello che vedono o quello che credono di vedere, dopo aver pulito il tablet e inforcato gli occhiali da sole. Ma fuori dai finestrini non sanno più guardare. Figuriamoci se sanno guardarsi dentro provando, oggi, almeno un po' di vergogna.

E ciò che non sanno guardare è un mondo. È il mondo della vita, fatto anche di treni pendolari che vanno a tutt'altra velocità, 40 gradi d'estate -5 d'inverno, carichi di gente semplice ma con ben altri problemi e che fa i salti mortali per timbrare il cartellino o riguadagnarsi, la sera, un posto a tavola con i suoi cari. Un mondo che tutti i giorni, in condizioni eroiche (basta con questi "eroi"!) per chi sta comodamente seduto su una poltrona davanti a schermo e tastiera, ma disumane per chi le vive sulla propria pelle, vorrebbe semplicemente viaggiare. Spesso questa gente non viaggia, ma tenta di farlo tra ritardi perenni, soppressioni di treni senza spiegazione, scioperi la cui ragione è più oscura delle terzine di Nostradamus e morti. Perché oramai i morti si contano uno al giorno, sulle nostre ferrovie: suicidi – veri o dichiarati tali – e incidenti di gente che consegnata al caos del viaggio o dell'attesa in stazioni senza traccia di controllo, di manutenzione o cura attraversa incautamente i binari. E poi c'è la sicurezza che non c'è, ma si fa finta di nulla e si finisce per credere ci sia. L'alternativa, minaccia la supeclasse dei frecciarossa, è la spending review, che equivale a dire: "ti lamenti? Ti taglio il treno". Per questo si dovrebbero vergognare.

Al cuore di questa Italia, quella vera non quella delle Frecce o degli Italo lanciati a 300 Km all'ora, c'è un'Italia che non sa che farsene dello storytelling politico-aziendale o del rancore dei salotti perché è talmente stanca che non ha nemmeno più la forza di parlare. Tutto attorno, c'è l'incuria e la responsabilità. La responsabilità di chi, a forza di chiacchiere sulla "modernizzazione mancata", in questi anni ha investito tempo, sprecato risorse, dilapidato energie e fiaccato un Paese inseguendo la chimera delle "Grandi Opere" – grottescamente con le maiuscole – dimenticandosi di tutto ciò che sta attorno. E alla fine, a pagare il conto, sono sempre gli altri. Quelli che attorno vivono, attorno sperano. E attorno, oggi, disperano. Quelli che non puoi vedere mentre "messaggi" con il tuo dirimpettaio che non sai nemmeno più guardare in faccia, mentre stai comodamente seduto su un frecciarossa.

Sulla linea a binario unico tra Andria e Corato gestita da Ferrovie Nord Barese, al momento, si contano almeno 25 morti e decine di feritii. Ancora una volta a pagare un prezzo altissimo sono i pendolari che ogni giorno si spostano per lavorare viaggiando su queste tratte abbandonate dalle aziende ferroviarie e dallo Stato, dove i sistemi di sicurezza non sono tecnologicamente adeguati. A Sud come al Nord, isole escluse: là è calato il silenzio.

Questa gravissima tragedia ferroviaria è però ben più dello specchio della grave situazione dei trasporti e delle infrastrutture nel nostro Paese. È lo specchio grottesco di un Paese che non c'è, ma che si illude di esserci. E al contempo è lo specchio tragico di un Paese che c'è, ma non sa per quale ragione c'è, né sa dove andare.

L'Italia vera, intanto, quella che le élites non vedono o fanno finta di non vedere si sta accalcando al Policlinico di Bari per donare il sangue, come si vede dalla foto inviataci da un nostro lettore. Da questa mattina, sono centinaia i pugliesi in fila per donare sangue. Hanno risposto all'appello e sono venuti. Ci sono gli studenti, gli specializzandi in medicina, ci sono gli operai edili. I pendolari, la gente comune risponde all'appello tanto che il direttore del Policlinico, Vitangelo Dattoli ha dovuto istituire un terzo turno di prelievo per far fronte alle offerte di sangue. La donazione di sangue è altamente esemplificativa della relazione di dono: è un dono per tutti, non per una singola persona. Davanti alla tragedia, i baresi hanno risposto così: donando.

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