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Fondazioni d’origine bancaria, ong e associazioni: l’alleanza accogliente
In quattro anni, il "Progetto migranti" sostenuto da 14 enti e con l'operatività di realtà della cooperazione internazionale e associazioni dell'accoglienza, ha offerta aiuto a oltre 80mila migranti, spesso profughi. Dal supporto alle azioni di soccorso in mare e ai corridoi umanitari, all'assistenza sanitaria e giuridica. Il bilancio, oggi a Roma, nell'evento "Oltre i confini. Esperienze di migrazioni", organizzato da Acri
Oggi 103 milioni di persone sono rifugiate, senza diritti e in cerca di aiuto. Un record drammatico, se si considera che secondo il Rapporto Migrantes 2022, la cifra è addirittura raddoppiata in 10 anni. Così come mutano le aspettative di vita delle persone, è necessario rimettere in discussione anche gli orizzonti di accoglienza e integrazione per chi fugge da guerre, dittature e persecuzioni.
Alla vigilia della Giornata Internazionale per i diritti dei migranti del 18 dicembre, sono 27 le organizzazioni che si sono messe in rete per ridisegnare nuove strategie di cooperazione internazionale, molte delle quali illustrate durante l’evento Oltre i confini. Esperienze di migrazioni, in cui le Fondazioni di origine bancaria, le ong e il Terzo settore hanno raccontato le buone pratiche per garantire i diritti di 85mila persone in quattro anni.
Per affrontare la sfida migratoria entrano così in gioco diversi attori con il “Progetto Migranti”, che ha permesso di accogliere circa 80mila migranti in fase di passaggio, dando loro sostegno psicologico, sanitario, sociale e legale nei luoghi di frontiera. «Non è strano che le fondazioni di origine bancaria perseguano scopi di attività sociale», ha spiegato Giorgio Righetti, direttore generale di Acri, «perché non dovremmo fare tutto ciò che serve per promuovere lo sviluppo della comunità?».
Attivo da quattro anni e sostenuto da 14 Fondazioni, il progetto è intervenuto su tre direttrici: il consolidamento del meccanismo dei corridoi umanitari; il sostegno ad attività di assistenza sanitaria e giuridica ai migranti giunti da poco o in fase di passaggio e, infine, il supporto alle attività di soccorso in mare.
In questo modo, Fondazioni di origine bancaria, organizzazioni del Terzo settore e ong hanno dato vita a una vasta rete di solidarietà per sperimentare alcune risposte concrete alle criticità dei flussi migratori, tramite pratiche di soccorso, accoglienza, integrazione e tutela dei diritti dei migranti che raggiungono il nostro Paese. Piccole esperienze di accoglienza diffusa, che potrebbero rappresentare modelli da cui partire per progettare iniziative più ampie.
Promuovere una cultura della migrazione
A distanza di anni dalla retorica sui “taxi del mare”, l’Italia ancora manca di modelli di accoglienza fondati su approcci sistemici.
«Il nostro compito in questi anni è stato sicuramente elaborare e diffondere una cultura della migrazione», è intervenuto Vincenzo Cesareo, segretario generale di Fondazione Ismu, «avere un approccio pragmatico alle migrazioni, non vuol dire però essere neutrali o non avere un’opinione, semmai non limitarsi a considerazioni meramente ideologiche: per esempio ci siamo accorti che studiando i flussi in entrata nel nostro Paese, era necessario considerare anche quelli dai Paesi di provenienza. La cosa più importante è ammettere che nessun Paese può farcela da solo in questa sfida, soprattutto l’Italia. Abbiamo bisogno del sostegno della Ue».
Di fronte ai nuovi flussi migratori provenienti dall’Afghanistan e dall’Ucraina, le Fondazioni (tramite il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e il Fondo nazionale iniziative comuni di Acri) si sono attivate per sostenere le attività di diverse reti di ong ed enti del Terzo settore. Oltre a rispondere alle emergenze, le Fondazioni lavorano anche sul lungo periodo e a livello internazionale, promuovendo progetti di cooperazione allo sviluppo e di promozione del ruolo delle diaspore in Italia.
«Solo l’anno scorso abbiamo accolto 1.400 minori afghani, molti di questi sono stati aiutati grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile», ha raccontato Caterina Boca, capofila del progetto “Con i bambini afghani”, «In questo modo abbiamo costruito nuovi percorsi di inclusione e promosso delle azioni che valorizzino le capacità dei bambini, grazie a una rete di 130 enti su tutto il territorio nazionale che hanno aderito al progetto e ben 86 partner locali, associazioni che si sono interfacciate con genitori e famiglie».
Fare rete sul territorio
Anche se l’occhio del mondo volge ora sul conflitto tra Russia e Ucraina, «solo quest’anno abbiamo registrato 37 nuove emergenze: molti fondi e risorse umanitarie sono state indirizzate all’Ucraina, ma ciò non ha comportato però un aumento di donazioni», ha spiegato Riccardo Clerici di Unhcr, «molti progetti sono rimasti scoperti in termini di risorse come il Sudan».
