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Fondazioni, lavorare per l’identità

Una ricerca commisisonata da Acri a Ipsos per mettere a fuoco le priorità del lavoro delle Fondazioni

di Redazione

Acri in occasione del Congresso nazionale di Siena ha commissionato a Ipsos un sondaggio presso la popolazione italiana adulta sulla percezione degli Italiani riguardo all’ “Identità del Paese” e su quale ruolo possano giocare in essa il terzo settore e le Fondazioni. Ne risulta che l”Italia è un paese che crede necessaria un’identità che unisca, ma che si aspetta disatteso questo bisogno.
 
L’81% degli italiani crede necessaria per il Paese un’identità che unisca, ma parimenti la metà del campione segnala che questo bisogno di identità è disatteso e teme che lo sarà sempre più nel tempo: nei prossimi 20 anni i più si attendono un affievolirsi dell’unità del Paese (36%), cui si contrappone il 24% di coloro che ritengono che l’Italia sarà un paese più unito, con una maggiore e più condivisa identità di fondo (per il 30% sarà più o meno come oggi, il 10% non si pronuncia). Peraltro la maggior parte degli intervistati (60%) identifica l’identità nazionale in un passato ricco e importante, che ha lasciato tracce di sé nelle città e nella capacità di creare arte e cultura: un passato, questo, che molti ritengono ancora vivo e vitale e che le Fondazioni, con i loro interventi anche a favore dell’arte, della cultura, dell’architettura e del paesaggio, contribuiscono a rendere tuttora fertile.
 
«Quello dell’identità è oggi un tema cruciale», ha commentato Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, «ancor più di fronte a una crisi di carattere globale, che di fatto rischia di trovare solo risposte di tipo localistico. Altresì sono certo che se le identità di cultura, di ruolo e di storia vengono correttamente salvaguardate e valorizzate, possono favorire una crescita armonica dell’intera comunità umana, e in primo luogo di quella europea. Ogni contributo apportato in questo senso ha il suo valore, così ricordo che le Fondazioni di Origine Bancaria e le Casse di Risparmio Spa – le une come soggetti della sussidiarietà sociale, le altre come imprese che raccolgono il risparmio ed erogano credito per lo sviluppo – operino correttamente mantenendosi aderenti all’identità di missione loro assegnata dai Codici e dalla storia. Proprio con questo “modus operandi” – ha aggiunto Guzzetti – ritengo che aiutino a mantenere e a coltivare, in termini costruttivi e aperti, un’identità di territori – e dunque dell’Italia – che trova sicuramente le proprie radici nel passato, ma che deve essere senz’altro anche un’opportunità di apertura e di proiezione verso il nuovo, verso il futuro».
 
 
L’indagine, di cui a seguire vengono illustrati nel dettaglio i risultati, è stata realizzata a cavallo dei mesi di aprile e maggio 2009, tramite interviste telefoniche con tecnologia CATI – Computer Assisted Telephone Interviews, ed è stata arricchita di alcuni dei risultati di altre indagini condotte da Ipsos nel 2009 su temi analoghi e nel 2005 e 2007 per l’Acri in merito alla notorietà delle Fondazioni. Per realizzare la ricerca, sono state svolte 800 interviste presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, stratificato in base ai criteri di area geografica, ampiezza del centro, sesso ed età.
 
L’IDENTITA’ ITALIANA: TANTE RADICI
L’identità di un paese è molto importante per la gran parte degli Italiani (81%), addirittura fondamentale per più di 1 italiano su 2 (54%); questo risultato è trasversalmente percepito nelle diverse aree geografiche e rispetto al livello di istruzione (non ci sono differenze legate al titolo di studio): l’importanza dell’identità tende comunque ad essere più avvertita tra le persone di maggiore età (è fondamentale per il 59% degli “over” 45 anni, e solamente per il 38% dei minori di 25 anni). Una minoranza (19%) ritiene il tema dell’identità un elemento scarsamente importante per la vita di un paese, percentuale che seppur bassa non è da trascurare, in particolare perchè si concentra nel Nord-Est e nel Centro Italia.
L’avvertito bisogno di un’identità di fondo è spesso disatteso dalla realtà quotidiana: la metà degli italiani ravvisa l’assenza di un’identità che unisca. Infatti, il 24% degli Italiani ritiene che di identità non ce ne sia affatto, vede il Paese come un coacervo confuso di idee, valori, identità differenti; a questo 24% si aggiunge il 26% di coloro che ritengano l’Italia dominata da varie identità in contrasto tra loro, la cui compresenza è la fonte di immobilismo del Paese. Si contrappone a questi un esiguo 18% (il gruppo minoritario) che ritiene invece che l’identità in Italia ci sia, e il 25% che, pur percependo la presenza di identità differenti, la valuta come un elemento di ricchezza per il Paese, in grado di svolgere un’azione benefica: è da rimarcare che i più fiduciosi circa la presenza di identità positive in Italia sono i laureati (63%).
Analizzando congiuntamente il bisogno di identità e l’effettiva presenza della stessa, troviamo che per un 40% di Italiani che avvertono il bisogno di un’identità di fondo, e in qualche modo lo vedono realizzato, c’è un 45% di delusi dalla mancanza di identità, anche se la riterrebbero utile e necessaria (il 15%, invece, non ne  ravvisa l’importanza)
 
In quali radici affonda l’identità italiana? Quali elementi caratterizzano tale identità, specie tra coloro che la riconoscono? Quasi il 60% del Paese identifica la propria identità in un passato ricco e importante, che ha lasciato tracce visibili di sé nelle città e nella capacità degli Italiani, quale tratto caratteristico, di creare arte e cultura. Un passato di produzione culturale che quindi per la maggior parte degli Italiani è ancora vivo e vitale: l’identità italiana è caratterizzata per i più (30%) dal fatto di vivere in un Paese d’arte e di cultura, con una storia importante (18%), che ha anche abbellito il territorio di monumenti e bellezze architettoniche (11%).
 
Segue la percezione di essere un Paese che ha nelle proprie caratteriste la qualità della vita (considerata dai più migliore rispetto a quella delle altre nazioni europee), la capacità degli Italiani di godersi le esperienze, in particolare quelle legate all’enogastronomia (questi aspetti sono gli elementi comuni per il 19% dei rispondenti). Troviamo, poi, quale tratto unificante, la bellezza di un territorio paesaggistico baciato da un clima mite e ideale per viverci (15%); aperto verso gli altri, con persone alla mano, semplici e facili ai rapporti (15%). Chiude quale tratto unitario (citato dal 13% dei rispondenti) l’aspetto ambivalente di sapersi arrangiare comunque, magari facendo i furbi, insomma di cavarsela, in un modo o nell’altro. Riguardo al senso civico e al rispetto delle regole quasi il 70% degli Italiani ritiene di vivere in un paese nettamente svantaggiato rispetto agli altri principali paesi europei.
 
Per gli Italiani, quindi, l’Italia è un paese che avverte il bisogno di identità e trova la propria fonte di identità soprattutto nella sua capacità di fruire e creare quella cultura di cui la storia sembra aver fatto lascito, anche se spesso si riscontra un senso di delusione per la divisione nel Paese.
 
Le aspettative per il futuro non sono rosee: nei prossimi 20 anni i più si attendono un affievolirsi dell’unità del Paese (36%), cui si contrappone il 24% di coloro che ritengono che l’Italia sarà un paese più unito, con una maggiore e più condivisa identità di fondo (per il 30% sarà più o meno come oggi, il 10% non si pronuncia). Solo coloro che già paiono ravvisare oggi questa identità sono più ottimisti circa l’identità futura del Paese; mentre sono pessimisti coloro che oggi già non ravvisano delle identità positive. E’ interessante notare come tra coloro che ad oggi pensano sia una ricchezza quella di vivere in un paese con molte identità, sia prevalente il numero di pessimisti sugli ottimisti circa il futuro delle identità nazionali: per il 37% di questi in futuro l’Italia sarà un paese meno unito, a fronte di un 23% che ipotizza in futuro una maggiore unità del Paese.
 
