Welfare

Forti, Caritas: «Non smetteremo di accogliere i migranti»

"Speriamo non siano troppe le persone che rimarrano in strada. Sui territori parrocchie, associazioni e singoli cittadini si stanno attivando per ridurre al minimo i disagi ", spiega il responsabile Immigrazione di Caritas Italiana

di Daniele Biella

Con alle spalle diversi anni da responsabile immigrazione di Caritas italiana, Oliviero Forti ne ha viste tante e, assieme alla rete territoriale delle Caritas regionali e cittadine, ha sempre trovato come ripartire anche quando la navigazione era a vista. Ma con il Decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e appena tramutato in legge, invece, il forte rischio è che non si riesca proprio a navigare. “Siamo molto preoccupati. La situazione è confusa, il clima è poco favorevole e dalle Prefetture arrivano segnali scomposti”, ci spiega poco dopo avere trovato una soluzione abitativa per la famiglia rimasta in strada a Crotone – padre, madre e figlio di cinque mesi – uno dei primi casi di allontanamento dei titolari di protezione umanitaria dai Centri di accoglienza straordinaria (Cas): effetto diretto del Decreto sicurezza che abolisce proprio il titolo di protezione umanitaria come strumento legislativo. “Abbiamo trovato una nuova casa grazie a parrocchiani e cittadini che si sono rimboccati le maniche”, spiega Forti.

Quante persone rischiano di trovarsi per strada senza alloggio nonostante i propri documenti siano tuttora in regola?
Possiamo stimarne almeno 3-4 mila, ma speriamo non troppe di più. Il problema è che per molte persone in possesso di protezione umanitaria con il nuovo decreto non è più possibile entrare in progetti Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) e quindi dovranno trovare un alloggio alternativo.

Chi li ospiterà?
Chi riuscirà a farlo. Da quando è stato approvato il Decreto non passa giorno che non riceva varie chiamate da delegati regionali Caritas in allarme perché nuove persone finiscono in strada, allontanate dai centri di accoglienza dove erano ospitate. Chi si sta mobilitando sono i parroci, i parrocchiani, le associazioni: cittadini che prendono a cuore il problema. Sta avvenendo in tutta Italia ed è una cosa positiva. È chiarò che però nasce da decisioni governative che non condividiamo e che critichiamo apertamente da tempo. Per noi l’obbligo umanitario prevale, ma lo dobbiamo bilanciare con prese di posizione e azioni frontali utili a fare capire i danni delle nuove norme: molte persone in strada significa più disagio per tutti e maggiore rischio che la criminalità ne approfitti.

Che tipo di dialogo avete al momento con le istituzioni?
Stiamo chiedendo a ogni Questura delucidazioni per capire come agire per ridurre al minimo i rischi per le persone e garantire loro perlomeno una situazione temporanea dignitosa. Con il ministero e il governo invece non c’è interlocuzione, ovviamente noi siamo aperti al dialogo ma finora non siamo stati interpellati. Ricordo che non stiamo parlando di persone irregolari, ma persone con documenti in regola che però sono ora in condizioni di fragilità: stiamo agendo sulle singole comunità territoriale per fare prendere loro coscienza, ma serve un lavoro di rete con le istituzioni.

Tra poco il governo toccherà anche l’accoglienza prefettizia nei Cas, riformando anche i capitolati sui fondi dati agli enti che fanno accoglienza, come Caritas stessa. Si passerà da 35 euro al giorno per persona accolta a una cifra tra 19 e 25 euro a seconda del tipo di struttura. Parteciperete ai nuovi bandi?
A gennaio 2019 avremo l’assemblea nazionale Caritas e questo sarà un tema centrale. Con il ridursi delle risorse a disposizione dovremo capire se saremo ancora in grado di partecipare ai bandi oppur ritirarci. Si va verso il ritorno a centri di grandi dimensioni e questo ci preoccupa ulteriormente, dato che le esperienze di questi anni hanno confermato che a livello nazionale l’accoglienza diffusa, ovvero piccoli numeri di persone sparse nei vari luoghi, è la strada migliore. Lo sgomento è vedere che nonostante questa evidenza l’azione governativa stia andando nella direzione opposta.

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