Economia
Fondi per la ripresa? Usiamo il modello pay by result
Presidente di Human Foundation e della rete Social Impact Agenda per l'Italia (oltre che del Maxxi di Roma) Giovanna Melandri è membro anche trustee board del GSG, il network mondiale dell’impact investing: "Vittorio Colao, nominato a capo della task force conosce bene questi temi ed ha l’intelligenza, la visione e la capacità per comprendere e fare della finanza ad impatto uno dei perni della fase di ricostruzione"
di Redazione
Giovanna Melandri, presidente di Human Foundation e della rete Social Impact Agenda per l'Italia (oltre che del Maxxi di Roma) è membro anche trustee board del GSG, il network mondiale dell’impact investing. Il valore della finanza ad impatto nel mondo è stimata intorno ai 500 miliardi di dollari. Secondo il centro studi Tiresia in Italia dal 2006 al 2019 con questa modalità sono stati investiti circa 8 miliardi di euro.
Oggi la finanza ad impatto può essere un rubinetto a cui attingere per enti del terzo settore e imprese sociali?
Detto che l’urgenza è assicurare a questi soggetti la liquidità necessaria per rimanere in vita nel brevissimo periodo e per questo è sacrosanta la battaglia di VITA per lo sblocco dei fondi del 5 per mille, occorre che in una prospettiva di medio periodo ci intendiamo.
In che senso?
Oggi si parla molto di Mes, Coronabond ed Eurobond. Non entro nel merito della discussione su quale sia lo strumento più conveniente a garanzia della finanza pubblica. Quello che mi interessa e su cui il dibattito è ancora a zero è la risposta a una semplice domanda. Come spendere queste risorse? Se l’obiettivo è rafforzare il welfare occorre che lo Stato faccia investimenti che assicurino un ritorno sociale e ambientale positivo. Abbiamo la grande occasione di fare uscire dalla nicchia la finanza ad impatto, non va sprecata.
Come farlo?
Individuiamo tre, quattro asset strategici in ambito sociosanitario, ambientale e culturale e sperimentiamo il modello dell’outcome financing.
Come funzionerebbe?
Un social impact bond, che si basa sul modello “pay by result”, è un’obbligazione con cui il settore pubblico raccoglie investimenti privati per pagare chi gli fornisce servizi di welfare. Come accade con le comuni obbligazioni, chi acquista un social impact bond ha diritto, a una determinata scadenza, a riavere indietro il capitale prestato più una quota di interesse. La differenza sta però nel fatto che la remunerazione del capitale investito viene agganciata al raggiungimento di un certo risultato sociale.
Quali vantaggi avrebbe il Terzo settore?
In questo schema che di fatto costruisce un mercato di capitali pazienti, i soggetti sociali avrebbero accesso a un credito molto poco costoso e restituibile non prima di dieci anni.
Non è che poi l’Europa si mette di traverso?
No, perché tu Stato eroghi sono nel momento in cui il risultato sociale è stato raggiunto e nessuno in Europa potrà venire a dirci che stiamo sprecando i soldi che ci stanno prestando. Questo è un punto fondamentale.
Chi sono i nemici di un progetto del genere?
Si tratta di un approccio molto ambizioso che ha bisogno di un consenso e di una convinzione politica istituzionale molto forti. Purtroppo in Italia non ci sono ancora queste condizioni, che invece vedo in Giappone, in Francia o negli Usa.
L’asse Pd-5Stelle non la rassicura su questo fronte?
Vittorio Colao, nominato a capo della task force della cosiddetta Fase 2 conosce bene questi temi ed ha l’intelligenza, la visione e la capacità per comprendere e fare della finanza ad impatto uno dei perni della fase di ricostruzione.
Cosa fa VITA?
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