Mondo
Francia: i giovani vogliono essere protagonisti, non essere assistiti
Quello che è andato in tilt è un modello sociale basato sull'aiuto top-down: «L'impianto delle politiche è quello neo-liberale dominante, che affida l'uscita dalla crisi alle dinamiche di mercato e poi fa qualche intervento assistenziale per alleviare. Invece i giovani hanno bisogno del messaggio "sei importante per me", basato sulla valorizzazione delle loro competenze, che potrebbe fare di molti ragazzi che vivono nelle banliueues gli ambasciatori di un rinnovato rapporto con i Paesi di origine delle loro famiglie». L'analisi dell'etnografa Marianella Sclavi, esperta della gestione dei conflitti
Nell’interpretare la rivolta incendiaria dei ragazzi delle banlieues in atto in questi giorni in Francia, così come gli scioperi nazionali e locali contro l’aumento dell’età pensionabile (da 62 a 64 anni: ma “sono pazzi questi francesi?”) e ancor prima la rivolta dei gilet gialli, bisogna tener presente che nel mondo, e in particolare nell’occidente, è in atto un cambiamento epocale. Per cui la rivolta del 2023 ha ben poco a che vedere con quella del 2005, così come gli scioperi di mesi di aprile e maggio, anche se cavalcati dai sindacati, hanno ben poco a vedere con l’impianto delle rivendicazioni sindacali tradizionali.
Dal 2005 al 2023 c’è di mezzo la crisi finanziaria del 2008, le crisi sistemiche ambientali e sanitaria, la guerra in Ucraina e le ripercussioni in ogni parte dl mondo di tutto ciò, in particolare nei Paesi africani e come corrispettivo, la caduta della credibilità di una rappresentanza politica chiaramente impotente, priva di una visione adeguata al mondo nuovo di cui dovrebbe favorire la nascita. In Francia dal 2005 in poi, ci sono state due tipi di riforme con impostazioni polarmente contrapposte. Da un lato l’aumento nei quartieri in crisi degli interventi strutturali: scuole, “case di quartiere”, centri di ascolto, giardinetti per abbellire e la moltiplicazione delle forme assistenziali. Attualmente le spese per l’assistenza alla povertà e disoccupazione raggiungono i 40 miliardi annui. Ma l’impianto delle politiche è quello neo-liberale dominante, che affida l’uscita dalla crisi alle dinamiche di mercato e poi fa qualche intervento assistenziale per alleviare. Dall’altro lato, è cresciuta la consapevolezza del fallimento di questo approccio: la disoccupazione strutturale aumenta invece di diminuire e riguarda quasi tre milioni di persone, e hanno preso piede le proposte di quelle organizzazioni che da decenni nella società civile sono contro le mense dei poveri e in generale contro l’assistenzialismo in nome del diritto al co-protagonismo, dell’aiutare le persone ad auto-aiutarsi. Fra le più autorevoli: Atd Quart Monde dove Atd sta per “Agir Tous pour la Dignité”.
I giovani hanno bisogno del messaggio “sei importante per me”, basato sulla valorizzazione delle loro competenze e dei loro saperi, a partire dalla conoscenza di più lingue, che potrebbe fare di molti giovani delle banliueues gli ambasciatori di un rinnovato rapporto con i paesi di origine delle loro famiglie. Dare fuoco agli autobus è per loro un’uscita dalla noia, dal disinteresse e dall’anonimato, è vivere finalmente una sfida contro un potere sordo alla loro esistenza
Marianella Sclavi
Da questo punto di vista la legge del 2016 che ha istituito i “Territori Zero Disoccupazione” (la sigla francese è: Tzcld, Territoires Zero Chomeur Long Durée), votata alla unanimità dal parlamento francese e rilanciata con una legge del 2020, è una tipica antinomia da crisi epocale in atto. Si potrebbe anche sostenere che è il segno di una classe politica che non sapendo che pesci prendere, attinge pazzamente ovunque, ma sta di fatto che l’impianto di questa legge è capovolto rispetto a quello neo-liberale, in quanto affida agli attori delle comunità locali i “pieni poteri” per la creazione di posti di lavoro secondo tre convinzioni:
1. Chiunque ha desiderio di lavorare, è in grado di farlo. Tutti coloro che sono permanentemente senza lavoro possiedono know-how e competenze.
2. Non è il lavoro che manca, a mancare sono i posti di lavoro. Molte sono le esigenze della società non soddisfatte.
3. Il costo per la collettività è zero, perché si tratta di attingere in modo virtuoso ai fondi stanziati ogni anno per far fronte alla disoccupazione e alle sue ricadute.
Su questo sfondo, al quale si devono aggiungere le esperienze di democrazia deliberativa (i dispositivi del dibattito pubblico presenti in Francia dal 1995, e le Convention Citoyen a partire dal 2019 ), le lotte di cui sopra vanno intese come degli acceleratori di un cambiamento che già c’è ma che è ancora troppo timido, troppo avversato e in atto solo a macchie, solo in alcuni territori più predisposti e preparati.
Un cambiamento che parte dalla constatazione che l’aumento delle strutture non è sufficiente a garantire il diritto all’ascolto e alla valorizzazione personale la cui assenza è la prima ragione dello scontento e della ribellione. I giovani hanno bisogno del messaggio “sei importante per me”, basato sulla valorizzazione delle loro competenze e dei loro saperi, a partire dalla conoscenza di più lingue, che potrebbe fare di molti giovani delle banliueues gli ambasciatori di un rinnovato rapporto con i paesi di origine delle loro famiglie. Dare fuoco agli autobus è per loro un’uscita dalla noia, dal disinteresse e dall’anonimato, è vivere finalmente una sfida contro un potere sordo alla loro esistenza.
Al pari della rivendicazione del rifiuto dei “lavori di merda”, non creativi , ampiamente presente negli scioperi sindacali, siamo dentro un universo che chiede un salto di qualità della vita e un salto di democrazia. Anche in Italia da decenni sono in corso esperienze alternative all’assistenzialismo come Goel nella Locride , il circuto nazionale dei Piccoli Comuni del Welcome a partire da Benevento, le cooperative di creazione di lavori utili alla comunità del Cadore, ma da noi il salto a Tzd (Territori Zero Disoccupazione ) non si vede perché l’ottica novecentesca assistenziale è ancora totalmentre dominante, sia nel campo politico che nella società.
Per questi motivi noi tendiamo a interpretare queste lotte come una moltiplicazione dei Black block, mentre sono lotte contro la convivenza vegetativa, lotte in cui (altro slogan ) dei Tzd “la fine del mese e la fine del mondo” sono ugualmente importanti.
*Marianella Sclavi, etnografa esperta della gestione creativa dei conflitti, autrice del libro “La signora va nel Bronx”, vive molti mesi all’anno in Francia
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