Economia

Fisco, l’Europa abbia il coraggio di premiare gli investimenti sociali

«Sono sempre più necessarie misure atte a promuovere una cultura dell'investimento più dinamica e orientata alle imprese, in tutte le diverse forme che oggi sono presenti nel mercato, al fine di rafforzare, da un lato, l'imprenditoria e di contribuire, d'altro, a realizzare il pilastro sociale dell'UE». L'intervento di Giuseppe Guerini, portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali

di Giuseppe Guerini

In questi anni abbiamo parlato molto di finanza e di imprese sociali, con particolare riguardo al tema degli investimenti ad impatto sociale, del sostengo delle start-up e dell'innovazione sociale. Secondo alcuni commentatori una grande quantità di investitori non vede l'ora che nascano finalmente nuove imprese sociali nelle quali fare investimenti che promuovano innovazione sociale e sostenibilità. Fra poco tutti quanti ci auguriamo che la nuova legge sulle imprese sociali predisponga le condizioni perché questa attesa di realizzi.

Intanto la stessa Commissione Europea ha deciso di semplificare e aggiornare i due regolamenti nel 2013 sono stati messi in campo per promuovere la nascita di fondi di investimento per imprese sociali e PMI innovative. I risultati non sono stati all'altezza delle aspettative, circa settanta fondi per le PMI e soltanto due fondi per imprese sociali si sono registrati. Quindi di è deciso di mettere mano in anticipo ai regolamenti.

Poiché si ritiene importante garantire che le priorità di investimento europee siano indirizzate verso un'economia reale caratterizzata da capacità di innovazione e responsabilità sociale. Per questo, oltre a migliorare questi regolamenti, sono però necessarie anche altre misure per promuovere una cultura dell'investimento più dinamica e orientata alle imprese, in tutte le diverse forme che oggi sono presenti nel mercato, al fine di rafforzare, da un lato, l'imprenditoria e di contribuire, d'altro, a realizzare il pilastro sociale dell'UE.

Infatti dobbiamo purtroppo evidenziare che una parte del mondo della finanza non è in alcun modo interessata al finanziamento sostenibile dell'economia reale e investe invece esclusivamente là dove è più immediata la possibilità di estrarre una rendita elevata, in un arco temporale spesso molto ridotto, ad esempio tra l'acquisto e la rivendita di imprese. E fino ad oggi le istituzioni europee hanno fatto poco per limitare l'impatto di questi fondi di investimento puramente speculativi e per assoggettarli a un regime di regolamentazione coerente.

Questo dato si conferma anche analizzando la composizione dei fondi di investimento che rallenta hanno prestato attenzione alle PMI e all'innovazione sociale in Europa e scopriamo che i primi 11 per quantità e qualità degli investimenti sono partecipati da autorità pubbliche o da organizzato dell'economia sociale e non dai grandi investitori privati . Come nel caso di CFI per l'Italia o di Soficatra in Europa.

Se a questo aggiungiamo che, masse enormi di denaro rimangono ferme nei depositi bancari e troppi grandi investitori, o grandi titolari di patrimoni in denaro, preferiscono non investire nell'economia reale, anzi addirittura in tali casi grandi famiglie imprenditoriali abbandonano le imprese per ridefinire i nel ruolo di possidenti, non più di latifondi terrieri, ma di latifondi di denaro.

Governi e istituzioni dell'Unione Europea dovrebbero rendere sempre meno appetibile l'investimento finanziario, premiando con misure incentivanti, di natura fiscale ad esempio, l'investimento in attività imprenditoriali dell'economia reale, ma soprattutto varando un piano ambizioso di politiche per lo sviluppo. È prevedibile che la politica problematica dei bassi tassi di interesse perseguita dalla BCE farà aumentare la propensione agli investimenti a rischio che offrono una maggiore remunerazione del capitale.

Una correzione delle politiche economiche europee in questa direzione sarebbe certamente anche un ottima cura per fermare l'andata di antieuropeismo che attraversa il nostro continente.

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