Non profit

Fondazioni ben più che filantropia.

Giuseppe Guzzetti e il nuovo ruolo degli enti.

di Giuseppe Guzzetti

Dalle Casse di risparmio le fondazioni non hanno ereditato un generico ruolo di soggetti vocati ad attività filantropiche, bensì un compito più alto, che le pone a pieno titolo “tra i soggetti dell?organizzazione delle libertà sociali”, così come ha indicato la Corte costituzionale nella sentenza n. 300 del 29 settembre 2003. Ma che cosa vuol dire questo? Io credo che essere tra i soggetti organizzatori delle libertà sociali voglia dire per le fondazioni realizzare due concetti: quello della sussidiarietà e quello del pluralismo.
Le fondazioni di origine bancaria nacquero quasi per un accidente della storia negli anni 90, come contenitori delle azioni delle casse di risparmio, affinché potesse compiersi la riforma del sistema bancario disegnata dall?allora ministro Amato, che portò alla trasformazione in società per azioni delle casse di risparmio e alla creazione, appunto, di queste nuove realtà non profit, prima definite enti e poi fondazioni, cui si attribuì il compito di averne il controllo. Controllo che successivamente, come tutti sapete, esse hanno progressivamente dismesso, eccetto una quindicina di piccole fondazioni, con patrimonio inferiore a 200 milioni di euro, che per legge possono tuttora detenerlo.
Ebbene, le nostre fondazioni, nate quasi per caso ma rivelatesi una grande ricchezza per il Paese, hanno riacquisito appieno – grazie alla “legge Ciampi” prima e, soprattutto, poi, grazie al verdetto della Corte costituzionale, oggi recepito nelle sue linee fondanti dal regolamento applicativo della “riforma Tremonti” – il seme più autentico della loro origine, lo stesso da cui erano nate le casse di risparmio: cioè la loro identità di soggetti privati e autonomi, sorti sul territorio per volontà e intrapresa della gente del posto col fine di svolgere funzioni di utilità collettiva a carattere “ideale”. Ovvero corpi sociali non suppletivi del ruolo dello Stato, delle Regioni e degli enti locali rispetto ai bisogni essenziali, il cui presidio spetta appunto loro, che tutti ci salvaguardano e ci rappresentano, bensì realtà in grado di assumersi la cura di interessi collettivi che tuttavia conservano un carattere aggiuntivo e,se vogliamo,di particolarità. Ricordo che subsidium,il termine latino dal quale deriva la parola che tuttavia conservano un carattere aggiuntivo e, se vogliamo, di particolarità.
Ricordo che subsidium, il termine latino dal quale deriva la parola sussidiarietà, nel linguaggio militare indicava le truppe di riserva, in aggiunta, e che questo contenuto, nella comune accezione occidentale, si è via via arricchito di principi attinenti l?impegno soggettivo, la responsabilità individuale per se stessi e per la società, già presenti nella filosofia greca, fino alle formulazioni più attuali del principio di responsabilità sociale.
Ed è proprio questo il significato della sussidiarietà orizzontale, ossia una sussidiarietà nel rapporto tra istituzioni e società, previsto fin dalle origini dal nostro ordinamento costituzionale e rafforzato oggi dall?articolo 118 del nuovo titolo V, parte II della Costituzione, che indica come tutti gli apparati pubblici – Stato, Regioni, città metropolitane, Province, Comuni – debbano favorire l?autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.
Questi due elementi – autonomia e attività destinata a soddisfare interessi generali, quantunque puntuali – li troviamo entrambi nelle fondazioni di origine bancaria, la cui fonte di legittimazione deriva dal valore intrinseco dello scopo portato avanti a favore del proprio territorio di riferimento. E non si tratta di un valore solo economico, bensì anche sociale, culturale e civile, generato tramite interventi diretti o intermediati da operatori dotati di expertise specifiche, sempre però nell?ambito della propria consapevole responsabilità di soggetti che in quanto istituzioni del pluralismo hanno il dovere di proporre un disegno strategico autonomo e una pianificazione indipendente.
Le fondazioni dovranno saper mantenere la novità di questo ruolo, non sostituendosi all?azione pubblica né rimpiazzando l?azione di altre organizzazioni del Terzo settore. Al contrario devono saper progettare nuove forme d?intervento e diventare un soggetto sempre più in grado di individuare e sostenere le migliori iniziative, i progetti più promettenti, le organizzazioni con le più elevate potenzialità per risolvere in modo innovativo i problemi sociali, economici e culturali delle comunità di elezione, che a loro volta – senza limitare l?autonomia delle fondazioni – rimangono il luogo principale di azione delle fondazioni.

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