Non profit

Fondazioni bancarie: nuovo scontro Acri-Tremonti

Il presidente dell'Acri, l'Associazione che riunisce gli Enti, Giuseppe Guzzetti, ha infatti convocato i vertici delle 86 Fondazioni bancarie per esaminare il testo licenziato dal ministero

di Paul Ricard

Oggi le Fondazioni bancarie dovrebbero decidere di ricorrere al Tar del Lazio contro la riforma messa a punto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Il presidente dell’Acri, l’Associazione che riunisce gli Enti, Giuseppe Guzzetti, ha infatti convocato i vertici delle 86 Fondazioni bancarie per esaminare il testo licenziato dal ministero. Ed appare molto probabile la decisione di un ricorso comune al Tar del Lazio visto che questo é l’orientamento di 30 Fondazioni del Piemonte e dell’Emilia e della Fondazione Manodori, azionista di Capitalia e Bipop- Carire. Gli amministratori delle Fondazioni sostengono che la riforma studiata da Tremonti suscita diversi dubbi di legittimità costituzionale perché viola la natura privata e l’autonomia statutaria e gestionale delle Fondazioni. Infatti, sottolineano, nonostante le modifiche al testo del regolamento operate su suggerimento del Consiglio di Stato, la riforma del ministero dell’Economia mette a repentaglio la natura giuridica privata delle Fondazioni soprattutto perché stabilisce la presenza in misura “prevalente” di rappresentante degli enti locali nei loro organi d’indirizzo, cioé nei consigli d’amministrazione. Un rischio che per le Fondazioni rimane anche se, come suggerito dal Consiglio di Stato, Tremonti ha tolto dai regolamenti qualsiasi indicazione percentuale sulla presenza di esponenti degli enti locali nei cda, dopo averla fissata prima al 75% e poi al 66%. Al ministero dell’Economia si aspettavano una reazione più morbida da parte delle Fondazioni, proprio perché la versione definitiva del regolamento aveva smussato alcuni dei punti critici. Ed adesso a via XX Settembre si attende con ansia anche l’imminente decisione della Corte Costituzionale sull’atto di indirizzo dell’ex ministro del Tesoro, Vincenzo Visco, che aveva stabilito norme severe sulle incompatibilità, confermate in gran parte dalla riforma.


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