Non profit
fondi alla scienza:decide il popolo?
5 per mille Un giovane scienziato solleva dubbi sui contributi agli enti della ricerca
di Redazione
Si chiama Massimo Pinto, ha solo 34 anni ed è un ricercatore del Centro Enrico Fermi di Roma. Cura un blog sulla rete di Nature, la famosa rivista scientifica americana, che è diventato uno dei più letti dopo che Pinto ha deciso di criticare il 5 per mille destinato alla ricerca scientifica. Science in the Bel Paese si intitola il blog, la cui tesi è semplice: così com’è il meccanismo di finanziamento alla ricerca scientifica non funziona perché – ha dichiarato Pinto in una lunga intervista a La Stampa – «è in contrasto con le procedure di assegnazione dei fondi in vigore negli altri Paesi».
Cioè, spiega il ricercatore, «prima di essere finanziati, i progetti di ricerca devono essere valutati per la loro validità scientifica», mentre con il 5 per mille sarebbe il cittadino a diventare «arbitro» dei finanziamenti, potendoli concedere all’ente che vuole, senza conoscere alcunché del valore scientifico delle ricerche promosse dall’ente in questione. «La strada è giusta, l’applicazione andrebbe corretta», dice Pinto, che propone anche la soluzione: il cittadino dovrebbe donare i soldi a una fondazione, come se li mettesse in un salvadanaio: «Non è la fondazione stessa a decidere la destinazione, ma gruppi di scienziati di provata esperienza, fondata sulle loro pubblicazioni, che stilano una graduatoria». Invece, secondo Pinto, in Italia va diversamente proprio per colpa del 5 per mille, e questo ha sorpreso i colleghi stranieri, perché «la comunità scientifica internazionale non accetta scorciatoie che contrastino con il principio del merito».
Dibattito interessante, anche se la questione non riguarda direttamente alcuni dei principali percettori del 5 per mille destinato alla ricerca scientifica, come per esempio Airc e Telethon, che agiscono proprio nel modo auspicato da Massimo Pinto: fungono cioè da collettori di fondi che poi vengono assegnati a progetti di ricerca valutati per merito.
«Nel nostro caso», commenta Pietro Spirito, direttore generale di Telethon, «assegnazione dei fondi per il 5 per mille e rispetto di criteri meritocratici nella loro gestione secondo il meccanismo del peer review sono coincidenti. Telethon, sin dall’inizio, ha caratterizzato la modalità di assegnazione dei fondi alla ricerca scientifica secondo criteri internazionali di valutazione di terza parte e di indipendenza della scienza. Il legislatore italiano ha progressivamente deciso di “aprire” il 5 per mille non solo alla ricerca, ma all’intero terzo settore. Non in tutte queste aree, ovviamente, è possibile utilizzare metodi di valutazione tra pari per la gestione dei fondi». «Quindi», conclude, «il tema riguarda più il perimetro che il legislatore ha scelto di adottare per la scelte del 5 per mille, che non lo strumento stesso».
Ovvio che non tutti gli enti di ricerca funzionino come Telethon, quindi la questione è aperta. Il Centro Enrico Fermi, con cui collabora Pinto come titolare di un Junior Grant da 35mila euro lordi l’anno (ennesima prova del fatto che in Italia con la ricerca non ci si arricchisce certo), nel 2006 non è stato tra i destinatari del 5 per mille; figura invece nell’elenco degli ammessi nel 2007 il Museo Enrico Fermi, che fa parte del Centro stesso.
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