Formazione

Formiamo i poliziotti a non reagire sparando

La crisi di Genova apre la discussione sulla formazione delle forze dell’ordine. Secondo i centri studi pacifisti serve un training che li addestri a reagire senza sparare

di Barbara Fabiani

Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo in una lettera aperta a tutti i parlamentari democratici chiede che sia presentata di una proposta di legge perché tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine siano formati sulla conoscenza dei valori della non violenza e addestrati all?uso, delle tecniche e delle strategie comunicative ed operative della nonviolenza. ?Gia’ in passato formulammo alle istituzioni italiane la proposta che nel curriculum formativo e nell?attività’ di aggiornamento delle forze dell’ordine venisse specificamente prevista la formazione e l’addestramento alla conoscenza e all’uso dei valori, delle tecniche e delle strategie comunicative ed operative della nonviolenza ? si legge nella lettera del centro di Viterbo diretto da oltre vent?anni da Peppe Sini – Rinnoviamo ancora una volta tale proposta, nuovamente sottoponendola anche alla vostra attenzione, e chiedendo a voi di voler redigere e presentare una proposta di legge in tal senso?.

Il problema di addestrare le forze dell?ordine ?ad usare un arma e contemporaneamente imparare a non usarla? da tempo ha coinvolto anche le autorità tedesche. Specie nelle manifestazione del Primo maggio in Germania la tensione sale pericolosamente e si sfiora sempre lo scontro senza che fino ad oggi, fortunatamente, i poliziotti abbiano perso irrimediabilmente l?autocontrollo; ma il sindacato dei poliziotti tedesco chiede un rafforzamento del programma di formazione su tecniche contenitive non violente.

Così ha dichiarato il Capo commissario di polizia Uwe Hundt, Presidente del Consiglio del personale e vicepresidente del sindacato di Polizia, sul quotidiano “Tagesspiegel? della scorsa domenica, in un articolo dedicato agli scontri di Genova e alla morte dei Carlo Giuliani : “I poliziotti a Genova si sono trovati in una situazione che superava le loro forze”- dice Hundt – “Il fatto e’ che non hanno l’esperienza di dover vivere ogni anno diverse manifestazioni violente”. Per questo la situazione non potrebbe verificarsi a Berlino: “i nostri “reparti celere” hanno fatto abbastanza esperienze per poter reagire anche in situazioni delicate”. Anche di fronte a un attacco con un estintore? “Che cosa puo’ succedere, che cambierebbe con l’uso dell’arma da fuoco?” chiede Hundt “In queste situazioni a nessuno a Berlino verrebbe in mente di usare un’arma da fuoco”

Da anni nel Land Nordreno Westfalia l?addestramento delle forze di polizie include un training antistress e un training sulla comunicazione”. Nel corso di giochi di ruolo i poliziotti vengono provocati, insultati ed attaccati, fino all’escalation. Alla fine i partecipanti discutono con esperti come avrebbero potuto risolvere il conflitto in maniera diversa. La stessa tecnica si sta ora applicando a Berlino nella formazione dei ?reparti celere?.

Secondo Giovanni Scotto, ricercatore presso il «Berghof Research Center for Constructive Conflict Management» di Berlino e stretto collaboratore del Centro studi difesa civile di Roma, la proposta di formare gli agenti di polizia italiani alla nonviolenza e’ importantissima, e sarebbe opportuno iniziare una vera e propria campagna in questo senso.
?Ad esempio- dice quest?autore di numerosi studi sui conflitti e su come evitare l?escalation della violenza – sarebbe importante per chiarire i fatti di Genova, sapere quale tipo di preparazione abbiano avuto in generale gli agenti impiegati e in particolare il carabiniere che ha sparato (ci vorrebbe anzitutto un’interrogazione parlamentare)?. ?In un secondo momento bisognerebbe individuare una strategia per far arrivare il livello di preparazione del nostro personale di polizia almeno a livello europeo? conclude.

La terribile esperienza di Genova ha fatto emergere la necessità un?ulteriore rivendicazione di civiltà, quella della formazione non violenta delle forze dell?ordine, che deve essere affrontata per il bene comune, di tutte le parti coinvolte in una qualsiasi manifestazione, e per il bene della democrazia.

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