A distanza di 70 anni dalla sua fondazione, l’Unhcr riconosce il contributo di Acri affinché questi progetti non vadano perduti. «Le fondazioni permettono di lavorare a livello locale, un modello che noi sosteniamo, basti pensare che gli stakeholder hanno permesso di aiutare circa 15mila rifugiati in Italia». Si pensi, per esempio, alle numerose difficoltà sostenute dai rifugiati che vogliano creare dei conti correnti bancari. «Senza documenti è impossibile», ha proseguito, «ecco che allora il sostegno degli enti locali, anche bancari, o dei Comuni, diventa fondamentale per spronare a procedure eque nell’accoglienza, che è ciò di cui si occupa Acri da anni».
Attraverso il Fondo nazionale iniziative comuni, costituito in Acri, le Fondazioni hanno contribuito a soccorrere soprattutto la popolazione ucraina fuggita a causa del conflitto, sostenendo diverse organizzazioni. Avsi, Piccoli Comuni Welcome, Fondazione Migrantes, Refugees Welcome, Scholars at Risk e Oxfam supportano l’autonomia e l’integrazione in Italia di circa 1.300 profughi ucraini fuggiti a seguito dell’invasione da parte della Federazione Russa (febbraio 2022). Questi progetti hanno previsto: accoglienza diffusa presso famiglie italiane e parrocchie, corsi di lingua italiana, iniziative di sostegno all’integrazione e alla ricerca di occupazione, borse di studio per studenti universitari, attività ludiche e di supporto psicologico per i bambini.
Ucraina
«Servono soggetti diversi per affrontare la sfida delle migrazioni», ha aggiunto Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi, «ognuno deve svolgere la sua mission. Noi per esempio ci siamo concentrati nell’aiutare le donne ucraine a trovare lavoro, coinvolgendo le imprese e aiutandole a intraprendere corsi di lingua. Abbiamo scoperto così che il 60% di loro è laureato, a Milano abbiamo lanciato inoltre “App Ukraine”, che aiuterà tutti i profughi ucraini a integrarsi professionalmente».
Alcune delle organizzazioni attive nel “Progetto Migranti” si sono prese cura dei profughi nei paesi limitrofi al confine ucraino: Comunità di Sant’Egidio si è occupata dell’accoglienza in Slovacchia e in Ungheria, Intersos e Drc in Polonia, Oxfam in Moldova.
«Siamo felici di poter dire che a distanza di 20 anni è stata riadottata per l’emergenza Ucraina la formula della protezione temporanea, ma vorremmo che fosse una soluzione adottata anche per altre situazioni»,ha sottolineato Cesareo di Ismu, «Il 20% degli ucraini che abbiamo aiutato ha trovato una soluzione abitativa in questi mesi, ma il diritto a una casa è una difficoltà che non possiamo ignorare, tanto nel trovarla quanto nel mantenerla».
Afghanistan
«Quando ad agosto 2021 abbiamo assistito alle drammatiche immagini da Kabul, abbiamo capito le aspettative dei cittadini afghani negli ultimi 20 anni erano state disattese e che quella era solo l’inizio di una nuova era di difficoltà per loro», ha sottolineato Boca. Da agosto 2021, sono 5mila i rifugiati afghani giunti nel nostro Paese, 1.300 dei quali donne. Una parte dei progetti Acri è appunto rivolta all’Afghanistan. Nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, una rete costituita da Pangea Onlus, Save the Children, Cir, Arci, Cooperativa sociale Il Girasole, Consorzio Communitas, Salesiani per il Sociale ha accolto e favorito l’integrazione di 1.430 tra donne e bambini fuggiti in seguito al ritorno dei talebani (agosto 2021), nell’ambito dei progetti “Con i bambini afghani” e “Comunità in crescita”. Sono stati attivati percorsi di accompagnamento educativo nei centri di accoglienza, a scuola e nei contesti informali e sociali frequentati. Per ciascun minore preso in carico è stato predisposto un piano educativo individualizzato basato sul sistema di gestione della “dote educativa” di 1.500 euro a bambino, che consente di coprire tutte le spese di accompagnamento necessarie.
Il lavoro emergenziale e nel lungo periodo
Oltre a rispondere alle emergenze, le Fondazioni lavorano anche sul lungo periodo e a livello internazionale, promuovendo progetti di cooperazione allo sviluppo come il progetto “Fondazioni for Africa Burkina Faso”, che ha garantito il diritto al cibo a 60mila persone, o programmi come “Innovazione allo Sviluppo”, per contribuire a rafforzare e innovare il mondo della cooperazione. Infine, le Fondazioni supportano anche le associazioni di migranti, in quanto agenti di sviluppo a livello transnazionale, contribuendo al progetto “Draft the future – Verso un forum nazionale delle diaspore in Italia”, promosso da Aics, Oim e Associazione Le Reseau.
