Cultura

Franco Bomprezzi: “Al giornale mi avevano confinato in un acquario. Decisi di uscirne”

Che cosa facevo io dieci anni fa...

di Franco Bomprezzi

Dieci anni nella memoria giocano brutti scherzi. È un periodo lungo ma non troppo, eppure la velocità della trasformazione, le tante scelte compiute, le svolte di un?esistenza mai quieta, rischiano di confondere i dettagli, di offuscare il ricordo. Per me quel 1994 fu l?anno di una grande scelta professionale e personale. Mi mancò il respiro. Nel vero senso della parola. Alla mia ordinaria disabilità di giornalista a rotelle si aggiunse, imprevista e rovinosa, una forma di insufficienza respiratoria grave, che tuttora mi costringe, nottetempo, a utilizzare un ventilatore polmonare. Allora fu uno choc, e un momento di crisi nel lavoro. Ero nella redazione del Mattino di Padova, affollata e, a quei tempi, molto fumosa. Mi trovarono, dopo la convalescenza, uno spazio quasi protetto, una specie di acquario di vetro, dietro il quale, assieme a pochi altri colleghi, svolgevo le mie mansioni di caposervizio, passando pezzi, titolando, disegnando pagine, controllando il lavoro altrui. A 41 anni mi sentii improvvisamente in gabbia, invecchiato prima del tempo. Vedevo oltretutto, intorno a me, crescere la necessità di una informazione sociale nuova, completa, originale. Mi accorgevo che il mondo della disabilità, del quale mi ero sino ad allora occupato marginalmente, veniva totalmente trascurato, e spesso travisato, dai media. Erano trascorsi appena due anni dalla legge quadro del 1992, che introduceva nuove speranze e nuovi diritti, e disegnava un Paese nel quale sentirsi cittadini, in famiglia, nella scuola, nel lavoro, nel tempo libero. Ebbi voglia di occuparmene in modo nuovo e libero, uscendo da quella protezione di vetro, non senza dispiacere, tanto era il legame, anche affettivo, che mi consigliava di rimanere tranquillamente nella mia redazione. Ma ero convinto della mia scelta. Un anno dopo lasciai il Mattino e mi trasferii a Milano, ma la decisione maturò in quel 1994. E quando vidi Riccardo Bonacina lanciare Vita gli scrissi subito, per dargli la mia piccola disponibilità a scrivere per il settimanale. E sono orgoglioso che il mio nome compaia da allora fra i collaboratori della rivista, anche se il mio contributo è stato sempre minimo. Dieci anni fa, quasi una ?vita?.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA