Volontariato

Formazione: gli italiani lontani dagli obiettivi di Lisbona

Lo rivela uno studio svolto da IAL CISL

di Carmen Morrone

Il 58% della popolazione europea tra i 25 ed i 64 anni non ha partecipato ad alcuna attività formativa nell’arco di dodici mesi. A fare formazione infatti è stato solo il 42% con una percentuale leggermente superiore per gli uomini/43%) rispetto alle donne (41%). Sono alcuni dei dati che lo IAL CISL(uno dei maggiori enti no profit di formazione a livello europeo per qualità, dimensioni e diffusione della sua rete nazionale) illustrerà lunedì e martedì a Roma (Hotel Cavalieri Hilton) occasione del cinquantennale della sua fondazione, avvenuta il 13 aprile del 1955. “La formazione è diventata arma di aggregazione volano di sviluppo di intere aree”, ha sottolineato l’Amministratore Delegato dello Ial Cisl, Graziano Trerè presentando oggi l’iniziativa. “Per questo lo IAL celebra il suo cinquantesimo anniversario con un seminario internazionale che riunisce a Roma i maggiori esperti dei paesi europei e mediterranei. Il nostro obiettivo è quello di caratterizzare la nostra offerta progettuale passando dall’addestramento all’?apprendimento?. Vogliamo continuare a rispondere ai bisogni reali di giovani, lavoratori e imprese con qualità e attenzione , liberi come siamo da logiche di business”. Il tasso di partecipazione ad attività di formazione permanente varia significativamente da uno Stato all’altro. Il valore più alto si registra in Austria(89%), seguita da Lussemburgo e Slovenia(entrambi 82%), Danimarca(80%) e Finlandia. Mentre a fare meno formazione sono i cittadini di Repubblica ceca(29%), Lituania(28%), Spagna(25%), Grecia(17%) e soprattutto Ungheria(12%). Superiore alla media europea, invece , il dato italiano, pari al 49% di popolazione che ha seguito almeno una attività formativa(51% uomini e 46% donne). A fare più spesso formazione, sono mediamente le persone occupate, anche se i senza lavoro mostrano un volume di attività superiore. Nella UE a 25, infatti, ha partecipato a percorsi informali di apprendimento il 21% degli occupati , contro il 14% dei disoccupati e il 6% della popolazione inattiva. Anche le imprese italiane investono sempre più nella formazione dei dipendenti. Dal 2000 al 2003, la percentuale di aziende che offrono attività formative è aumentata del 3,5%, passando dal 18,9% al 22,4% del totale, dopo aver toccato un picco del 24,7% nel 2002. La spesa sostenuta dai datori di lavoro è cresciuta costantemente negli ultimi quattro anni, fino a superare 1,6 miliardi di euro nel 2003. A fare più formazione sono le imprese meccaniche, elettroniche e di mezzi di trasporto, superate negli ultimi due anni solo dai servizi alla persona. Si investe di più in formazione nel Nordest, dove la percentuale di imprese varia tra il 21% del 2001 e il 28,1 del 2002. Mentre sono le regioni del Sud a presentare valori più contenuti, con un minimo del 15% e un massimo di 22% nello stesso periodo. Anche il settore pubblico ha investito sulla formazione dei lavoratori. Il 65% dei dipendenti pubblici ha frequentato almeno un corso nel 2004. Rispetto al 2003 il numero dei corsi è aumentato del 6,6% e le ore erogate di quasi il 40% per tutte le amministrazioni, eccetto gli organi dello Stato e le Autorità. Per il 2010, secondo gli obiettivi di Lisbona, tutti gli Stati Europei dovrebbero ridurre almeno della metà il tasso dei giovani che lasciano prematuramente la scuola, al fine di arrivare ad un tasso medio del 10%. Tale tasso è attualmente del 45% in Portogallo, del 29 % in Spagna e del 26% in Italia(la media europea è del 19%). Sempre per il 2010, il tasso medio di partecipazione all’istruzione e alla formazione durante l’intero arco della vita nella UE dovrebbe essere del 15% della popolazione adulta in età lavorativa(dai 25 a 64 anni). La media attuale della UE è pari all’8,4%, a fronte della media del 19,6% relativa ai tre Stati membri più efficienti (Regno Unito, Finlandia e Danimarca).


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA