Non profit
Fondazioni: Tremonti fa le pentole, non i coperchi
Anteprima. Anticipiamo leditoriale di Riccardo Bonacina dedicato alla battaglia sulle fondazioni ex bancarie che appare sul numero di Vita magazine in edicola
L?11 maggio si celebrava la Giornata delle Fondazioni e anche il ministro dell?economia ha voluto prendervi parte. Ha preso parola per dire: ?Siamo in un paese in cui il cosiddetto non profit si occupa di banche, mentre è giusto che di banche si occupino i banchieri?, e ancora, rivolto agli attuali vertici delle Fondazioni bancarie (Consigli d?amministrazione e Commissioni di beneficenza) ha continuato: ?Questi signori è bene che si occupino gratis del non profit, invece di prendere i miliardi per fare i banchieri e anche i corruttori della vita democratica?. Non sappiamo se Tremonti volesse riferirsi a Stefano Zamagni, Umberto Eco, don Gino Rigoldi, Renato Dulbecco, Carlo Rubbia, Sergio Ristuccia, Roberto Artoni, Emmanuele Emanuele, Fabio Roversi Monaco, ai rappresentanti del Fai, della Caritas e di altre decine e decine di organizzazioni della società civile, tutti in qualche modo coinvolti nella gestione delle Fondazioni bancarie nate da una riforma voluta e scritta dall?attuale inquilino del Quirinale, Azeglio Ciampi.
Chi scrive non ha pregiudizialmente in antipatia i ?barbari?, la storia ci insegna che spesso, insieme a un po? di disordine e qualche nefandezza, portano anche pulizia e nuova linfa umana e culturale in civiltà decadenti e prossime alla fine. Ma l?uscita di Tremonti non è neppure barbara, è piuttosto suonata alle orecchie dei più come il richiamo ultimativo ad una banda di avventurieri perché si affrettino a spartirsi uno degli ultimi bottini che uno Stato non proprio in salute ancora ha.
Il ?bottino? ammonta a 69 mila miliardi di vecchie lire (35 miliardi di euro) che le Fondazioni bancarie hanno sino ad oggi amministrato con produttiva saggezza: nel 2001, anno difficile per la finanza, hanno registrato una redditività del 6,9%, un risultato superiore a quello dell?anno precedente. Le Fondazioni bancarie disegnate dalla riforma Ciampi, hanno anche per il 2001 provveduto alla loro mission erogativa per una quota del 3,9% del patrimonio netto, pari ad un totale di erogazioni di 2.800 miliardi di lire (circa 1,5 miliardi di euro). L?erogazione di tali fondi si era via via ispirata, negli ultimi anni, a sempre più moderni e trasparenti criteri di selezione e di valutazione che avevano permesso interventi rilevanti nel settore dei beni culturali, della sanità, dell?assistenza sociale, della sanità, della ricerca scientifica, dell?ambiente e del volontariato (così come indicato dalla legge 266, art. 15), interventi spesso finalizzati ai territori di competenza ma qualche volta anche di rilievo nazionale. Interventi che hanno coperto l?assenza dello Stato con interventi efficaci e non a carico del contribuente. A guidare le Fondazioni sulla strada della riforma Ciampi, attuata dal 1999, Consigli di amministrazione e Commissioni di beneficenza che per la prima volta si erano aperti a rappresentanti della società civile (in qualche caso, come per la Fondazione Cariplo, addirittura scelti con un bando elettivo) che oggi coprono una quota del 6% dei vertici delle 56 fondazioni ex bancarie (ma il 25% nelle prime 14 Fondazioni per importanza e patrimonio). Tra i risultati ottenuti anche quello di dismettere le partecipazioni bancarie che detenevano (10 anni fa il 100%, oggi il 25%), altro che le privatizzazioni di Enel e Eni caro ministro.
Ora, a questo percorso significativo di trasparenza, di legalità e di efficacia (un percorso che poteva e doveva continuare e ancora migliorare) il ministro Tremonti ha voluto por fine con un colpo di mano lo scorso dicembre, presentando all?ultimo minuto un emendamento regressivo all?articolo 9 della Finanziaria. Un ?emendamentino? che prevede in un sol botto che: a) gli enti locali (che oggi nominano circa il 50% dei vertici) ritornino a nominare sino al 75% dei consiglieri, riconsegnando così le fondazioni ai partiti; b) Che le erogazioni siano concentrate solo in tre settori a scelta tra 20 indicati per legge, restringendo così campo e libertà d?azione; c) che una quota cospicua delle erogazioni siano destinate alla Infrastrutture Spa con cui il Governo finanzierebbe i mitici disegnini di berlusconi a ?Porta a Porta; d) che la gestione del patrimonio e la restante quota di partecipazione nelle banche siano affidate a delle Società di gestione del risparmio (Sgr), consegnando così i patrimoni al ministero dell?economia.
Tremonti, che com?è noto ha in grande spregio altri che non sia se stesso, non immaginava di infilarsi in un vespaio giudiziario e politico. Il suo ?emendamentino? non è ancora arrivato in versione definitiva al Consiglio di Stato e prima di veder la luce è già stato ritirato più di una volta. Intanto l?appello, opportuno e saggio, lanciato dal presidente della Compagnia delle Opere Vittadini ad un?opposizione bipartisan alla controriforma statalista e clientelare ha registrato le prime adesioni: il senatore Franco Bassasini ha rotto un imbarazzato silenzio diessino, Roberto Pinza capogruppo della Margherita in Commissione finanze è partito lancia in resta, e Bruno Tabacci dell?Udc, che della maggioranza fa parte, ha presentato due emendamenti all?emendamentino in Commissione attività produttive. Insomma, Tremonti fa le pentole, ma non i coperchi.
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