Volontariato

FORMAZIONE. Medici bocciati in cure palliative

La denuncia è dell'associazione Antea

di Redazione

«Una mancanza di preparazione che comporta due rischi opposti, ma ugualmente gravi: l’accanimento terapeutico, ma anche l’eutanasia passiva». L’allarme arriva da Giuseppe Casale, coordinatore sanitario dell’Associazione Antea, che in venti anni ha seguito oltre 12 mila malati terminali – «senza che mai nessuno ci abbia chiesto la ‘dolce morte’», sottolinea – alla presentazione oggi a Roma dell’Antea Worldwide Palliative Care Conference, al via da domani nella capitale.

«Per accompagnare una persona con dignita’ al termine della vita serve una preparazione specifica, che da noi non e’ prevista. La specializzazione in cure palliative non e’ riconosciuta in Italia, i medici coinvolti provengono da settori molti diversi, manca un curriculum essenziale con le tappe di un preciso percorso formativo. Chiediamo che questa lacuna sia colmata nella preparazione universitaria del medico, per assicurare un alto livello qualitativo dell’assistenza ai pazienti e ai familiari».

L’incontro in programma a Roma, che durerà tre giorni, punta a individuare un percorso di formazione preciso, ma anche le caratteristiche chiave per specialisti doc in cure palliative. “Devono saper lavorare in squadra e affrontare gli inevitabili problemi bioetici o giuridici che si possono verificare”, aggiunge Franco De Conno, direttore onorario Eapc (Associazione europea cure palliative).
«Ormai in Francia, Germania, Irlanda, Polonia, Romania, Slovacchia e Gran Bretagna è prevista una scuola di specializzazione o un master professionalizzante, chiave per consentire agli operatori delle cure palliative di lavorare in strutture pubbliche. Altri 10 Paesi stanno organizzandosi o sono a buon punto – prosegue De Conno – ma in Italia questo non accade”. Obiettivo principale del congresso sara’ dunque quello di produrre un documento condiviso dagli esperti, finalizzato a tracciare i percorsi formativi nelle cure palliative per ciascuna figura professionale coinvolta. «Un documento – precisa Casale – che presenteremo al nostro ministero del Welfare, con l’auspicio che lo porti all’attenzione dell’Organizzazione mondiale della sanita’, per porre le basi di un’univocità di approccio a livello mondiale».


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