Nella mente degli italiani l’identità potrebbe essere una radice per il futuro, ma il timore che il futuro possa recidere le proprie radici identitarie è assai forte.

IL TERZO SETTORE E LE FONDAZIONI: UN LAVORO PER LE IDENTITA’
 
In una situazione quale quella descritta, il terzo settore gode tuttora di una buona reputazione, superiore a quella delle altre istituzioni: ha subito la generalizzata flessione di fiducia nel 2007/2008, ma si è prontamente ripreso per tornare su livelli di fiducia analoghi a quelli del 2006 (72% di fiduciosi nel 2009, contro il 74% del 2006). Negli anni la conoscenza del terzo settore si sta assestando: nel 2009 registriamo un 50% di Italiani che dichiara di conoscere bene o discretamente il terzo settore (erano il 41% nel 2007). 
 
Gli Italiani si rendono conto che per coloro che hanno bisogno, e per i “luoghi” nei quali il mercato non entra con la propria carica di risorse, molto deve essere ancora fatto: per il 58% si fa poco e si dovrebbe fare di più; per 32%, pur facendosi molte attività, altrettante dovrebbero esserne fatte.
 
Il terzo settore si trova quindi in un momento cruciale: da una parte c’è molta fiducia nelle sue capacità, dall’altra è avvertito il bisogno di un intervento maggiore nelle aree marginali, ove il privato non entra se non tangenzialmente, e dove c’è la percezione che anche lo Stato sarà costretto ad entrare in modo più ampio che in passato, pur scontando un livello di fiducia al riguardo inferiore alle associazioni del terzo settore. E’ da notare come per i laureati le cose siano assai diverse: per il 33% lo Stato ridurrà il proprio intervento, e solamente per il 14% lo incrementerà; viceversa per il totale della popolazione il 23% lo ridurrà mentre per il 33% lo incrementerà.
 
Le Fondazioni sembrano giocare un ruolo sempre più importante come soggetto di rilievo del terzo settore: capace, oltre che di fornire strumenti finanziari, di avere un ruolo di indirizzo nei territori di propria competenza. Le Fondazioni sono ritenute soggetti in grado di operare per l’unità del Paese, in quanto attivamente impegnate in quegli ambiti percepiti dagli Italiani come fra i principali elementi d’identità nazionale: l’arte e la cultura, il suo patrimonio storico e architettonico.
 
Negli anni la conoscenza delle Fondazioni tende a crescere: era l’8% nel 2005, è cresciuta al 20% nel 2007, è al 24% nel 2009. Gli Italiani sono sostanzialmente soddisfatti dell’attività svolta dalle Fondazioni: il 65% ne ha un giudizio positivo a fronte di un 29% di soggetti più critici. Parimenti rimane ampio il consenso verso il “modello” organizzativo della Fondazione – ovvero investitore istituzionale dotato di un ampio patrimonio che investe in maniera fruttifera in modo da ottenerne risorse da erogare a sostegno di settori di interesse collettivo – e al ruolo che svolge nella società (60%).
 
Per la maggioranza di coloro che conoscono le Fondazioni esse danno un diretto contributo nel formare l’identità italiana (49% vs 47% che non ritiene che abbiano un ruolo in tal senso); questo percepito risulta ancor più forte in quei territori dove le Fondazioni sono presenti in modo diretto: il dato infatti è pari al 55% nel Nord Ovest, al 52% nel Nord Est, per scendere al 41% nel Sud Italia.
 

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