I benefici della musica
Francesco: «Dopo la diagnosi di Parkison, ho ripreso a suonare (con mio figlio)»
Papà attivissimo nell'associazionismo neuromuscolare per il figlio con distrofia muscolare, un paio di anni fa Francesco scopre di avere il Parkinson. Ricomincia a comporre, dirigere e suonare nel complesso Sanità Pubblica. Band dove il figlio è batterista. «Mi ha immediatamente giovato. E sono felicissimo mio figlio abbia questo talento. Come Baremboin, anche io avrò sempre la musica nel cuore»

«Dopo la diagnosi di Parkinson ho ripreso a suonare, arrangiare, cantare e dirigere il coro, assieme a mio figlio con distrofia muscolare. Lui è alla batteria. Mi ha immediatamente giovato, sotto tutti i punti di vista, anche per la logopedia». Così recitava il messaggio ricevuto in diretta. Parole che mi hanno fatto venire il nodo in gola e leggerle fino alla fine, senza interruzioni, non è stato facile. Era in corso la Giornata nazionale del Parkinson, una fitta mattinata di lavori organizzata dalla Fondazione Limpe per il Parkinson con ricercatori, clinici, associazioni, pazienti e familiari. Dal pubblico connesso stavano arrivando spunti di discussione interessanti, dedicati al «benessere, cura e progresso nella ricerca sulla malattia di Parkinson», tra cui appunto la musica, eseguita, fruita e ballata.
L’autore del messaggio è Francesco Ieva, torinese e papà di Gabriele, un ragazzo di 23 anni con distrofia muscolare di Duchenne. Lo abbiamo risentito in seguito all’annuncio del pianista e direttore d’orchestra Daniel Baremboin di avere il Parkinson (la nota diffusa dalla sua Fondazione è qui). L’argentino aggiunge di avere «intenzione di mantenere tutti i miei impegni professionali nella misura in cui la mia salute me lo consentirà» e ancora «continuerò a dirigere finché la salute me lo permetterà».
«Lo capisco eccome» commenta Ieva con grande commozione: «Crede che non pensi a tutte le cose che faccio oggi e magari non potrò più fare domani? Ho un taccuino sul comò e, se di notte mi sveglio, annoto le melodie che stavo sognando. A volte sono bellissime. Continuerò per sempre a suonare, anche nel caso non dovessi più riuscire fisicamente a farlo, perché esse sono nella mia mente e ci saranno sempre».
La musica è diversa da ogni altra attività umana, ci racconta Francesco che è un autodidatta e suona la chitarra e la tastiera fin da quando aveva sei anni: «La musica è un fatto strano, è qualcosa che hai dentro» dice e subito aggiunge: «Sono super contento che anche mio figlio Gabriele abbia questo talento, ora tutto sta ruotando intorno a lui». Il grande impegno di Francesco Ieva nell’associazionismo, infatti, lo ha portato a fondare Altrodomani, associazione a sostegno di pazienti con malattie neuromuscolari e disabilità in genere, e a lavorare per la costituzione della neonata Consulta delle malattie neuromuscolari Ets, di cui è segretario.

Ricorda ancora il suo maestro di musica, «un torinese tutto d’un pezzo, pochi sorrisi, ma capace di tenere a bada sessanta bambini con uno sguardo». Da allora la passione per il canto corale e la musica non lo hanno più abbandonato. «Da ragazzino, a sedici anni, registravo con un videoregistratore le canzoni del festival di Sanremo, ne facevo basi midi che poi rivendevo ai negozi di musica. Suonavo regolarmente ai matrimoni e nei pianobar con un gruppo» ricorda. Poi il lavoro, la famiglia, i figli. Il tempo viene a mancare e la musica si continua ad ascoltare, ma non la si esegue più.

È stato anche grazie al figlio che Francesco, due anni fa, poco dopo la diagnosi di Parkinson, ha ricominciato a suonare, ad arrangiare e a dirigere. Ora suona con il figlio nel complesso Sanità Pubblica Band dove Gabriele suona la batteria, ci dice con orgoglio il papà che ha messo in piedi anche un coro di giovani, dove canta la sorella di Gabriele, Mariachiara di 18 anni.
«Suonando rifletti, la mente vaga e poi si svuota, ci si ritrova in uno stato di rilassamento senza eguali. Ma quello che più di tutto la musica ti regala è quella fantastica sensazione di quando le cose suonano bene e la gioia che deriva dal rendere felice chi ti ascolta. Per questo, alla perfezione distaccata, preferisco di gran lunga un’esecuzione con qualche imperfezione ma che sia vissuta».
«La musica, inoltre, mi ha subito sciolto la dizione che ora è più fluida grazie alle ridotte difficoltà muscolari nell’articolare le parole» racconta Ieva. La musicoterapia, intesa come l’uso clinico della fruizione musicale, della sua esecuzione e composizione, è infatti molto più dell’ascolto guidato di brani musicali. Essa è applicata nel Parkinson per contrastare le rigidità muscolari e i disordini del movimento, nella riabilitazione motoria, si pensi al coordinamento richiesto per l’esecuzione di semplici movimenti ripetitivi e ritmici della danza con la musica. Il ritmo musicale migliorerebbe la memorizzazione e l’esecuzione delle sequenze motorie grazie alla ritmica attivazione sequenziale delle aree motorie. Inoltre, il canto corale aiuta i pazienti con sindrome di Parkinson affetti dalla sindrome della maschera, anche nota come «Poker Face». Il progressivo irrigidimento dei muscoli facciali rende questi soggetti amimici. Un volto statico, incapace anche di rispecchiare le emozioni altrui come naturalmente accade, non fa quindi che ostacolare la comunicazione interpersonale e contribuire a disconnettere questi pazienti dal mondo. Inoltre, può essere di aiuto per migliorare i problemi vocali e respiratori dei pazienti parkinsoniani disfonici e disfasici.
Infine, l’arte arriva diritta al cuore e può essere un valido supporto per grandi battaglie: «Con Sanità Pubblica Band, abbiamo composto un pezzo che si intitola Senza Barriere, contro le barriere fisiche, mentali, culturali» racconta Francesco. «Una canzone per abbattere gli impedimenti fisici e culturali che limitano la vita di tutti». Eccola qui:
«Siamo fatti di cose e di idee e vorremmo diffondere un nuovo modo di intendere la vita» conclude Francesco, ricordando le parole del brano: «In un mondo che corre e non guarda nessuno, c’è chi lotta ogni giorno, ed è più di qualcuno. Abbatti i muri a colpi di mente, son le barriere nel cuor della gente; è la cultura che deve cambiare, senza barriere ho più voglia di andare, senza barriere ho più voglia di amare».
Foto Francesco e Gabriele Ieva.
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