Welfare

Food desert e food insecurity: le nuove parole della fame

La crisi fa inventare definizioni innovative per descrivere la povertà che attanaglia le ricche città occidentali

di Gabriella Meroni

 

Food desert e food insecurity: sono queste, secondo il New York Times, le nuove terminologie che fotografano due aspetti della fame. Non nei paesi poveri, ma nelle ricche città americane.

La prima definizione – food desert – riguarda un’area a basso reddito dove un gran numero di abitanti non possono permettersi di fare la spesa al supermercato o comunque di accedere a cibo di qualità. Secondo i dati del Dipartimento per l’Agricoltura degli Usa, circa il 10% dei 65mila distretti fiscali degli Stati Uniti sono da considerarsi «food desert». La definizione non piace a Shelly Ver Ploeg, un’economista del Dipartimento che studia proprio queste aree povere: «La parola deserto fa pensare a zone rurali», nota la professoressa, mentre per la maggior parte stiamo parlando di quartieri urbani. Un esempio è il quartiere di Germantown a Quincy, nel Massachusetts, una zona periferica dove crisi e recessione stanno mordendo duro.

Il concetto di food insecurity, a lungo utilizzato nel settore degli aiuti internazionali, è ancora più sfuggente. Alcuni lo interpretano come la situazione di chi non ha i requisiti per accedere all’assistenza pubblica ma ugualmente fatica a nutrire adeguatamente la famiglia. Mark Nord, studioso di food insecurity al Dipartimento per l’Agricoltura, preferisce una definizione un po’ diversa che suggerisce una condizione ancora più fluida: «Parlo di “food-insecure households” (“case a cibo instabile”, si potrebbe tradurre, ndr), famiglie che in diversi periodi dell’anno non riescono a mettere cibo decente a tavola. Per molte famiglie questa situazione non è cronica, ma purtroppo neppure episodica».


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