Sostenibilità

Fivi, viticoltoriba chilometri 0

di Redazione

C ostantino Charrère (nella foto a pag. 14) deve qualcosa alle coccinelle e alle sue due figlie che andavano in montagna per raccoglierle e portarle nelle sue vigne (perché mangiassero gli acari nocivi). Passa anche da lì la sapienza con cui tratta le sue uve, quella stessa con cui produce 220-230mila bottiglie l’anno, e che gli fa dire: «La natura è benevola, ma può anche essere maligna. A noi imparare a conviverci». Parla con cognizione: i vigneti della sua cantina, Les Crêtes, sono abbarbicati sulle Alpi, ad Aymavilles. Da dove 20 anni fa ha lanciato la sua prima sfida: produrre con viti autoctone un vino di grande qualità. A quella prima, altre ne sono seguite: la creazione dell’associazione dei Viticulteurs Encaveurs Vallée d’Aoste e la nomina a presidente della Fivi, federazione di viticoltori, nata a luglio (400 le aziende fondatrici: in poco più di due mesi sono diventate 600).
Difendere il prodotto agricolo nel suo legame con il territorio, distinguerlo da quello industriale, avvalersi della filiera corta e raggiungere il controllo di tutto il ciclo produttivo e la piena tracciabilità: sono questi gli obiettivi della federazione.«Una vera rivoluzione», spiega Charrère, «daremo voce alle istanze specifiche dei vini, superando la consueta trasversalità nella rappresentanza dei prodotti alimentari, creando rapporti politici in Italia e in Europa: le politiche comunitarie sono dettate dalla lobby dei Paesi nordici. Servirebbe una alleanza fra quelli mediterranei. Il mercato è dalla nostra parte».


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