Rivoluzione siriana
Finisce l’era degli Assad, le reazioni dei siriani: «Oggi lasciateci fare festa»
Nessuno si illude che siano finiti i problemi per la Siria, nessuno è felice degli uomini armati che sono arrivati in tutte le città, dei bombardamenti che arrivano da Israele, di tutte le incognite che si presentano ora. Ma i siriani in questi giorni non ci stanno: è il momento di festeggiare la fine di un regime liberticida e sanguinario
di Asmae Dachan
Nella notte tra sabato 7 e domenica 8 dicembre 2024 in Siria si è scritta una pagina di storia. Dopo quasi cinquantaquattro anni dall’ascesa al potere della dinastia degli Assad, prima Hafez, poi, alla sua morte, del figlio Bashar, è stato sconfitto il regime siriano. Mosca fa sapere che Assad e la sua famiglia hanno trovato rifugio in Russia. I siriani esultano, con manifestazioni a Londra, Milano, Berlino, Washington, Istanbul e altre città, ma per la prima volta in tutte le città siriane contemporaneamente i civili scendono nelle piazze senza più paura e cantano alla libertà. Statue e gigantografie degli Assad vengono abbattute e date alle fiamme ovunque. Si entra nel Palazzo presidenziale. Vengono liberati i detenuti e le detenute politiche, Si entra a Seydnaya, la Bastiglia siriana e si liberano donne, bambini, uomini ridotti pelle e ossa. È un pianto collettivo di gioia, raccontato in diretta sui social e sulle emittenti internazionali.
Nessuno si illude che siano finiti i problemi per la Siria, nessuno è felice degli uomini armati che sono arrivati in tutte le città, dei bombardamenti che arrivano da Israele, di tutte le incognite che si presentano ora. Ai siriani si chiede perfino di descrivere nell’immediato e razionalmente cosa accadrà dopo, se non sarà peggio, ma i siriani in questi giorni non ci stanno. È il momento di festeggiare la fine di un regime liberticida e sanguinario, di dire la propria senza paura. La Storia è ora e il popolo della terra dei gelsomini, almeno tre generazioni, la scrive con sorrisi e lacrime di gioia. Il 25 aprile 1945 nessuno probabilmente pretendeva dai partigiani di avere le idee chiare sul dopo. C’era una liberazione da festeggiare ed è stato fatto. In Siria è così. Al complesso scenario geo-politico verrà dato spazio in altri articoli. Oggi meritano attenzione le voci dei civili, degli ultimi, di chi ha subito quattordici anni di guerra e, lo ripetiamo, cinquantaquattro di regime.
In una diretta diventata virale l’attivista per i diritti umani ed ex detenuto politico proprio nel famigerato carcere di Seydnaya Omar Alshogre piange e si sfoga. Racconta la sua emozione nel vedere le porte di quel carcere aprirsi, lo spaesamento degli ex prigionieri tornati a vedere il sole e ricorda la sua esperienza. Alshogre, diventato testimone in importanti iniziative per i diritti umani in Siria, si dice incredulo per la libertà che la Siria ha ritrovato. https://fb.watch/wmMSdIOonj/
Candidata agli Oscar con il suo Docufilm For Sama, girato ad Aleppo sotto i bombardamenti governativi, la regista Waad AlKateab si presenta per la prima volta col suo vero nome: “Mi chiamo Waad Jarkas, mio padre è di Aleppo e mia madre da Masyaf, sono nata e ho vissuto a Msyaf fino alla rivoluzione. Sono figlia della rivoluzione siriana, sono figlia della Siria libera”. https://www.facebook.com/waadalkateab
Le voci dei cristiani
“Noi siamo siriani, siamo tutti siriani insieme. Ci avevano detto che ci sarebbe stato un coprifuoco, invece i ragazzi ci hanno aperto le strade e i negozi e ci prepariamo per le celebrazioni religiose”. A parlare è un’altra donna cristiana, Amal Subhi Dallal, che definisce “ragazzi” gli oppositori che hanno preso il controllo della città e si dice “serena perché va tutto bene”.
