Famiglia

Fra palco e (bellissima) realtà

Il progetto "Di bellezza si vive", ampio partenariato di fondazioni di comunità, associazioni, cooperative sociali, scuole, istituti scientifici, realizza, col sostegno di "Con i bambini", in varie parti d'Italia, attività che coinvolgono bambini e ragazzi dentro percorsi culturali. Venerdì scorso tappa a Como, dove gli allievi della Scuola Oliver Twist di Cometa hanno completato un importante restauro al Teatro sociale

di Giampaolo Cerri

La serata era finita con una foto ricordo, dentro la sala comune di Cometa, la cittadella dell’accoglienza a Como (affido, inclusione, educazione e molto altro). Ma prima, dopo un piatto unico di “riso giallo” e una fetta di arista con patate, un grappolo di uva nera e una crostata della pasticceria della Scuola Oliver Twist, uomini e donne di realtà non profit, istituti scientifici, partner di un grande progetto di contrasto alla povertà educativa, Di bellezza si vive, avevano raccontato brevemente il bello di tutta questa bellezza.

Il bello di costruire parchi scientifici, di fare teatro – addirittura un’opera – o di restaurare teatri, di accompagnare le bambine di un quartiere difficile a conoscerlo e a raccontarlo: il bello di una bellezza che si fa pedagogica, che costruisce relazioni, che rende consapevoli di sé, il bello di una bellezza che fa crescere, insomma, i bambini e i ragazzi.

Quello che avevano visto venerdì scorso, le donne e gli uomini di cui sopra, era il restauro del palco reale del Teatro sociale di Como per mano dei ragazzi della Scuola Oliver Twist di Cometa, che è l’ennesimo passaggio di questo percorso che fa dire appunto Di bellezza si vive.

Da due anni, quelle donne e quegli uomini lavorano su questo progetto quadriennale, sostenuto da “Con i bambini”, il fondo per la lotta alla povertà educativa, e ne godono i frutti morali, per così dire, e il benessere psicologico, avendo visto generare prossimità, inclusione, e relazione, oltretutto documentate da processi valutativi condotti da pedagogisti e antropologi sugli operatori e sui piccoli utenti, perché certe esperienza di Terzo settore oggi esprimono una modernità che a volte neppure il primo e il secondo offrono: valutano il cammino fatto, misurano gli output, analizzano i risultati e li restituiscono pubblicamente.

Ma i risultati del lavoro nel Teatro sociale di Como avevano richiesto anche un sopralluogo diretto, fin dietro le scene, per mostrare una di quelle meraviglie che fanno bene al cuore. Era accaduto infatti che, per un’ora, la dinamica dello spettacolo si fosse invertita, i vari rappresentanti delle associazioni-fondazione-istituti partner fossero stati fatti accomodare direttamente sul grande palco, comodamente seduti, e l’alzata di sipario avesse offerto loro il bel colpo d’occhio della platea e dei palchi blandamente illuminati in cui si stagliava quello centrale, il palco reale appunto, con tutte le luci accese possibili, una sorta di occhio di bue per differenza di illuminazione. Una scena che aveva inevitabilmente strappato un “oohhh”, di meraviglia appunto, a tutti: dal prefetto di Como all’ultimo ragazzino della scuola, condotto fin lì per imparare. Un video, proiettato su uno schermo calato dall’alto, aveva mostrato poi come si fosse giunti fin lì: i sopralluoghi nel vecchio palco logorato dal tempo – angoli smussati, velluti rovinati – quindi il progetto di ragazzi e maestri, e poi il loro lavoro: le tappezzerie nuove posate, i velluti, gli stucchi, le pennellate color oro. Il comporsi di una bellezza nei gesti misurati, nei tócchi delicati, nelle mani guidate che restituivano lo splendore per cui quegli oggetti, quelle mura, quegli spazi erano pensati.

“Il restauro del palco rappresenta una delle azioni più esemplari di Di bellezza si vive”, ricorda una nota di questo rassemblement del bello e del bene, guidato dalla project manager Giorgia Turchetto, “Il progetto, espressione di un partenariato multidisciplinare, consiste in un percorso di ricerca-azione sperimentale, in diversi territori italiani, che pone la bellezza al centro di un metodo educativo, nel quale assumono particolare importanza l’emersione dei saperi spontanei del protagonismo dei ragazzi, l’approccio laboratoriale ed esperienziale, la relazione educativa, l’orientamento alle scelte attraverso la generazione di bellezza".

