Mondo
Francesco incontra la Milano double standard
Il Papa andrà in via Salomone, tra le Case bianche del Lotto 64. Uno dei tanti complessi di edilizia popolare degli Anni Settanta che cingono i limiti della città
«Milano è un doppio standard», cantavano i Casino Royale, una delle voci più rappresentative della città. Un gruppo che in ogni nota e parola del proprio repertorio è sempre riuscito a catturare e condensarne l’essenza. In Milano Double Standard Aliosha, il frontman – al secolo Alioscia Bisceglia – canta: «bambini cresciuti troppo in fretta, arrivano, giocano, seminano il panico, osservano e sul muro scrivono. Lui è al sicuro, pensa, perché è ricco. Niente da perdere, niente paura. Tu dammi, dagli, dacci, quattro mura, dagli una casa, una storia più sicura».
Il brano è del 2004 ma fotografa una situazione che è rimasta la stessa. Da un aparte la Milano del centro, delle luminarie, della moda, del business e delle palme in Piazza Duomo. Tutto intorno quartieri duri. I “blocchi” fatti di case popolari, di fame e di disagio. Dal Corvetto al Gratosoglio. Dalla Barona a Quarto passando per Comasina fino allo Stadera. Una cintura che gira intorno alla città, generata dalla strada popolare all'edilizia, iniziata con il fascismo e perseguita fino agli anni '70. Una Milano che, dicono i numeri, conta 13 mila bambini che soffrono la fame. Una geografia che ha anche visto casi famosi, come L'Alveare, le case bianche di Rogoredo che diventarono celebri grazie ad un inquilino che era anche rapper e che ne cantò la condizione fatta di fame e amianto.
Il bianco torna spesso. Ci sono le case bianche di Gratosoglio. E poi le case bianche del Forlanini, storicamente conosciuto come villaggio Trecca. Quelle di via Salomone. Milleduecento persone per 536 famiglie. Il 60% italiani e il resto stranieri di tutte le etnie, meno i cinesi. Centocinquanta persone con precedenti di polizia, 5 agli arresti domiciliari, 2 sorvegliati speciali e persino il «nonno», classe 1940, con il braccialetto elettronico.
Numeri importanti ai quali si sommano i 50 alloggi occupati abusivamente, con dentro circa 150 persone, di cui una ventina di rom di etnia sinti, venuti qui direttamente dal campo nomadi di via Bonfadini.
È qui che Papa Francesco ha deciso di iniziare la sua visita di Milano, forse perché l’arcivescovo Angelo Scola è rimasto molto colpito dalla situazione e ne ha parlato spesso.
Cosa troverà il Pontefice? Una muraglia bianca, scrostata, che picchia verso il cielo, a ridosso della ferrovia, con i cortili a buche alterne, carcasse di motorini e vecchie tv. Per non parlare degli allacciamenti abusivi fai-da-te, citofoni sfondati e ingressi sempre aperti. Palazzoni a nove piani che formano un’acca, dal civico 28 al 66.
Le case di via Salomone
E poi incontrerà chi, in questa situazione prova a fare la differenza. La parrocchia è attivissima e dentro il complesso ci sono un Centro Caritas e perfino una piccola comunità di suore. I volontari sono la salvezza degli anziani bloccati al nono piano dagli ascensori fuori servizio.
Un double standard quello di Milano che le amministrazioni cittadine che si sono succedute negli anni hanno per lo più aumentato. Sindaci borghesi e milanocentrici hanno sempre più lustrato l’argenteria cittadina dimenticandosi di quello che succedeva nei seminterrati.
E allora a risolvere i problemi ci devono pensare la società civile e l’associazionismo. La Caritas Ambrosiana fa girare a pieno regime un macchina dell’assistenza di 1.500 operatori e 7 mila volontari, nelle parrocchie della diocesi, che è enorme e ben più estesa di Milano, ci sono 320 Centri di ascolto cui si rivolgono circa 60 mila persone. E poi il Banco Alimentare, le mense per poveri in tutta la città, i tanto progetti delle onlus. Anche questa volta più che il Comune faranno i cittadini. È pronto un piano da 25 milioni per le periferie: 12 li ha già stanziati, appunto, la Fondazione Cariplo, tre Intesa Sanpaolo, quattro la Fondazione Vismara. In attesa che cambi qualcosa.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.