Un video in diretta di fronte alla cittadella di Aleppo, monumento simbolo della millenaria città, tra lacrime e sorrisi. Il professore di lingua inglese e attivista Abdulkafi Alhamdo viene intervistato dalla Cnn e racconta le emozioni di tornare finalmente a casa dopo anni vissuti nella condizione di sfollato alla frontiera turca. Alhamdo arriva per la prima volta ad Aleppo con le sue bambine, nate nei difficili anni della guerra. https://www.facebook.com/profile.php?id=100011674889464
Dopo anni lontano da casa l’artista Akram Swedaan è potuto tornare a Douma, fotografandosi davanti al monumento simbolo della città tristemente nota per aver subito i bombardamenti chimici. Swedaan, negli ultimi anni, è diventato padre e per aiutare i figli a rielaborare le paure delle bombe ha iniziato a raccogliere i residuati e dipingerli, trasformandoli in opere d’arte. https://www.facebook.com/share/p/1B4kvQ9QyM/
Padre Jihad, un religioso cristiano residente vicino a Damasco, che sui social si chiama Jihad Mar Musa, come la comunità fondata da padre Paolo Dall’Oglio, di cui fa parte, condivide, ora dopo ora, appelli e messaggi delle varie comunità etniche e confessionali siriane, che inneggiano all’unità dei siriani. in un messaggio scritto di suo pugno si legge, tra l’altro: “ La Bibbia non ci descrive come lievito di pasta e sale? Non ci chiama piccolo gregge? Da questo punto di vista dovremmo prendere iniziativa nei confronti dei musulmani, chiedendo loro se ci vogliono o no in questo Paese. La risposta è nota a tutti: sì, ma questo tradizionale sì non basta. Se vuoi vivere con noi, o meglio, farci restare in questo Paese con te, devi ascoltare quello che siamo, chi siamo e cosa possiamo fare insieme (…) https://www.facebook.com/share/p/15G6WjFPGw/
“Ci siamo portati dietro ciò che avevamo di più caro, la nostra dignità, il nostro onore e la nostra fede. Abbiamo lasciato tutte le nostre proprietà, abbiamo vissuto per anni nelle tende ma ora siamo tornati e ci bombardano”, racconta, intervistato da Halab Today, un agricoltore della periferia di Aleppo che ha fatto ritorno sulla sua terra in seguito all’arrivo dei ribelli. “Questi non sono terroristi come li chiama il regime, sono figli della Siria che hanno subito violenza ed esilio e ora vogliono riabbracciare le famiglie”, aggiunge indicando alcuni giovani uomini armati.
In migliaia ritornano
In decine di video si vedono persone che dopo anni riabbracciano le proprie famiglie. Intanto, dalla frontiera turca e da quella libanese, decine di famiglie siriane stanno rientrando in Patria. Intervistati da giornalisti locali, molti ammettono di non sapere come si organizzeranno, perché le loro case sono state distrutte dai bombardamenti, ma che per nessuna ragione vogliono più stare in esilio. È importante che ora la comunità internazionale organizzi aiuti umanitari urgenti per la Siria, per far fronte al rientro dei profughi e alla crisi umanitaria che colpisce oltre metà della popolazione. Il dopo Assad lo devono scrivere i siriani e anche se nessuno si illude che le potenze straniere implicate nella guerra sul territorio siriano rinunceranno ai propri interessi, in molti sperano che ai siriani venga dato finalmente il diritto di parola, il diritto di decidere delle proprie vite.
È fondamentale agevolare la transizione democratica e questa passa necessariamente per il disarmo delle diverse fazioni e il sostegno alla società civile. Perché quei sorrisi attesi da cinquantaquattro anni non si trasformino in nuove lacrime.
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