Volontariato

Finmeccanica e armamenti.bProf Andreatta, discutiamone

di Redazione

E gregio prof Filippo Andreatta, conoscendo la sua competenza in materia geopolitica, come studioso dei rapporti tra economia e guerra, amiamo credere, come persone impegnate in campo sociale e sindacale, che sia possibile trovare spazi per un dialogo autentico, per comprendere la ragione che sembra imporre ad un colosso industriale il destino ineluttabile di assecondare la spirale del riarmo generale e globalizzato. La gestione dell’ultimo gioiello a controllo pubblico dell’industria italiana, sottratto all’impeto delle privatizzazioni, ha dimostrato, infatti, negli ultimi anni di concentrarsi sul “cuore degli affari” del Gruppo (attività militari), convogliando gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore “aerospazio e difesa”, per aumentare i profitti e rispondere alle aspettative del mercato finanziario, che sembra riporre molte più speranze nella produzione e nel commercio di sistemi d’arma, piuttosto che su altri settori. Finmeccanica conquista grandi commesse a livello internazionale nel campo delle dotazioni belliche. Il successo ottenuto insieme a partner americani dimostra come la decisione di puntare sugli Stati Uniti, il mercato con il budget per la difesa più ampio del mondo, si sia rivelata vincente. In effetti la spesa militare statunitense è cresciuta sino ai 612 miliardi di dollari previsti per l’anno 2008.
Noi crediamo sia uno scandalo intollerabile l’estenuante corsa agli armamenti davanti a tanti popoli che hanno fame, e quindi riteniamo molto più realista l’analisi di uno studioso nordamericano, Seymour Melman, per cui un’economia di guerra permanente, nel lungo periodo, sottrae risorse e mina alla base la prosperità sociale. Non aderiamo ad un moralismo inconcludente, che ignora come questo mondo sia abitato in gran parte da persone e governi che non hanno rinunciato all’uso della violenza, ma non riteniamo che l’etica della responsabilità conduca a considerare l’interventismo militare delle maggiori potenze come l’unica via. Pensiamo sia importante dialogare sulle scelte di politica industriale coinvolgendo quel «popolo di cittadini all’erta e consapevole» che Eisenhower, vedeva come antidoto alla pervasività del complesso militare industriale sulla politica e sull’economia di un Paese.


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