A modo suo Spike Lee è onesto. Dichiara le proprie intenzioni fin dall’inizio mostrando John Wayne in un film bellico diretto quando ancora “reggeva” l’epopea classica. È in quella citazione che ci pare di trovare la chiave di Miracolo a Sant’Anna : spiega la volontà di tratteggiare l’eroismo di tanti afroamericani durante la Seconda guerra, che, pur essendo considerati cittadini di serie B, vi parteciparono creando le basi per un futuro più giusto in patria.
Da qui deriva il disegno ampio (ricco di digressioni perché tutto, proprio tutto sia chiaro) e volutamente retorico della pellicola, sostenuta dall’esigenza di rendere onore alla componente sociale cui Lee appartiene e della quale è, sin dagli esordi, cantore appassionato e per lo più intelligente. In questo caso, però, al posto delle contraddizioni contemporanee delle quali si occupa solitamente e con efficacia, il regista di La venticinquesima ora affronta la Storia, cioè quell’insieme di eventi complessi ai quali ci si rivolge per comprendere il presente. Nel far ciò, si avvale di una struttura quasi “cristologica” che narra il sacrificio dei neri, rileggendolo come un passaggio obbligato. Partiti da un Paese ancora segregazionista, quei soldati contribuirono, molto spesso con la loro vita, al buon esito del conflitto, e quindi alla fine dei regimi nazionalisti, ipotecando, al tempo stesso, la loro integrazione in patria. È questa struttura che spiega il continuo riferimento a Dio. Evocato, pregato, criticato perché assente, è senza dubbio un “personaggio” (se così si può dire) centrale. È in rapporto a Dio che si spiegano le caratteristiche e le idee, la psicologia e i comportamenti di questi fratelli in trincea, non sostenuti dagli ufficiali bianchi che li abbandonano in un piccolo paese dell’Appennino toscano (dove incontrano e salvano Angelo, scampato alla strage di Sant’Anna).
Certo una lettura molto forte. Per taluni aspetti esasperata e volutamente parziale. Ma tant’è: in tempi di frammentazione del racconto, si può rilanciare l’epopea soltanto tentando di recuperare una dimensione autenticamente forte: il sacrificio dei soldati neri è modellato su quello di un altro Sacrificio; allo stesso modo il tradimento del partigiano (un fatto non storico, sul quale, giustamente, si sono concentrate le polemiche) riporta alla mente un altro tradimento. È ambizioso Spike Lee. E a suo modo coraggioso. Il suo film però, nonostante momenti ottimi, alla fine è irrisolto, disequilibrato, con troppe fughe. Al regista, incapace di governare l’epopea, è rimasta tra le dita solo la retorica…
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.