«Per combattere la diffusione dell’Aids occorre tornare a una comunicazione chiara, concreta, efficace e soprattutto coraggiosa». Non ha dubbi Anna Maria Testa, pubblicitaria, esperta in comunicazione e fondatrice di Progetti Nuovi. «In Italia da troppi anni si è troppo elusivi, basta vedere il ridottissimo numero di citazioni della parola preservativo nelle campagne», dice con forza ricordando che le prime campagne, a fine anni 80, avevano prodotto una maggior consapevolezza su rischi e modi di trasmissione dell’Aids.
Tra i dati presentati durante il convegno per il ventennale di Anlaids, la scomparsa del termine profilattico nelle campagne italiane: nei testi si è passati dal 44,4 % delle citazioni in quelle degli anni tra il 1987 e il 1991, al 6,7% tra il 2003 e il 2007, anche se l’immagine del condom, nello stesso periodo passava dall’8,3% al 20. «Però è presentato in un angolino bello e impacchettato», osserva Testa, che porta a esempio le campagne fatte in Svizzera e in Canada, dove i messaggi sono chiari e non terrorizzanti, insomma «esempi da copiare».
Ulteriore problema: si danno per scontate troppe informazioni, «come se una volta date tra gli anni 80 e 90 non servissero più. È come dire che avendo insegnato il latino a quelli che avevano vent’anni allora, diamo per scontato che i ventenni del 2000 lo conoscano. È assurdo. I ragazzi rischiano di avere informazioni di terza mano, mentre il tema Aids è diventato di sfondo», continua. Un rischio arriva dalla comunicazione scioccante, come lo spot tedesco che dava all’Aids il volto di Hitler «con il rischio di demonizzare i sieropositivi».
Per Anna Maria Testa il grosso handicap italiano è l’ipocrisia: «Siamo un Paese dalla doppia morale che dà messaggi generici. Andate a visitare il sito elvetico www.lovelife.ch: capirete la differenza».
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