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Fondazione l’Albero della Vita, il programma contro la povertà ai tempi del Coronavirus

Varcare la Soglia è nato 4 anni fa nelle periferie di Milano, Genova, Roma, Catanzaro, Napoli e Palermo per aiutare le famiglie in difficoltà economica, attraverso un sostegno materiale e sociale – educativo. «Nella situazione di emergenza in cui ci troviamo», spiega il coordinatore del progetto Giuseppe di Rienzo, «è indispensabile dedicare ancora più attenzione e cura alle famiglie e ai minori. La chiusura degli istituti scolastici e il non dover frequentare i luoghi di aggregazione può diventare sempre di più possibilità di emarginazione»

di Anna Spena

Varcare la Soglia è un programma nazionale della Fondazione l’Albero della Vita che da più di 4 anni sta contrastando la povertà in Italia in modo concreto e differente. Sono 1,26 milioni i minori che vivono in povertà assoluta, contro gli 1,2 dell’anno prima. Questa condizione coinvolge 52 mila minori in più rispetto al 2017, 52 mila minori che non hanno accesso al minimo indispensabile per vivere una quotidianità dignitosa. Il programma attivo nelle periferie di Milano, Genova, Roma, Catanzaro, Napoli e Palermo è nato per aiutare le famiglie in difficoltà economica, attraverso un sostegno materiale e sociale – educativo.

«In questa situazione di emergenza da Coronavirus è indispensabile dedicare ancor di più attenzione e cura alle famiglie seguite nel programma, che già vivono in situazioni di disagio: genitori vulnerabili, non occupati, disoccupati, lavoro in nero o precario, redditi bassi», spiega Giuseppe di Rienzo, responsabile del progetto. «L’obiettivo, anche in questo momento di cris, è di garantire e mantenere opportunità educative per i ragazzi vulnerabili delle periferie nelle città dove le situazioni di isolamento prolungato possono accentuare ulteriori stati di disagio e di emarginazione, soprattutto per i bambini. Per questo, le équipe educative sono operative, nel rispetto delle prescrizioni sanitarie, per garantire un sostegno continuativo a tutti i bambini e alle loro famiglie, attraverso le opportunità offerte dalle reti digitali».

Vista l’impossibilità di incontrarsi in gruppo, le attività pensate per la creazione della ”comunità educante” procedono col mantenimento dei contatti già presi per città, in un’ottica di cura della rete creata, tramite aggiornamenti periodici via skype e/o email. L’intenzione è di creare, insieme agli attori coinvolti per questa attività, un contenitore di idee partecipato nella forma di newsletter, schede informative. «Continua», spiega di Rienzo, «l’attività educativa a favore della genitorialità, sostenendo le famiglie anche nella riorganizzazione familiare in seguito alla chiusura delle scuole, attraverso colloqui, sia telefonici o utilizzando videochiamate con WhatsApp – piattaforma accessibile quasi a tutti e che consuma pochi giga di traffico – che in presenza in modalità one to one, anche su azioni informative sui comportamenti da tenere per la prevenzione sanitaria e/o per l’eventuale procedura da seguire in caso di casi di influenza in famiglia».

Tra i punti all’ordine del giorno anche le équipe di progetto continueranno ad offrire quotidianamente il potenziamento didattico “ImpariAmo" ad ogni bambino seguendolo individualmente attraverso un piano di studio ad hoc individualizzato di potenziamento, valorizzazione delle competenze e promozione della motivazione, finalizzato a ridurre ed eliminare le difficoltà scolastiche determinate da carenti abilità di base.

«Si sta facendo molta fatica nel contenimento dei ragazzi che devono stare a casa», spiega di Rienzo. «Soprattutto chi abita in nei contesti più delicati come quelli di periferia. Cerchiamo di fare anche con gli adolescenti colloqui a distanza. Per quanto riguarda i bambini più piccoli cerchiamo di aiutare le mamme ad interagire con loro. Bisogna tener sempre presente che in queste abitazioni quasi mai c’è uno spazio dedicato al bambino. I nostri educatori fanno lezione da remoto con i bambini. Le lezioni possono durare dai 45 minuti fino a due ore. Tutti i programmi sono personalizzati. In questo scenario di crisi c’è sempre più bisogno della loro presenza. Perché c’è una grande differenza tra didattica a distanza e formazione. I bambini con cui ci relazioniamo hanno lacune fortissime e per questo sperimentano un sentimento di frustrazione costante. Questa emergenza non fa altro che acuire questa sensazione, che è anche una sensazione di abbandono. L’obiettivo dei nostri educatori quindi è quello di lavorare anche sull’aspetto emotivo in modo da ricreare la stessa consapevolezza e clima sereno delle lezioni one to one».

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