Formazione
Francesco, 17 anni: «Lotto per il diritto al sostegno scolastico»
Un ragazzo delle superiori non ha più il suo educatore-amico e scrive al Corriere. Diventando un caso nazionale, e una bandiera per molti: ecco l'intervista
“Ho appena saputo che Michele, il mio educatore dell’anno scorso, è ora senza lavoro, nonostante le sue qualità. Ho appena letto quello che ha scritto sulla sua pagina facebook, sta soffrendo e io con lui, proprio non capisco perché oltre a non essere stato riconfermato al mio fianco, non hanno trovato per lui un altro utente”. Inizia così una telefonata di quelle che non dimentichi: dall’altra parte c’è Francesco Gallone, 17 anni, studente della quarta superiore dell’Istituto tecnico sperimentale Itsos di Milano. Francesco ha la tetraparesi spastica, è in sedia a rotelle e muove a fatica gli arti, ma la lingua è sciolta, così come le motivazioni che lo hanno portato a scrivere al Corriere della sera per denunciare la sua situazione, “che a ben vedere”, sottolinea “è anche quella di migliaia di altri come me, se non peggio”: il monte ore del sostegno in classe tagliato con l’accetta (“dalle dieci ore dell’anno scorso alle tre attuali”, precisa Francesco), ma soprattutto la negazione di un diritto base, quello all’assistenza, che viene meno anno dopo anno.
La lettera al Corriere ti ha reso noto in tutta Italia, e poco dopo il vicesindaco di Milano, Maria Letizia Guida, ti ha risposto parlando di nuovi fondi e rassicurandoti che riavrai Michele (probabilmente non sapendo che l’educatore in questione era già stato sostituito, sembra per cause interne alla scuola, ed è oggi appiedato). Come vivi questi momenti?
Male, perché la situazione rimane irrisolta. Ti dirò di più: sinceramente penso che il vicesindaco abbia risposto solo perché si è sentita tirata in mezzo dalla mia lettera, altrimenti non si sarebbe fatta viva. E comunque dal momento delle sue dichiarazioni, non è cambiato ancora nulla. Ci tengo comunque a ringraziare tutte le persone che mi hanno scritto, che hanno espresso solidarietà, che mi intervistano o mi invitano a trasmissioni televisive e radiofoniche: tutti contribuiscono a far parlare del sostegno ai disabili, tema davvero fondamentale per me come per molti altri. Anzi io sono già fortunato che riesco a dire la mia, figuriamoci chi non riesce nemmeno a esprimersi…
Ti crea imbarazzo l’essere diventato il simbolo di una battaglia più ampia, quella sul diritto al sostegno?
Per niente. All’inizio ho scritto pensando al mio caso specifico, all’aver perso l’educatore che mi ha tolto un ‘pezzo’ di disabilità (i due rimangono comunque ottimi amici, in questi giorni più che mai, ndr), poi ho capito che l’importante non è soffermarmi solo sul mio caso, ma essere voce anche di chi non ce l’ha: è una battaglia per i diritti di tanti, e mi sento determinato a combatterla fino in fondo.
Cosa ne pensano i tuoi genitori?
La famiglia è il mio motore: mi sostiene, la maggior parte delle volte dietro le quinte, e appoggia quello che dico e faccio. A volte i miei hanno paura che vado troppo in là con le dichiarazioni perché non ho peli sulla lingua, ma so fin dove posso spingermi e fino a lì voglio arrivare.
Come vivi questi giorni a scuola?
Non è facile abituarsi al cambiamento. Il non sapere con esattezza le dinamiche che hanno portato alla sostituzione di Michele mi creano disagio, e mi sono state date delle spiegazioni che non mi hanno soddisfatto fino in fondo. A parte questo, cerco di stare bene: devo però ricostruire il castello che avevo realizzato finora con lui, che è stato distrutto e al momento mi sento senza mattoni disponibili. È chiaro che questo castello potrebbe diventare in futuro ancora più grande, ma per ora vince il dispiacere per l’occasione persa.
Stai vedendo spesso Michele?
Appena posso. Ci troviamo bene assieme, nonostante abbia un grosso difetto: è juventino, e per un’interista come me è dura da digerire… scherzi a parte, hai presente Buzz Lightyear, personaggio di Toy story? Ecco, lui è la sua trasposizione nel mondo della scuola. Così come lo è in generale la figura dell’educatore: una perla, preziosa e indispensabile fin quando serve. Poi, per chissà quali ragioni, viene gettato da qualche parte. Perché deve finire così?
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