Nelle aree di Trieste, Ventimiglia e Oulx (To), Caritas Intemelia, Danish Refugee Council, Diaconia Valdese e Rainbow for Africa, insieme, hanno distribuito pasti caldi e indumenti a circa 71.300 persone migranti e rifugiate, offerto soluzioni abitative, cure primarie e sostegno nell’ottenimento delle documentazioni necessarie. A Gorizia e Palermo, Oxfam è intervenuta con team mobili, intercettando e assistendo 1.437 migranti nei campi informali, fornendo loro informazioni legali sul proprio status e sui diritti e gli obblighi ad esso connessi. Infine, a Lipa (Bosnia ed Erzegovina), JRS e Ipsia hanno realizzato strutture di accoglienza per mettere a riparo circa 4mila persone migranti, prevedendo attività sportive e di animazione, laboratori artistici e linguistici. Si aggiungeranno a breve alla rete attiva per il soccorso dei migranti alle frontiere anche Linea d’Ombra e Ics, in partnership con Rainbow for Africa, Caritas Intemelia e Diaconia Valdese, per dare continuità alle attività realizzate.
Crisi del Mediterraneo
Sono 3mila le persone soccorse e salvate nel Mediterraneo da Sos Mediterranée, prese in carico, curate a bordo e, con il coordinamento delle autorità competenti, fatte sbarcare in un porto sicuro. Dal 2021 le Fondazioni hanno sostenuto anche la Onlus Resq, al fine di favorire il pluralismo delle realtà attive negli interventi di salvataggio in mare. Ben 424 persone hanno potuto raggiungere l’Italia attraverso i corridoi umanitari o i cosiddetti “complementary pathways”. La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Comunità di Sant’Egidio hanno preso in carico 100 profughi in Libano, permettendogli di raggiungere il Paese con un permesso d’ingresso per motivi umanitari, supportandoli nella costruzione di una nuova vita, autonoma e dignitosa. Inoltre, Sant’Egidio ha reso possibile a 174 profughi di arrivare in sicurezza in Italia dai campi in Grecia, accompagnandoli successivamente nel percorso di integrazione e autonomia.
La Federazione delle Chiese Evangeliche, singolarmente, ha accolto 100 persone migranti dalla Libia, accompagnandole in percorsi personalizzati di accoglienza, empowerment e raggiungimento di una piena autonomia socioeconomica.
Caritas Italiana, con il progetto Unicore 3.0 “Corridoi Universitari per Rifugiati”, ha favorito l’apertura di vie legali e sicure a 45 studenti rifugiati, provenienti dall’Africa centrale, dando loro la possibilità di accedere all’istruzione universitaria. “Pagella in tasca” è uno speciale corridoio umanitario realizzato da Intersos con Unhcr, riservato ai minori non accompagnati: finora 35 ragazzi dal Niger sono stati accolti in Italia in famiglia e sostenuti nel loro percorso di integrazione e di studi ("Progetto Migranti" ha sostenuto il percorso di cinque di loro).
Il costo della transizione energetica e il futuro delle diaspore
Per far sì che delle iniziative singole si sviluppino nel lungo periodo, anche il coinvolgimento dei migranti è fondamentale, soprattutto quando i cambiamenti climatici possono mettere a repentaglio raccolti e incidere sulla povertà alimentare, portando spesso a carestie e guerre civili. “I beneficiari devono diventare anche protagonisti dei progetti. Non possiamo permetterci di far pagare a loro il prezzo della transizione energetica: la coprogettazione può in tal senso aiutarli a contrastare gli effetti che i cambiamenti climatici hanno sulle loro vite”, ha ribadito Silvestri di Avsi.
Per spronare a una corretta cultura dell’immigrazione, è importante soprattutto riconoscere il ruolo che i rifugiati vogliono assumere socialmente nei Paesi ospitanti, senza sradicare la loro memoria. «Si tende spesso a confondere la parola migranti con diaspora: chi fa parte della diaspora paga le tasse, ha doppio passaporto se i Paesi permettono la doppia cittadinanza, vota e fa parte del tessuto economico del proprio Paese», ha spiegato Bertrand Honore Mani Ndongbou, membro dell'Assemblea fondatori del progetto “Draft the Future! Verso il Forum delle Diaspore".
Mani Ndongbou ha aggiunto che il progetto «dà la possibilità alle diaspore di partecipare attivamente alla vita del proprio Paese, perché accoglie finanziamenti dalla cooperazione privata, così come quelli privati, frutto delle donazioni che molti rifugiati inviano alle proprie famiglie nei paesi di origine. In Camerun per esempio c’è un’associazione che si occupa di risparmio ed economia domestica: chi meglio di Acri può capire questi progetti? Mettiamoci intorno a un tavolo per valorizzare dei progetti che possano portare innovazione anche all’Italia».
La foto di apertura è di Ivan Romano per Agenzia Sintesi.
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