Sostenibilità
Firmata la “grande alleanza” per il territorio
Le sei maggiori associazioni ambientaliste firmano una Carta di intenti per chiedere al Governo interventi immediati per la messa in sicurezza del territorio italiano. Per ora stanziato solo il 2,6% del necessario
di Redazione
Una coalizione delle sei principali associazioni ambientaliste (Club Alpino Italiano, FAI – Fondo Ambiente Italiano, Italia Nostra, Legambiente, Touring Club Italiano, WWF), a cui aderiscono complessivamente un milione di iscritti. Con un obiettivo: unire le forze per salvare il territorio italiano, costantemente a rischio.
Un'emergenza continua, quella del dissesto: nell’ottobre 2009 il disastro di Giampilieri e Scaletta Zanclea, nel novembre 2012 l’allagamento della Maremma, passando per le distruzioni in Liguria e Toscana dell'anno scorso. A fronte di un impegno di 2,6 miliardi di euro l’anno per raggiungere in 15 anni i 40 miliardi di euro previsti per finanziare la Strategia di largo respiro annunciata dal Ministro Clini, nella Legge di Stabilità 2013, non ci sono nemmeno i soldi sufficienti per gestire le emergenze: al Fondo per la Protezione Civile il prossimo anno vengono destinati 79 milioni di euro, con un taglio di 100 milioni di euro rispetto a quanto stanziato nel 2009 (anno di inizio dell’emergenza permanente). Una cifra che costituisce solo il 2,6% dei 2,6 miliardi di euro l’anno che si ritengono necessari per fare interventi urgenti preventivi di manutenzione del territorio e di adattamento ai fenomeni estremi, sempre più frequenti.
"Un’insostenibile disparità tra gli impegni annunciati dalle istituzioni e quelli effettivi" che ha spinto le associazioni ambientaliste a unire le forze, con la sottoscrizione, alla vigilia della Giornata mondiale del Suolo del 5 dicembre, di una Carta di intenti per “La messa in sicurezza ambientale dell’Italia” chiedendo a gran voce, tra l’altro, che venga istituito un tavolo di confronto permanente, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra le Amministrazioni competenti, le organizzazioni della società civile e le associazioni scientifiche e professionali perché siano garantiti fondi adeguati per le attività di prevenzione e di intervento sull’emergenza, il coinvolgimento delle popolazioni e il coordinamento degli interventi.
Le associazioni hanno chiesto in questi giorni un incontro con il Ministro dell’Ambiente, della tutela del Territorio e del Mare, Corrado Clini, a seguito della lettera che il Ministro ha inviato il 19 novembre scorso al Commissario europeo sul Clima, Connie Hedegaard, e al Commissario Europeo per l’Ambiente, Janez Potocnik, per chiedere di portare fuori del Patto di Stabilità i 40 miliardi di euro che dovrebbero servire per attuare la “Strategia Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici e la Sicurezza del Territorio”, che dovrebbe essere approvata in CIPE entro il dicembre 2012.
Ma non si tratta solo di agire sull’emergenza o adattarsi alla nuova situazione, nella Carta d’intenti le sei maggiori associazioni ambientaliste italiane chiedono che: “la messa in sicurezza, sia considerata la vera, più grande opera pubblica a garanzia del futuro del Paese. (…) La migliore risposta alla necessità di un rilancio economico e occupazionale dell’Italia. Solo così si avrebbe sicuramente un intervento diffuso sul territorio, ad alta intensità occupazionale, oltre che ad elevata qualificazione professionale”.
Occorrono interventi che sappiano coniugare prevenzione, informazione e coordinamento, perché il rischio idrogeologico riguarda l’82% (6.633) dei Comuni italiani, come documentato nell’indagine “Ecosistema a rischio 2011” di Legambiente e della Protezione Civile, che raccoglie le risposte di 1500 Comuni sulle attività di prevenzione: l’82% ha risposto di avere Piani di emergenza, ma solo il 33% svolge attività di informazione e il 29% esercitazioni di protezione civile che coinvolgano la popolazione.
Prevenzione significa anche porre un limite al consumo del suolo che, ai ritmi attuali, fagociterà 75 ettari al giorno nei prossimi 20 anni, in una situazione peculiare del nostro Paese nel quale, come documentato nel dossier “Terra rubata” del FAI e WWF, non si può tracciare un cerchio di 10 km senza intercettare un insediamento urbano. E contrastare severamente ogni forma di abusivismo edilizio, viste le cifre impressionanti che emergono dai 3 condoni del 1984, 1994 e 2003 che hanno fatto emergere dal 1948 ad oggi 4,6 milioni di abusi edilizi – 75mila l’anno e 207 al giorno – e registrare la costruzione di ben 450mila edifici abusivi, per un totale di 1,7 milioni di alloggi abusivi abitati da circa 6 milioni di abitanti.
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