Parigi2024
Francesco Bettella, quando l’acqua rende liberi
Francesco Bettella arriva alla sua quarta Paralimpiade come campione del mondo nei 50 metri dorso categoria S1. «Noi atleti paralimpici abbiamo il compito di mostrare ai ragazzi che fare sport, anche con una disabilità severa, può dare una svolta alla propria vita»
Allenamenti quotidiani, in vasca e in palestra: è questa la ricetta vincente per Francesco Bettella, campione del mondo nei 50 metri dorso categoria S1 – quella riservata agli atleti che hanno una perdita significativa della potenza muscolare e del controllo degli arti – che alle Paralimpiadi Parigi 2024 entrerà in vasca il 29 e il 31 agosto, per disputare rispettivamente i 100 e i 50 metri dorso.
«Il mio obiettivo principale è quello di raggiungere ancora una volta il podio», spiega Bettella. «Confermare i miei tempi dell’ultimo periodo sarebbe fantastico. Non è una cosa da poco ma ci proverò».
Per il trentacinquenne padovano quella di Parigi è la quarta partecipazione alle Paralimpiadi: «È il frutto del lavoro di anni di allenamenti, in cui ci sono tappe di avvicinamento importanti come i campionati europei e i mondiali. Durante gli allenamenti mi concentro sulle gare in cui ho prestazioni migliori rispetto ai miei avversari mondiali». Si ferma un attimo, sorride e ammette: «è il mio carattere competitivo ad avermi portato fin qui».
La neuropatia assonale
A due anni Bettella inizia a camminare ma i genitori notano subito che trascina un piede. Si scopre che la causa è una neuropatia assonale, una malattia genetica rara che con il tempo si estende dagli arti inferiori a quelli superiori. Francesco non si arrende e proprio grazie al suo carattere competitivo oltre a raggiungere ottimi risultati nello sport (terzo posto 50 e 100 dorso alle Paralimpiadi di Tokyo 2020; secondo posto 50 e 100 dorso a Rio de Janeiro 2016 e quinto posto 200 stile libero e settimo posto 100 stile libero a Londra 2012) si laurea in ingegneria meccanica, con una tesi sull’analisi strutturale del telaio di una carrozzina per giocare a rugby; frequenta un dottorato in neuroscienze, che terminerà il prossimo dicembre e diventa consigliere della Federazione italiana nuoto paralimpico.
La differenza? Solo nei tempi dello spogliatoio
Francesco entra in vasca per la prima volta a 3 anni. Inizia a praticare nuoto agonistico a 15 anni, misurandosi per la prima volta con altri atleti con disabilità. «Ho avuto la mia prima convocazione in nazionale a 20 anni», spiega, «e conquistando le prime medaglie ho capito che quella era la mia strada e che volevo inseguire il sogno delle paralimpiadi. Il nuoto è uno sport individuale dove il vero avversario è il cronometro. Gli allenamenti per noi atleti paralitici non sono diversi da quelli dei colleghi olimpici: a cambiare sono i tempi di spogliatoio. Io ogni giorno ho circa un’ora e mezzo di cambi in spogliatoio, che devo aggiungere alle due ore di allenamento in vasca o all’ora il palestra».
Vivere il Villaggio olimpico
Prima della partenza per Parigi, a luglio, gli allenamenti sono stati carichi di emozione soprattutto perché, come spiega Bettella: «veniamo dall’esperienza particolare di Tokyo 2020 dove a causa della pandemia siamo stati isolati nel Villaggio olimpico per evitare contagi. Invece, il Villaggio è per noi atleti il luogo dell’incontro, della condivisione e della costruzione di nuove amicizie anche con atleti di altre discipline. A Parigi potremo finalmente tornare a viverlo in piena libertà. Il momento dei pranzi, per esempio, mi piace molto perché si ha modo di conoscersi senza l’aspetto competitivo anche se, ripeto, nel nuoto l’avversario è il tempo. L consapevolezza di essere alle Paralimpiadi arriva con la cerimonia di apertura: quando si accende la torcia olimpica si prova l’emozione di essere arrivati a concretizzare gli sforzi fatti durante gli allenamente».
Lo sport, svolta di vita
La sensazione di libertà e leggerezza rispetto alla sua neuropatia, Bettella confessa di provarla solo quando entra in vasca. «Superare la disabilità non è facile, ma occorre non sentirsi diversi», conclude. «Noi atleti paralimpici abbiamo anche una missione sociale, rivolta a tanti ragazzi con disabilità più giovani di noi. Abbiamo il compito di mostrare che fare sport, anche con una disabilità severa, può dare una svolta alla propria vita. Questa è una grande responsabilità soprattutto perché da Londra 2012 in poi, se si guarda al numero di biglietti venduti, possiamo dire che il seguito di pubblico delle Paralimpiadi è sicuramente maggiore di quello delle Olimpiadi. Dunque dobbiamo essere consapevoli che in quei giorni, anche se involontariamente, trasmettiamo dei messaggi a un vasto pubblico».
In copertina, un momento in vasca di Francesco Bettella – foto dalla pagina facebook dell’atleta
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