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Fondazione Zancan, la legge Biagi va cambiata

Presentata una ricerca sugli effetti esistenziali e psicologici della flessibilità del lavoro

di Redazione

Gli effetti sociali e psicologici sulla persona che produce una flessibilita’ nel campo del lavoro ”non accompagnata e, se necessario, corretta” potrebbero portare ad ”allevare una generazione di impoveriti e sfruttati” pronti, addirittura, a ricorrere ai servizi sanitari per curare depressioni e crisi psicologiche e, certamente, che ”ricadranno da anziani sulle spalle degli enti locali dovendo fare ricorso ”ai servizi sociali territoriali”. Ad affermare che la legge Biagi ”va cambiata” tenendo, pero’, conto ”della realta’ in cui viviamo” e’ la Fondazione Zancan che stamane a Roma ha preserntato i risultati della sua ultima ricerca qualitativa ”Sugli effetti esistenziali e psicologici della flessibilita’ del lavoro”, svolta in collaborazione con la Facolta’ di Psicologia, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, dell’Universita’ di Bologna. Nel mercato del lavoro – ha sottolineato il presidente della Fondazione, mons. Giuseppe Pasini – una totale inversione di marcia sarabbe difficilmente praticabile ma l’attuale flessibilita’ andrebbe almeno integrata, secondo il principio del mettere al centro la persona umana. Parlo di disagi forti a cui stiamo assistendo per le nuove generazioni e a persone che, in vecchiaia, potranno disporre al massimo di un reddito pari al 40% del loro ultimo stipendio. Mi sembra, quindi, che stiamo allevando una generazione di impoveriti e sfruttati”. ”Il lavoro non e’ semplicemente una delle tante attivita’ della persona – ha sottolineato mons. Pasini – ma e’ lo strumento per garantire alla maggioranza dei cittadini l’autonomia economica, per progettare la propria vita a livello individuale e familiare e per esplicare la propria creativita’. Quando il lavoro viene a mancare, o si presenta incerto, precario, sottopagato, o quando la persona e’ costretta a lavori umili, degradati rispetto alla sua preparazione e professionalita’, e’ la vita e la dignita’ che risultano compromesse. Viene meno anche l’uguaglianza dei cittadini, sancita dalla Costituzione; diminuisce il senso di appartenenza e la volonta’ di contribuire alla realizzazione del bene comune”. Nella ricerca della Zancan sono state coinvolte cinque regioni italiane: Veneto, Emilia-Romagna, Puglia, Abruzzo e Marche. Sono stati intervistati 60 lavoratori flessibili, 12 per regione, proprio per dare voce ai lavoratori flessibili, per ascoltare da loro positivita’ e criticita’ della loro situazione lavorativa. I punti messi in rilievo dalla indagine sottolineano come il reddito percepito, in un numero notevole di casi, non sembra costituire il principale punto dolente dell’esperienza lavorativa. Cio’ che risulta piu’ problematico e’ proprio la forma contrattuale del lavoro, di fronte alla quale non ci sono grandi margini negoziali; anzi, le forme contrattuali in uso sembrano ormai essere percepite come una ”strada obbligata”. Il giudizio degli intervistati sulla recente riforma del mercato del lavoro risulta, nei due terzi degli intervistati fortemente negativo mentre contrariamente a quanto emerge da tempo nelle indagini estensive su giovani e lavoro, la forma del lavoro in proprio sembra perdere di attrattiva rispetto alla richiesta di lavoro dipendente. Gli intervistati forniscono poi una rappresentazione della loro esperienza di vita nettamente segnata dal tipo di contratto lavorativo. Vi e’ una tendenziale invadenza del lavoro contingente sulla vita quotidiana come mettere su casa e vivere da soli, sposarsi o convivere con il partner, fare dei figli, regolare i propri investimenti e consumi di dimensioni importanti. Infine, proprio in relazione ai possibili costi, si dimostra importante il sostegno da parte dei partner e, soprattutto, della famiglia. La partecipazione della famiglia nelle scelte personali, nell’impostazione dei propri programmi e nel sorreggere i modi di vita quotidiana appare, infatti, sempre piu’ decisiva. ”Ma la vera sorpresa che e’ venuta dalla ricerca – ha concluso il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato – viene dalle stesse aziende che ormai, se non nei soli casi di manodopera di basso profilo, dimostrano di non essere piu’ cosi’ soddisfatti dal lavoro flessibile. Sempre piu’ aziende, infatti, sembrano voler puntare infatti sull’investimento professionale e su dipendenti ‘fedeli’ alla loro impresa”.


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