Lo dico spesso. Vorrei imparare a ballare il tango. In barba alla disabilità, mi piacerebbe riuscire a provare quest’emozione. Del resto il ballerino che accompagna la sua dama, nella danza, ricorda tanto il fisioterapista mentre guida una paziente nel riappropriarsi delle abilità del cammino. Per ora ho cominciato scrivendo uno dei miei raccontini, che è stato inserito nel libro Raccontando Tango, raccolta degli scritti dei tangueri dell’associazione Aldobaraldo di Torino, curata dalla scrittrice Rossana d’Ambrosio.
Quel tango sulle scale…
«Scusi, mi potrebbe aiutare?». Un uomo alto, brizzolato, dal sorriso accattivante, si avvicinò premuroso. Luisa era vicina al portone di casa, camminava col deambulatore e quel giorno le gambe non le reggevano molto. L’idea di fare l’alto scalino di entrata la spaventava. Decise così di fermare l’addetto alla raccolta carta, che stava entrando nel condominio. Carlos era argentino, e le sua parlata era ricca di espressioni spagnole. Nel fare le scale sostenne delicatamente Luisa, a volte cingendole i fianchi, altre alzandole delicatamente i piedi, come in una danza. Ad un certo punto la stanchezza fece piegare le deboli ginocchia della donna e Carlos fu costretto ad abbracciarla per sorreggerla.Era decisamente un bell’uomo, sentendo le sue espressioni gentili in spagnolo, Luisa ripensò al periodo in cui voleva imparare a ballare il tango. Ora, su quelle scale, aveva provato un pizzico dell’emozione e della sensualità di quel ballo. «Mi scusi se l’ho disturbata» disse a Carlos alla fine della rampa. «No, al contrario!» le rispose galante l’uomo, con sguardo penetrante, lasciando Luisa a fantasticare sul suo Carlos, e a quegli abbracci proibiti.
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