Il nostro ministro degli esteri Franco Frattini spicca oggi il volo per l’Africa. Prima tappa in Mauritania con focus sul caso dei due italiani rapiti; poi Mali, Etiopia, Kenya, Uganda, Egitto e Tunisia. Insomma un vero e proprio “tour de force” di una settimana, in un continente vastissimo, con straordinarie potenzialità ma endemicamente afflitto da guerre, miserie e pandemie. Lo scopo è quello di rafforzare le relazioni bilaterali, mettendo sul tavolo alcune questioni scottanti e d’interesse comune. D’altronde sono sotto gli occhi di tutti alcuni inquietanti fenomeni come lo strapotere della Cina, tradizionalmente allergica all’agenda dei diritti umani e all’affermazione di piattaforme democratiche, come anche il rafforzamento di certe oligarchie africane avvezze al denaro e al potere. Frattini ha lavorato a Bruxelles e sa bene che l’Europa deve uscire dal letargo definendo politiche unitarie d’intesa con gli stati membri e l’Unione Africana. L’Italia in particolare è chiamata in causa soprattutto nel Corno d’Africa dove la questione somala, come anche la “guerra fredda” tra Eritrea ed Etiopia, esigono un rilancio delle iniziative diplomatiche e della cooperazione. Inutile nasconderselo ma i gravi fatti di Rosarno, venuti alla ribalta in questi giorni, richiedono un discernimento non solo sulla sicurezza, ma anche riguardo agli aiuti da destinare a popolazioni costrette a sopravvivere in condizioni subumane. Detto questo, vi sono due questioni cruciali per il nostro governo. La prima riguarda direttamente Frattini che all’inizio del suo mandato aveva deciso di mantenere per sé, oltre la competenza sulla Cooperazione, anche quella sull’Africa Subsahariana. Una scelta collegata alle priorità che l’Italia intendeva assegnare al G8 dell’Aquila, tra le quali figurava la lotta alla povertà. Ma ora che la presidenza italiana è scaduta, soprattutto nei circoli della cooperazione allo sviluppo, si avverte il bisogno di un politico a tempo pieno per l’Africa Subsahariana. Nel passato, ex sottosegretari del calibro di Rino Serri, Alfredo Mantica, come anche l’ex viceministro Patrizia Sentinelli, hanno seguito le vicende africane con grande passione e professionalità, viaggiando in lungo e largo nel continente. Vi è poi una seconda esigenza, emersa nei mesi scorsi, quella di procedere alla nomina di un inviato speciale dell’Unione Europea nel Corno d’Africa. Sono state molte le cancellerie che hanno indicato Mario Raffaelli come possibile candidato. Figura di spicco e grande protagonista con Sant’Egidio del negoziato di pace in Mozambico, ex inviato speciale del nostro governo in Somalia, Raffaelli ha ricoperto recentemente il delicato incarico di coordinare una commissione, nell’ambito del G8, sul rafforzamento delle operazioni di peacekeeping in tutto il mondo e in particolare in Africa. Un personaggio come Raffaelli potrebbe davvero essere provvidenziale, considerando che la sua visione politica s’è sempre dimostrata veritiera. E i primi a riconoscergli questo merito sono stati diplomatici di altissimo livello e tanti autorevoli missionari.
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