Politica
Francesca Turci, dal Terzo Settore a Sala per rispondere ai bisogni
Tra i neo candidati nel capoluogo meneghino è l'unica proveniente dal mondo sociale. Una scelta dovuta a «una vocazione naturale» e un programma che guarda agli ultimi, ai volontari, alle start up e alla partnership profit-non profit. L’intervista
A partire dal 1996 è impegnata nel sociale, dapprima con Libera ed oggi come fundraiser e responsabile per le relazioni istituzionali per Fondazione Rava. È questa la vita professionale di Francesca Turci, che si dipana negli anni, tanti, all'interno del terzo settore e della cooperazione internazionale. Poi, nel 2016, arriva la chiamata politica di Beppe Sala e diventa l'unica tra i neo candidati alle comunali di Milano con un curriculum così sociale. Vita.it l'ha intervistata.
Perché fare questo salto, dal terzo settore alla politica?
Perché è una vocazione naturale. Ho sempre avuto attenzione per il sociale, per gli altri, in particolare per le fasce deboli della società. In tutti questi anni, prima con Libera e poi con Fondazione Rava mi son sempre sentita chiedere perché non mi impegnavo anche per i bimbi italiani. Per questo quando Sala mi ha chiesto di partecipare ho accettato. E girando in campagna elettorale per le periferie ho scoperto quanto sia profondo il bisogno. Mi sono addirittura chiesta perché non l’ho fatto prima
Anche dal suo programma risulta chiara la sua provenienza. Percorriamo i quattro punti che ha stilato. Partiamo dal primo. Cosa significa “Solidarietà come motore di occupazione”?
Vuol dire che l’ambito del terzo settore, che speriamo verrà rinformato con la legge in Parlamento, è un mondo che muove numeri molto importanti. Ci sono più di 500mila associazioni con circa 4 milioni di volontari. Molto spesso che garantiscono servizi altamente qualificati. Vorrei che potesse diventare un ambito di qualificazione professionale e riconoscimento economico. Questo lavoro, spesso sommerso e non riconosciuto, fatto da volontari infatti si accompagna ad altri lavori. Vorrei che diventi possibile inserirlo in un cv e diventi una professione vera. Anche dal punto di vista della remunerazione.
Attenzione anche al mondo delle strat up innovative…
Le start up sono un mondo nuovo. Dobbiamo continuare il percorso dei 5 anni di Pisapia. È un impegno che c’è stato, ma una legislatura non è sufficiente, ci vuole una proiezione a lungo termine. Bisogna continuare a investire.
Al terzo posto ha messo la “Sinergia tra pubblico e privato”. Cosa intende?
I soldi pubblici sono sempre meno e sempre più difficilmente reperibili. Quindi per forza di cose il privato diventa l’interlocutore privilegiato. Sarebbe però bello che questa, che è una cosa già sperimentata e che funziona dal punto di vista del funbraising, diventi una prassi anche per quello che riguarda esperienza e know how. Immagino progetti che coinvolgono il mondo delle imprese e i ragazzi di Giambellino o Quarto Oggiaro.
L’ultimo tema che le sta a cuore è l’inclusione sociale. Come la immagina a Milano?
L’inclusione è uno dei temi più importanti. Non possiamo lasciare che esistano due Milano, quella della finanza, del design e della cultura, e poi una che soffre e fa fatica. Dobbiamo fare in modo che ci sia la possibilità per tutti di partecipare della grande Milano. In particolare con una proposta per gli anziani, che sono la fascia più debole, pensando un potenziamento dei servizi domiciliari.
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