“L’azione e il movimento hanno il primato nell’apprendimento e nella conoscenza. Se sono accompagnati da un sostegno plurale di educatori e operatori, avendo come compito di applicazione la creazione e la ricreazione della bellezza, l’azione e il movimento, grazie alle relazioni vicendevoli tra allievi, docenti e artigiani, possono favorire la crescita, l’estensione di sé e la scoperta delle proprie potenzialità e distinzioni in ogni ragazza e in ogni ragazzo. Questo è avvenuto nel progetto Di bellezza si vive e nel restauro del Palco Reale”, sottolinea Ugo Morelli, professore di Scienze cognitive e applicate alla vivibilità, al paesaggio all’ambiente. È lui referente scientifico del progetto.

Interessante come questo lavoro sia entrato nella didattica delle classi della Falegnameria del Liceo Artigianale, “il primo liceo scientifico delle scienze applicate in Italia a poter essere frequentato e svolto in apprendistato e in alternanza scuola-lavoro”, dicono con una carta, giustificata, fierezza a Cometa.

“La possibilità di questa commessa”, spiega Giovanni Figini, giovane preside della scuola, “ha permesso ai ragazzi di scoprire quanto il lavoro artigianale sia un lavoro ricco di cultura. È stato un autentico project work perché le classi hanno ideato, progettato e realizzato insieme ai maestri di Contrada degli Artigiani il restauro integrale del Palco, facendo prima un lavoro di ricerca storica sullo stile con cui i palchi erano stati fatti, individuando poi le tecniche migliori e più adeguate per effettuare l’intervento. Infine, la cosa più importante è la consapevolezza del contributo della restituzione alla città di un bene comune molto importante.”

Alla Oliver Twist, un professionale sui generis, dove ci si picca di insegnare “a fare per davvero” preparando gli allievi tecnicamente al massimo ma non rinunciando a dargli una preparazione culturale importante, chiamando in cattedra scrittori, poeti, giornalisti, imprenditori, alla Oliver Twist, dicevamo, ogni laboratorio è una commessa, come sarebbe in un’azienda. Lo spiega Erasmo Figini, designer che quella scuola l’ha fondata: “Questa scoperta di eccellenza e di valore che è in ognuno accade ‘mettendo le mani in pasta’ dando la possibilità ai ragazzi fin da subito di comprendere il mondo del lavoro, già nei banchi di scuola. Il desiderio che guida la nostra scuola è infatti anche quello di far sperimentare ai ragazzi la realtà del lavoro. Il mondo del lavoro chiede concretezza: scuola e lavoro devono andare a braccetto, devono costruire insieme questo nuovo processo di formazione e di istruzione”

“Bellezza come concretezza”, sottolinea Turchetto, “il restauro è certamente una delle azioni esemplare del progetto di Di bellezza si vive, che insiste, innanzitutto, nel promuovere l’intelligenza delle mani e mettendo la bellezza al centro dei processi educativi. Un’azione che ha portato dei ragazzi che non vivono il teatro e la cultura come una loro condizione quotidiana, ad essere protagonisti di questo spazio. Hanno lavorato e studiato, ma hanno anche intrapreso un percorso diverso per la conoscenza della realtà e di quella del teatro con un atto di verità e di concretezza. La bellezza”, conclude la project manager, “è un atto collettivo. I ragazzi insieme agli artigiani, in un sol gruppo, hanno messo veramente insieme un genio collettivo. Un punto, non meno importante, è il corpo, è il muovere le mani. Come Richard Sennet descriveva è l’intelligenza delle mani, che definiva come finestre della mente. I ragazzi hanno mosso le loro emozioni e aperto le loro menti.”

Si era finito con la foto ricordo, dicevamo all’inizio. Non prima d’aver ascoltato da un ospite autorevole, il designer Luca Fois del Politecnico di Milano, cesellare per tutta quella realtà in movimento, una definizione suggestiva: “Voi fate design perché, con metodo e cultura di progetto, trasformate visioni in progetti fattibili”.

E sì, Di bellezza si vive. E si opera.

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