Famiglia

Firenze: il giudice dice sì alla diagnosi preimpianto

La sentenza di Firenze è la seconda in pochi mesi: a settembre il tribunale di Cagliari aveva dato l'ok alla diagnosi preimpianto per una coppia talassemica

di Redazione

La diagnosi preimpianto si può fare. Anzi, si deve. È questa la sentenza del Tribunale di Firenze, cui ha fatto ricorso una coppia milanese: lei è affetta da esostosi – dice oggi il quotidiano Repubblica – una malattia che causa l’accrescimento esagerato delle ossa. C’è un’alta probabilità che la malattia venga trasmesssa al figlio: la coppia opta per la fecondazione assistita, si rivolge a un centro fiorentino, pretende la diagnosi preimpianto per verificare che nessuno degli embrioni creati è affetto dalla malattia e chiede che – anche nel caso tutti gli embrioni fossero sani – solo uno venga impantato, visto che le condizioni di salute della madre non consentono una gravidanza trigemina. Due cose che, stando alla Legge 40, non si possono fare. Il centro rifiuta, la coppia fa ricorso.

Il giudice Isabella Mariani ha accolto il ricorso di una coppia e ha stabilito che le linee guida che vietano la diagnosi preimpianto degli embrioni sono inapplicabili perché contro la legge stessa e contro la Costituzione. È possibile quindi la diagnosi preventiva se c’è il rischio di trasmettere una grave malattia genetica, è lecito rifiutare il numero obbligatorio di tre embrioni se una gravidanza gemellare può compromettere la salute della donna. «Come dice la legge 194, che antepone la salute della donna a quella del nascituro», dice Repubblica.

Miriam Mafai, in un pezzo di spalla, rilancia ora la palla al ministro Turco: prendiamo atto che la donna oggi può scegliere come sarà il bambino che metterà al mondo, e che la fecondazione assistita non serve solo per chi non può procreare naturalmente. L’uomo può scegliere e non possiamo più fare finta che non sia così.


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